Confidenze

CERCANDO UN NASO R0SSO

Da quando sono single i miei weekend sono tornati vuoti, così mia sorella mi affida sua figlia per portarla a vedere la sfilata di Carnevale. Mentre siamo là succede di tutto. Però, a volte, gli imprevisti portano fortuna

- STORIA VERA DI ELISA B. RACCOLTA DA ELENA MACCHI

Colori e ancora colori. La città ha le sembianze di una tavolozza variegata di tante tinte e sfumature: stese su trasparenz­e di pizzi, su buffe parrucche, dipinte su pareti e maschere di cartapesta. Io e Caterina, la mia nipotina di cinque anni, ne abbiamo voluto far parte. Siamo scese nelle strade festanti del Carnevale. Le note vibrano nell’aria frizzante di questo fine inverno che profuma ancora di neve. Ci accodiamo dietro il lungo serpentone dei carri allegorici che sfilano tra la folla allegra delle mascherine, e dei tanti turisti di passaggio. Caterina mi tira il lembo della sciarpa: «Guarda zia, c’è il carro dei clown. Posso salire anch’io?». Sono dubbiosa: Caterina è ancora piccola, non so se mia sorella acconsenti­rebbe, il carro è pieno di bambini, ho paura di perderla di vista nella gran confusione, ma d’altro canto, mi dico che anche lei si è travestita da clown... Ora devo decidermi perché mia nipote incalza con la richiesta. Ma in fondo perché no? Voglio che Caterina si diverta, l’ho portata qui, proprio per questo. Così, le prendo la mano, guidandola verso il carro. Il suo naso è una pallina rossa e morbida, che si agita in tutte le direzioni, seguendo con lo sguardo il tragitto del carro. «Allora zia posso salire?». La bimba si guarda il costume. È una tuta patchwork coloratiss­ima, con rombi di varie dimensioni. Due balze di tulle bianco si arricciano intorno al collo. Completano il costume due vistosi copriscarp­e rosa, in tinta con una parrucca fitta di riccioli.

«Certo tesoro, con un vestito così bello, è proprio un peccato non farlo». Ecco che il carro rallenta proprio davanti a noi, sembra farlo apposta per dare l’occasione giusta a lei, che mi guarda raggiante, con il suo ridicolo naso rosso. Nei suoi occhi scuri, capaci di far innamorare, leggo vera gioia. La sollevo, passandola nelle braccia di un aitante giovane incaricato di tenere sotto controllo la situazione, che le porge un lungo tubo multicolor­e, per inanellare soffiando lunghissim­i nastri di stelle filanti. Caterina ringrazia felice e

«GUARDA ZIA, C’È IL CARRO DEI CLOWN. POSSO SALIRE ANCH’IO?» MI CHIEDE

mi saluta con la manina, mentre il carro comincia a muoversi, e ancora genitori e bambini si accalcano davanti a me, per le salite dell’ultimo minuto. Vorrei seguire il percorso, ma perdo il passo, sono bloccata dalla folla.

Il carro si allontana, se ne accodano altri. «Caterina!» urlo alzando una mano, ma la mia voce si perde tra l’allegria delle note musicali di questo pazzo Carnevale. Mi apro un varco, sentendomi in colpa per aver ceduto alle richieste della bambina. Chissà se anche mia sorella avrebbe fatto lo stesso. Solo che Daniela non c'è, mi ha affidato Caterina per l’intera giornata.

Da quando la mia storia con Luca è definitiva­mente terminata, i miei fine settimana sono vuoti, tristi e noiosi. Così mia sorella, a cui ho giurato di non volermi più impegnare in nessuna storia d’amore, mi ha proposto la compagnia della mia dolcissima nipotina, e io ho accettato al volo. Il carro sta per completare il giro. La intravedo, attraverso un piccolo spazio che si apre, tra un cappello pieno di campanelli e una parrucca. La chiamo, e lo stesso ragazzo addetto al controllo la prende tra le braccia e me la porge. Finalmente sono tranquilla, Caterina è qui con me.

«Grazie zia, è stato bellissimo, ho lanciato dal carro tanti coriandoli e stelle filanti!».

«Bravissima, ma ora stai appiccicat­a a me, c’è moltissima gente». Non ho terminato la frase, che Caterina, si tocca la punta del naso: «Dov’è il mio naso rosso? Non ho più il mio naso. Non posso più essere un vero pagliaccio!».

Cerco di farle capire che non è successo nulla di grave, l’ha sempliceme­nte perduto nella gran confusione della festa. «Ne compreremo un altro, identico a quello che hai perduto». Caterina mi guarda, mentre due grossi lacrimoni lucidano i suoi occhioni. «Lo voglio adesso, andiamo a cercarlo».

«Non ora Cate, non lo troveremo mai, in mezzo a tutta questa confusione». Ma mia nipote, con uno scatto veloce, stacca la sua mano dalla mia presa e corre via a cercare il suo naso.

«Caterina, torna subito qui!». In un attimo la perdo di vista per la seconda volta. Tremo. Ora non è nello spazio circoscrit­to di un carro, ma lo rincorre, nell’assurda ricerca del suo naso. Ho il respiro affannoso, sgomito tra la folla di persone. Sto male. Continuo a farmi strada tra la folla. Cerco di mantenere il battito cardiaco a un livello che mi consenta il controllo della situazione. Ma quando, dopo lo squillo del cellulare appare sul display il nome di mia sorella Daniela, mi sento precipitar­e nel panico. L’istinto mi dice di non rispondere. Ragionando, se in questo momento rispondess­i, non saprei trattenere le emozioni, e tutto mi sfuggirebb­e di mano. Mi fermo, respiro profondame­nte, cercando di ritrovare l’autocontro­llo. Sono trascorsi una decina di minuti e mai il passo del tempo mi è sembrato così lento. I carri rallentano fino a fermarsi. I bambini scendono e salgono. Di Caterina nessuna traccia. Sto pensando di dare l’allarme attraverso il palco. Salgo i primi due gradini, ed eccola finalmente! Lei è tranquilla. Sta parlando con il ragazzo della sicurezza, lo riconosco, è lo stesso che l’ha aiutata a salire e scendere dal carro. «Si, proprio lui, il mio bellissimo naso rosso» afferma sconsolata. «Non lo trovo più. Tu l’hai visto per caso?». Il ragazzo scrolla la testa divertito.

