IL GIARDINIERE
Ero andata qualche giorno al mare per prendere una decisione cruciale. Dovevo scegliere se firmare un contratto di lavoro da sogno o dare ascolto alla mia coscienza. Un incontro inaspettato mi ha indicato la strada giusta
Alla fine ho deciso di andarmene. Ho preso le mie cose e mi sono rifugiata nella casa al mare, anche se l’inverno non era del tutto finito. Avevo deciso che mi serviva un periodo di tempo da sola e quella casa al mare era perfetta, soprattutto in questa stagione, in cui nessun membro della mia famiglia si azzardava ad avvicinarcisi. Avevo bisogno di prendermi una pausa, specialmente dai mille consigli e dalle mille opinioni non richieste che mi inseguivano ovunque.
«Ti mancherà il sole dell’Italia» mi aveva detto mia mamma. «Non ci pensi alla crostata alle visciole della nonna?».
«È un’occasione che capita una volta sola nella vita» aveva considerato mio papà. «A dire il vero, a molti non capita mai. Pensaci bene» lasciandomi intendere che lui una risposta ce l’aveva già.
«Viaggerai molto, non sei contenta?» aveva detto invece la mia migliore amica. «Per una come te, è un vero e proprio miracolo, no?». «Non cambierà nulla, vedrai» mi aveva tranquillizzata il mio ragazzo nonostante nessuno gliel’avesse chiesto. «Passerai anche del tempo a casa ogni tanto, no? Altrimenti ogni pretesto sarà buono per venirti a trovare ovunque tu sia» e ancora non ho capito se quell’ultima frase fosse un modo simpatico per sdrammatizzare, una promessa o una minaccia. «Se avessi modo di lasciarmi alle spalle tutto questo» mi aveva detto la mia barista di fiducia. «Non ci penserei due volte, e fossi in te farei lo stesso». «Vattene e non tornare» mi aveva consigliato perfino un tizio che non avevo la minima idea di chi fosse, ma che sedeva al bar mentre mi stavo confidando e che, sicuramente, aveva delle buone orecchie. Il fatto era questo: nel giro di due settimane avrei dovuto firmare un contratto con una mega azienda che operava a livello internazionale. Per arrivare a quella firma avevo dovuto superiore una serie di colloqui serratissimi dove la mia preparazione si era dimostrata più che adeguata. Dopo quella firma avrei avuto un ruolo di prestigio all’interno dell’azienda, uno stipendio che in Italia era un vero e proprio miraggio, un lavoro che mi avrebbe permesso di viaggiare in zone remote del mondo.
Cosa dire? Un vero miracolo, come diceva la mia migliore amica. C’era solo un piccolo grande ostacolo però che mi impediva di precipitarmi, magari saltellando, a firmare quella riga. Il mio primo incarico sarebbe stato quello di volare in Cambogia per un’analisi di fattibilità strategica per l’apertura di un nuovo impianto di produzione dell’azienda. Ovvero decidere quale pezzo di foresta cambogiana disboscare per innalzare una nuova fabbrica. Qui nasceva il problema.
«VIAGGERAI MOLTO NON SEI CONTENTA?» MI AVEVA DETTO UN’AMICA ENTUSIASTA