Confidenze

Il ricordo più prezioso

- DI LAURA BADARACCHI

Durante le feste, riaffioran­o nostalgie e aneddoti familiari. A volte sono carezze per la mente. Altre, pensieri meno lieti. In ogni caso, le memorie ci aiutano a fare pace con il passato e guardare avanti

Quale ricordo vorresti dimenticar­e o conservare per sempre? La domanda acquista a volte una dimensione storica. Succede, per esempio, nel film One life (nelle sale dal 21 dicembre), che racconta la vita di Nicholas Winton, l’operatore umanitario britannico che ha contribuit­o a salvare centinaia di bambini dai nazisti. Ma se per alcuni la reminiscen­za ha una valenza eroica, nella maggior parte dei casi l’episodio da trattenere (o lasciare andare) è legato a momenti intimi. Ricostruit­i spesso in modo frammentar­io, visto che la memoria non è fedele al 100%. Infatti, per dare un senso alla nostra storia personale, tutti noi siamo portati a rimuovere i ricordi più dolorosi. Ecco alcune testimonia­nze.

Paola Ziccone 60 anni, avvocata e mediatore penale «La morte di papà e una nascita»

ta è perché l’essere umano ha una grande capacità di riparare le cose che più feriscono e fanno male. Infatti, persino il pensiero della morte di mio padre, alla quale ho assistito anni fa, per me è diventato un punto di forza. Di quel giorno custodirò lo sguardo di papà. E la sua consapevol­ezza del rapporto tenero che c’era tra di noi. Fra i ricordi bellissimi, invece, cito la nascita del mio terzo figlio. La gioia di vedere un volto appena venuto al mondo. E lo stupore di fronte a tutto quello che fa parte dei nuovi incontri».

Silvia Sanchini 40 anni, educatrice e pedagogist­a «Cancellere­i tante scelte sbagliate»

«Molti sostengono che ogni ricordo va conservato. E che gli errori servono a definire la persona che sei diventata. Io, invece, vorrei invece cancellare tutte le volte in cui ho pensato che non ci fosse una via d’usci

NOVITÀ ta. Quelle che mi hanno costretta a vivere una relazione tossica. A rimanere in una scuola che non mi piaceva. A fare un lavoro in cui si approfitta­vano di me. In realtà, un’alternativ­a c’è sempre. E provocarsi del male da sole non è mai la strada giusta. Detto ciò, non dimentiche­rò le nozze di Ahmed e Sole, qualche settimana fa. Ahmed è arrivato in Italia dall’Egitto minorenne, senza nulla in mano. Mentre oggi ha una moglie, due splendidi bambini, una casa e un lavoro. La loro gioia è un inno alla vita. Oltre che il frutto di una comunità che ama e che accoglie».

Alberto Scanni 80 anni, medico oncologo «Tengo nel cuore il rapporto con mio figlio»

il braccio per depositarg­li nel palmo rovesciato il testimone, per la prima volta i nostri mondi si sono incrociati. E quell’istante è diventato infinito. Tra me e mio figlio passava un raggio di luce, una polvere incantata che riassumeva tutte le nostre fatiche. Le aspettativ­e. Le mie proiezioni. Le sue paure. Nell’immobilità assoluta dell’attimo, qualcosa cominciava a succedere. Le mie dita lentamente si aprivano e mollavano la presa, mentre quelle di Nicola si stringevan­o intorno al testimone. Intorno al suo futuro. L’ho raccontato nel libro Un senso di te (La Corte Editore). E in quel ricordo mi rifugio ogni volta che sento il bisogno di rivivere l’infinito».

LA MEMORIA È MUTEVOLE PER POTER VENIRE IN NOSTRO AIUTO

A livello scientific­o, che cos’è un ricordo? «La traccia che il trascorrer­e del tempo lascia dietro di noi» afferma Andrea Levi, neurobiolo­go, autore di Genetica dei ricordi. Come la vita diventa memoria (Il Saggiatore, 17 euro). «La mente che ricorda è una casa degli specchi: mentre avanziamo nelle stanze della nostra testa, acquisiamo progressiv­a consapevol­ezza delle sue pareti riflettent­i. Apparentem­ente innocue, ma simili a quelle delle case stregate dei luna park. Di fatto, i ricordi non restituisc­ono fedelmente gli eventi. Se siamo portati ad amplificar­e i più belli, proviamo un dolore più leggero rispetto a quello vissuto nel passato. Oppure, riusciamo addirittur­a a rimuoverlo. La memoria ha una plasticità che le consente di ristruttur­arsi, per consentirc­i di giocare con i ricordi nel modo che più ci conviene».

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 ?? ?? In Un senso di te (La Corte Editore, 18 euro) Eleonora Gerla racconta il cammino fatto di incognite, cadute e dolore, ma anche di piccole vittorie, percorso con il figlio Nicola, affetto da sordità profonda.
In Un senso di te (La Corte Editore, 18 euro) Eleonora Gerla racconta il cammino fatto di incognite, cadute e dolore, ma anche di piccole vittorie, percorso con il figlio Nicola, affetto da sordità profonda.
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Andrea Levi, neurobiolo­go, e il suo libro.

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