«Caterina, ma che cosa ti salta in mente? Non devi allontanar­ti. Abbiamo rischiato di perderci di vista un’altra volta».

Il ragazzo, che mi accorgo avere negli occhi la stesso intenso e pericoloso luccichio di Caterina, interviene prontament­e: «La mamma ha ragione, devi stare vicino a lei. Non allontanar­ti per nessun motivo».

Sto per ribattere che Caterina è mia nipote e che stavo per morire di paura durante la sfilata del Carnevale, ma la musica riparte insieme ai carri, risucchian­do le mie parole, nel turbinio chiassoso, punteggiat­o da mille frammenti di carta, leggeri e colorati che volano, sospinti da allegre manine. Caterina mi ha promesso che non si allontaner­à più, ma continua a essere triste a causa della perdita del naso rosso. Piange e aspira lacrime in continuazi­one. «Mi sgriderà anche mamma, vedrai».

«Certo, e sgriderà anche me. Se tu avessi avuto un incidente anche piccolo piccolo, lei non avrebbe mai più permesso di farci stare insieme, non si sarebbe più fidata di me» le dico con serietà. Ora è silenziosa, non risponde, tiene i suoi occhioni puntati su quei ridicoli copriscarp­e. «Zia, ho io la soluzione per questo pasticcio: a mamma non diciamo nulla, facciamo finta che non ci siamo accorte di aver perso il naso rosso. Così io potrò stare con te per sempre». Scoppio a ridere, e le stampo un bacio in fronte. La tensione è volata via, e dopo una merenda golosa, eccoci di nuovo a casa. Caterina, non indossa più il suo ➤

MI SENTO IN COLPA PER AVER CEDUTO ALLA SUA RICHIESTA. CHISSÀ SE SUA MADRE LO AVREBBE FATTO

costume da clown, con mia sorella abbiamo mantenuto il segreto, in fondo tutto si è concluso al meglio.

Questo fine settimana, è il turno dello shopping. Oggi ci accompagna anche mia sorella. Caterina comincia a stancarsi, Daniela interviene: «Un po’ di pazienza, poi ti prometto che andremo al centro ricreativo». Caterina sbuffa, Il suo viso si apre al sorriso solo quando al centro ricreativo incontra le amiche. Io e mia sorella ci accomodiam­o a un tavolino per tenerla d’occhio. Mentre chiacchier­iamo, il mio sguardo si sposta in direzione dell’ingresso, che in questo momento è attraversa­to da un ragazzo.

Guardando meglio, credo di identifica­rlo nell’addetto alla sicurezza della sfilata. Avverto un segnale di allarme, subito giustifica­to quando lo vedo parlare con Caterina. Ma eccola che arriva con le guance arrossate e attacca d’un fiato: «Zia, ho incontrato Dario!».

«Chi è Dario?».

«Il ragazzo che mi ha fatto salire sul carro!

Mi ha detto che nel suo ufficio c’è una scatola piena di cose che i bambini hanno perso durante la sfilata, dice di passare da lui, perché forse ritroverò il mio naso».

Mia sorella la guarda stupita: «Caterina che stai dicendo?».

La bambina allarga gli occhioni, premendo la manina sulla bocca, accorgendo­si di aver tradito il nostro patto segreto.

«Voi due, che succede? C’è qualcosa che devo sapere?» incalza mia sorella. Mi alzo prontament­e, afferrando la mano di Caterina: «Vieni andiamo subito a vedere». Daniela ci segue facendo mille domande. Eccoci tutte e tre nel locale del centro ricreativo. Dario ci viene incontro con una scatola: «Cerca qui dentro, Caterina, sono sicuro che qualcosa di interessan­te troverai».

Sotto gli occhi meraviglia­ti di Daniela, la bimba tuffa le manine nella scatola, piena di oggetti smarriti: stelle di latta di improbabil­i sceriffi, bacchette magiche di improvvisa­te fatine e, dopo un po’ di ricerca, ecco il suo naso rosso, un po’ ammaccato, ma lei, mentre lo stringe fra le dita, è la bimba più felice del mondo.

Dario, rivolgendo­mi quello sguardo che mi attrae e da cui vorrei sfuggire, rompe l’incantesim­o: «Vedo la mamma più tranquilla, dopo lo spavento di quel giorno». Inutile dire che mia sorella pretende da noi tre una spiegazion­e. Dopo il resoconto dettagliat­o di quel pomeriggio, Dario si è accorto di aver inconsapev­olmente contribuit­o a combinare un bel pasticcio.

Per farsi perdonare, stasera mi ha invitata a cena. Io ho accettato, perché l’ho già perdonato: Mi sono accorta che anche lui, come Caterina, ha negli occhi, quel luccichio che ti porta lontano. In un posto dove ti puoi facilmente perdere, e ancora più facilmente innamorare.

ANCHE DARIO HA NEGLI OCCHI LO STESSO LUCCICHIO DI MIA NIPOTE CATERINA

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