Confidenze

TESTIMONI DELLA LORO STORIA

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Ciao, ho seguito con ❛❛

ansia e sgomento la storia di Giulia. È terribile quello che è successo e spero che il suo uccisore, Filippo, non abbia sconti di pena. Devo dire però che sono rimasta perplessa vedendo il funerale della ragazza in diretta tivù, il padre in television­e e tutto il clamore che ne è seguito. Non giudico nessuno, però mi domando se un lutto così non vada vissuto nel silenzio, più che in television­e. Vedere tanta risonanza data al funerale, al papà, alla sorella e perfino alla nonna di Giulia, mi ha fatto un effetto strano, come una nota stridente. Tu cosa ne pensi?

Clarissa (via mail)

Cara Clarissa, ormai è passata qualche settimana dal funerale di Giulia Cecchettin, trasmesso in diretta il 5 dicembre, e dalle interviste rilasciate dai familiari. L’ondata di commozione si è attenuata, com’è naturale, ma non si sono fermati i femminicid­i, che continuano a colpire donne di ogni età e di ogni estrazione sociale. Un lutto così pesante, dici tu (e come te, molte altre persone si sono poste la stessa domanda), non andrebbe vissuto nel silenzio? Io non credo che ci sia un modo giusto o sbagliato di accogliere un lutto tanto devastante. Penso che, a livello personale, ogni persona reagisca in modo diverso e non giudicabil­e. Però, se perdere una figlia o un figlio è sempre atroce, quello che è successo a Giulia non riguarda solo il padre e i familiari. Riguarda tutte noi: perché ciò che è capitato alla 22enne (e a tante altre, purtroppo) ci dice che nessuna donna è davvero al sicuro. Qualche settimana fa, nel corso delle attività legate al Premio internazio­nale sempliceme­nte donna, mi è capitato di andare in una scuola superiore a moderare un incontro tra gli studenti e alcune delle premiate. Tra loro, c’era Filomena Lamberti, sfigurata con l’acido dall’ex marito anni fa. Da quando, dopo moltissime operazioni e interventi, Filomena è tornata a vivere dedica buona parte del suo tempo a visitare scuole, partecipar­e a convegni, portare la sua testimonia­nza ovunque possibile. La sua agenda è fitta di appuntamen­ti. E la stessa cosa vale per altre persone, che sono state vittime o hanno perso figli e figlie in seguito a violenza, cyberbulli­smo, o altre forme di aggression­e. Queste persone, di fatto, diventano testimonia­l della loro storia e si incaricano di farla arrivare a quanti più ragazzi possibile, in ogni modo possibile. Dovrebbero continuare a farlo o restarsene chiusi nel silenzio? Io credo che quello che fanno sia utile, sia un gesto importante reso a tutta la comunità. Perciò, pensando alla famiglia Cecchettin, di certo nessuno di noi può presumere di sapere cosa prova o cosa sente. Ma testimonia­re, fare in modo che si continui a parlare di femminicid­i e mantenere accesa l’attenzione su questo tema, secondo me, è importanti­ssimo. Ti abbraccio!

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