Confidenze

Quando meno te l’aspetti

Sul palco c’è la recita natalizia della scuola, sono qui per mio nipote Emanuele. A un tratto vedo alzarsi il papà di una bambina, è Luca, il mio ex. Vorrei solo scappare, invece qualcuno mi riconcilia con il mondo

- STORIA VERA DI CLAUDIA S. RACCOLTA DA GIOVANNA SICA

Arrivo in ritardo e mi siedo in ultima fila, su una sediolina sgangherat­a. Mi accorgo subito che il legno è scorticato, mi pizzica le cosce. Sento i collant nuovi, messi stamattina per la prima volta, smagliarsi inesorabil­mente. Maledico la commessa che mi ha assicurato che erano super resistenti, che costavano tanto ma li avrei usati per anni. E forse maledico anche un po’ me stessa, che mi sono fatta estorcere da mio nipote la promessa che sarei venuta a vedere la sua recita di Natale. Per tener fede a questa promessa ho dovuto litigare con il mio capo. Mi guardo intorno e vedo solo mamme e nonne. Nemmeno una zia. Sì, perché le zie le riconosci subito, hanno un andamento sconclusio­nato, proprio come me. Parlo ovviamente delle zie zitelle, quelle che hanno figli difficilme­nte trovano il tempo di dedicarsi alle performanc­e dei nipoti. La recita è già iniziata, spero non da troppo, e, soprattutt­o, spero che Emanuele, mio nipote, non abbia già interpreta­to la sua parte, sennò dopo chi lo sente. Laura, mia sorella è in prima fila, scambia sussurri e sorrisi con le altre mamme, quelle come lei, che hanno tutto sotto controllo. Non si gira mai per vedere se sono arrivata. Mi sbraccio per farmi notare, quando si alza per passare una busta a una maestra, ma il mio slancio risulta inutile: mia sorella non alza nemmeno gli occhi verso la platea. Intanto, sul palco allestito nell’atrio della scuola, i piccoli stanno mettendo in scena uno spettacolo su un dicembre distopico, in cui i giorni 24 e 25 sono stati eliminati dal calendario. E quindi niente più Natale, puff, sparito. Solo due bambini ricordano che in quei giorni succedeva qualcosa di magico; tutti gli altri non hanno più memoria della festa più importante dell’anno.

Ecco Emanuele, sale sul palco mano nella mano con una bambina bionda: loro due hanno il compito di convincere gli altri che il mondo ha subito lo scippo del Natale, e tutti assieme devono fare qualcosa per riprenders­elo. Nel momento in cui mio nipote e la sua amica hanno fatto il loro ingresso in scena, un uomo si è alzato dalla terza fila di sedioline e si è spostato avanti, di lato, per fare le foto.

Deve essere il papà della biondina, perché di sicuro non si tratta di mio cognato. È un attimo, una sensazione, e capisco che io quell’uomo lo conosco molto bene, anche se da qui lo vedo solo di spalle. È Luca, il mio ex. D’istinto mi viene da alzarmi, non so se per andare da lui o scappare via, prima che mi veda.

Mi rimetto seduta, ho le vertigini e sento le calze che continuano a sfilarsi, proprio nel punto in cui c’è il ricamo dei fiocchi di neve che mi è costato un botto. Luca, non lo vedevo da 15 anni. Sapevo che si era sposato e aveva due bambine, belle e bionde proprio come lui e sua moglie, ma non avrei mai imma

ginato che una delle due andasse a scuola con mio nipote. Com’è possibile che Laura non mi abbia detto nulla? Magari non lo sa nemmeno lei, magari i due bambini non sono in classe assieme. Oppure, sempliceme­nte, non le è sembrato un particolar­e importante. D’altronde, mia sorella rimarca a ogni occasione che lei non solo lavora, ma ha anche una famiglia da portare avanti, con due figli, due cani e un marito imprendito­re che è sempre in viaggio.“Io non ho manco il tempo di farmi la doccia, beata te, che invece vai a farti i massaggi al centro estetico” se ne esce Laura, ogni volta che ci sentiamo. Figuriamoc­i se posso pretendere un briciolo di attenzione da una che esordisce così. “Sì, io andrò pure al centro estetico, ma io non ce li ho i pranzi della domenica con tre maschi a tavola che pendono dalle mie labbra, e nemmeno tante altre infinite gioie che sono riservate alle mamme, quindi non me lo dire come se dovessi chiedere scusa, che vado a fare i massaggi. E comunque, anch’io ho giornate storte e piene di casini, pure se non ho figli e nemmeno cani a carico, e sarebbe bello, se una volta tanto, mica sempre, anche tu chiedessi a me come sto, come va nella mia vita da zitella”, ecco cosa vorrei dire a mia sorella, ma non ne ho il coraggio.

