HAVE A NICE DEI: UN PODCAST SU EQUITÀ E INCLUSIONE
Sono sempre stato un tipo che rispetta le regole, sin da bambino, probabilmente anche perché ero troppo fifone per infrangerle. Non mi sono mai assentato dal lavoro, non mi piace mentire, le pazzie non fanno per me. Ma sono certo che questo lui lo avesse capito e mi stesse solo mettendo alla prova. Iniziai a stropicciarmi il mento con le dita come facevo ogni volta che ero in difficoltà, perché per quanto fosse assolutamente non da me avevo già deciso di seguirlo. Chiamai al lavoro, inventai una scusa improbabile per giustificare la mia assenza… e scesi alla sua fermata.
«Seguimi» mi disse divertito.
Luca mi faceva un effetto che non sapevo spiegare a parole. Avevo avuto diverse storie, tra cui una convivenza, ero stato innamorato tante volte, ma in 32 anni mai mi ero sentito elettrizzato come quando ero accanto a lui. Lo seguivo senza il minimo ripensamento, perso di lui, felice di camminargli accanto. Passeggiammo per la periferia di Milano avvolti dalla danza silenziosa delle foglie d’autunno, mentre il cielo limpido sembrava un acquerello sfumato. Arrivammo a un edificio di mattoni rossi, imponente e misterioso.
«Sei pronto?» mi chiese infilando la chiave e facendo scattare la serratura.
Entrammo, e mentre i nostri passi echeggiavano negli spazi vuoti dell’ingresso enorme, ci ritrovammo circondati da quadri che adornavano le pareti. Corpi perfetti di uomini, intrecciati in abbracci assetati, altri disperati, ogni tela rappresentava una storia diversa, un mondo interiore rivelato con pennellate maestose. I colori e le emozioni si mescolavano in un caleidoscopio di sensazioni. Mi voltai verso di lui, lo sguardo smarrito, e lì compresi. Era lui il creatore.
«Sei bravissimo Luca. Sono meravigliosi!».
Per la prima volta lo vedevo fragile, come se mi avesse permesso di entrare nel lato più nascosto della sua anima, era serio, attento alle mie reazioni, visibilmente felice quando gli dicevo che era bravissimo. Facemmo un giro di tutto l’edificio, era di proprietà del padre e lo aveva donato a lui per permettergli di dipingere ed esporre i suoi quadri. Le tele erano tantissime ma mi aveva spiegato che ne aveva già vendute più della metà ad alcuni collezionisti che si erano appassionati al suo stile. Ci sedemmo a chiacchierare in una stanza sul retro dell’edificio, seduti tra cavalletti, teli di plastica e stoffe bianche impiastricciate di colori.
Quattro episodi e 27 protagonisti per raccontare storie esemplari della società contemporanea e portare uno sguardo positivo sulle tematiche legate all’inclusività. È il podcast “Have a nice dei” (dove “dei” sta per diversity, equity, inclusion), realizzato da Schwa e brandstories, insieme a Fastweb, Generali e Jakala, e disponibile gratuitamente su Spotify. La voce narrante è quella di Luca Trapanese, attivista, scrittore e assessore al Welfare del Comune di Napoli. Quattro i temi affrontati: identità e orientamento di genere nell’episodio Gender come noi; abilità e disabilità in Oltre le barriere; confronto generazionale per Generazione adesso e il benessere mentale in Pensieri stupendi.
Passammo ore a parlare, a raccontarci, e mentre ci scoprivamo mi sembrava di conoscerlo da sempre. Mi sentivo a mio agio, come se fossi finalmente tornato a casa dopo un viaggio infinito durato anni. Quando andammo via il crepuscolo colorava il cielo di sfumature viola e arancioni.
«Cosa volevi dire quel giorno, quando mi hai detto che mi avresti risposto di sì?» gli chiesi prima di salutarlo. «Che se finalmente mi chiedi di uscire, invece di limitarti a fissarmi come hai fatto per mesi, io ti risponderò di sì». È iniziata così la storia d’amore tra me e Luca, come una fiaba, come la trama di un film. Diciamo sempre che dovremmo scriverne un libro.
La prima volta che l’ho baciato è stato qualche giorno dopo, in quella stanza in cui ci eravamo riconosciuti, tra i cavalletti e il profumo di vernice che aleggiava nell’aria. Mi aveva permesso di osservarlo mentre dipingeva, lo guardavo stagliarsi di fronte alla tela come fosse nudo, fragile, perfetto. Mi sentivo un visitatore della sua anima. Mi avvicinai con cautela, perché non riuscivo più a resistere all’impulso primordiale di toccarlo.
Le nostre mani si intrecciarono, le nostre labbra si cercarono, un bacio esplose come un’aurora appena nata. Ci riconoscemmo, come anime antiche destinate a ritrovarsi per tornare a sentire.
Quel primo bacio diventò il primo capitolo di una storia d’amore che avrebbe riempito i nostri cuori di colori nuovi e mai visti prima. Io e Luca ci siamo sposati a Madrid quattro anni dopo, e oggi ancora ci amiamo con la stessa intensità di quel primo bacio tra cavalletti e profumo di vernice.
Avevo avuto diverse storie, ma in 32 anni mai mi ero sentito elettrizzato come quando ero con lui. Ci siamo sposati a Madrid quattro anni dopo