Torno con la testa qui, a Luca. È ancora così bello! Si gira un po’e ne colgo il profilo, perfetto. Non una grinza sul suo volto, sembra ancora un ragazzo.Anche i vestiti che indossa sembrano gli stessi di quando eravamo fidanzati. Jeans scoloriti e maglione beige a collo alto. Mi guardo intorno per capire se c’è sua moglie, la dovrei riconoscer­e, c’è stato un tempo in cui ho spiato la sua vita sui social. «È tutto inutile, Emanuele. Nessuno si ricorda del Natale, eccetto noi due. Non riusciremo mai a convincere gli altri del grande danno che stiamo subendo». «Non ti abbattere, Clara. Vedrai che troveremo il modo di far tornare la scintilla della Natività nel cuore dei nostri compagni» recitano intanto Emanuele e Clara, immersi nelle loro parti. Forse anch’io sono come i loro compagni, anch’io non ho più memoria della magia del Natale.

Da troppi anni, per me, 24 e 25 dicembre sono due date che fanno male; tutti quei giorni di festa in cui io non ho proprio niente da festeggiar­e. Luca mi lasciò per telefono, che cosa triste, dopo sei anni di fidanzamen­to. Non fu un fulmine a ciel sereno, erano già mesi che si era allontanat­o da me, ma io facevo finta di non capire. Purtroppo, quando sei innamorata, ti illudi sempre che sia solo un momento storto, che passerà, e invece, non passa proprio niente, anzi, peggiora. Non sono stata a pensare sempre a lui negli ultimi 15 anni, poi. Ho avuto le mie storie, ma nessuna è durata più così tanto, e soprattutt­o nessuno mi ha fatto più sentire come lui.

«Forza, mettete la mano sinistra sul cuore e chiudete gli occhi. Immaginate un grande abete luminoso nel vostro salotto, carico di stelle e regali. Immaginate i vostri cari che scartano quei pacchetti scintillan­ti, e sorridono e ringrazian­o e si abbraccian­o». «Adesso prendiamoc­i per mano, pensiamo al dono che vorremmo ricevere per Natale, ché, se ci crediamo veramente, Babbo Natale ce lo metterà sotto l’albero» continuano Emanuele e Clara. Si spengono tutte le luci e la voce di John Lennon squarcia il buio e il mio cuore. Provo anch’io a fare una richiesta a Gesù Bambino, a occhi chiusi e mani giunte. Quando si riaccendon­o le lampadine, fiocchi di neve scendono sul palco, e poco importa se sono finti, le emozioni che suscitano sono vere.

Intanto, una bionda avvenente ha raggiunto Luca e si godono assieme la visione della loro bambina sul palco. Emanuele mi cerca fra gli spettatori; quando mi vede mi sorride e mi manda un bacio con la mano. Nell’alzarmi rimango di nuovo impigliata nel legno scardinato, perché con tutte queste emozioni in circolo, mi sono scordata che la sediolina è rotta. Nella mia coscia destra, dove prima c’era un fiocco di neve, si è formato un buco. «Mi spiace, devo buttarla quella sedia. Mi sa che si è fatta pure male» si avvicina un uomo, «se viene un attimo in guardiola le do l’alcol per disinfetta­rsi la gamba. Vedo che la sediolina le ha rotto la calza e ferito la gamba» continua, ma io non raccolgo. «Sono Gabriele, il bidello, anche se ogni volta che pronuncio questa parola c’è sempre qualcuno pronto a ricordarmi che i bidelli non esistono più» insiste l’uomo, e mi allunga la mano; è calda, rassicuran­te. «Non è nulla, non si preoccupi. Io sono Claudia» mi scuoto dal mio torpore. Gli sorrido lievemente. Qualcosa dentro di me mi dice di fidarmi, e lo seguo in guardiola. E se fosse Gabriele il mio dono per questo Natale che sta per arrivare?

Mi guardo intorno e vedo solo mamme e nonne. Neanche una zia, sì perché le zie zitelle le riconosci subito, hanno un’aria un po’ sconclusio­nata come me

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