Confidenze

COSA CI FACCIO QUI

- STORIA VERA DI CINZIA S. RACCOLTA DA ROBERTA GIUDETTI

Sono otto anni che sto con Beppe, non sono stata io a portarlo via alla moglie, eppure ogni volta che mi trovo in queste situazioni da famiglia allargata, sono a disagio. Poi, però, una delle sue figlie mi fa venire il dubbio: sono loro che mi odiano o io che le respingo?

Smetriono seduta in un angolo di una tavolata lunga almeno 20

e sto uno schifo. Ho chiesto io di mettermi vicino alla porta sul retro, così almeno, con la scusa di una sigaretta, posso uscire e starmene un po’ in pace. Beppe è seduto lontanissi­mo da me, mi sento sola ed esposta. Non c’entro niente con queste persone. Loro sono una famiglia, io sono solo la compagna di Beppe. Conosco tutti e non conosco nessuno. Per non parlare del fatto che mi tocca subire la presenza di Sandra, padrona di casa impareggia­bile. Perfettame­nte truccata e cotonatiss­ima, volteggia in un abito di fattura scadente ma che, lo ammetto, le sta piuttosto bene. Zampetta dalla cucina alla taverna regalando sorrisi esagerati, esibendo vassoi carichi di cibo ricco di calorie e grassi.

E tutti ad applaudire, ad esaltare le sue doti culinarie: «Perché non vai a Masterchef, sei unica!». Sandra è pugliese, ce l’ha nel sangue la buona cucina, e vai di verdure pastellate, orecchiett­e con ragù di braciola, parmigiana di melanzane, arrosti di ogni tipo che al solo pensiero mi fanno venire la nausea. Sorrido e fingo di apprezzare l’overdose di cibo. Lancio occhiate imploranti a ma lui è completame­nte assorbito dal suo ruolo di ex marito che si è separato in modo civile dalla moglie e soprattutt­o di padre. E qui stiamo parlando di un padre che è stato poco presente e che vuole recuperare punti con le figlie. Specie con Veronica, la perfetta, che oggi compie 30 anni. Tutti sembrano felici.

Ma io cosa ci faccio io qui? Mi odiano tutti. Credono che non sappia che una delle zie mi ha soprannomi­nata “prugna secca” e che da allora tutti mi chiamano così?

Mi alzo lentamente, mi rifugio in giardino dove mi accendo l’ennesima sigaretta. Spalle al muro, magone e nel petto voglia irrefrenab­ile di scappare, ma non posso. Io e Beppe stiamo insieme da otto anni ormai, dovrei essermi abituata alla sua famiglia invece no. In tutto questo tempo ho sempre avuto ottime scuse per evitare i loro raduni perché avevo la mia di famiglia, dovevo stare con i miei alle feste comandate, non potevo andare con Beppe. Poi mia madre è mancata e nel giro di due anni mio padre si è spento. I miei genitori si sono amati moltissimo fino all’ultimo. Ho sempre avuto loro come modello di relazione, eppure non sono riuscita a seguire il loro esempio. Ho messo davanti a tutto la mia carriera e ho colleziona­to una serie di rapporti fallimenta­ri.

Quando ho conosciuto Beppe avevo già 50 anni, avevo perso ogni speranza di innamorarm­i. Desideravo solo un uomo con cui stare bene, con cui vivere serenament­e. E Beppe, quando non è con la sua famiglia, mi fa stare proprio bene. Si prende cura di me, mentre di solito sono io che mi prendo cura degli altri visto che sono un medico. Sì, sono un medico, la gente di solito mi considera, mi chiede consigli, qui invece mi snobbano accusandom­i di avere la puzza sotto il naso, ma non è così, sono loro che non mi coinvolgon­o. Eppure non sono stata io a portare via Beppe a Sandra, loro due già non stavano più insieme da tempo. Le figlie questo lo sanno, eppure mi odiano, mi consideran­o la cauBeppe,

INIZIAMO A PARLARE DI COME IO MI SENTA FUORI POSTO, DI COME LEI SIA MESSA IN SECONDO PIANO RISPETTO ALLA SORELLA PERFETTA

sa del fatto che il loro papino adorato da tempo vive in un’altra città, ma io non c’entro con le sue scelte. Beppe è un poliziotto da poco andato in pensione e già prima di conoscere me, a causa del suo lavoro, non era mai a casa. Ma poi mi domando, queste ragazze sono grandi, cosa vogliono da noi? Crescete, fatevi una vita! Ma si sa come sono i figli, in fondo al cuore continuano a desiderare che i genitori, un giorno, tornino insieme. Poi, è talmente evidente che Sandra non ha mai smesso di amare Beppe, sono solo io a notarlo? Prima di spegnere la sigaretta una voce alle mie spalle me ne chiede una. È Alessia, la piccina di casa, 27 anni.

«Non sapevo fumassi» temporeggi­o, a disagio come sempre.

«Solo quando mi annoio».

Accenno un sorriso.Vorrei risponderl­e “Come ti capisco!” ma non casco nella trappola. «Sei un medico, non dovresti fumare. Dovresti dare il buon esempio», incalza lei.

«Ho ricomincia­to qualche mese fa, quando è morto mio padre». «Ho saputo, mi spiace». «Sì, figurati» mi sfugge. «Cosa dovrei dirti che non me ne frega niente? In effetti è così».

Mi volto di scatto, squadro da capo a piedi l’unica persona che in tutto il giorno ha avuto il coraggio di non essere ipocrita con me e mi scappa da ridere.

«Grazie! È il primo cenno di sincerità a cui assisto da ore».

Anche lei scoppia a ridere mentre le passo l’accendino. «Anche tu però, sincerità per sincerità, non è che dai molte possibilit­à alla gente di conoscerti».

Touché! Mi sa che la ragazza ha ragione. E non so come accade, però iniziamo a parlare. Di come io mi senta fuori posto. Di come lei si senta continuame­nte messa in secondo piano rispetto alla sorella perfetta. Di come io mi senta ormai senza radici. Di come lei vorrebbe abbatterle quelle radici. Poi mi spiazza: «Papà è proprio innamorato di te. Non pensavo sarebbe durata fra voi, arrivate da mondi troppo diversi, eppure funziona, sono contenta».

Sorrido, un po’ sorpresa, un po’ commossa, cercando di elaborare il fatto che forse con loro sono sempre stata troppo sulla difensiva. E che Beppe mi ama, che bella sensazione. Andiamo avanti a parlare fino a che non vengono a cercare entrambe.

Entriamo, andiamo a sederci ai nostri posti. Alessia vicino a suo padre, io al capo opposto della tavola. Si spengono le luci, Sandra arriva spingendo un carrello con un’enorme torta pannosa piena di scintillan­ti candeline, tutti in coro cantiamo “Tanti auguri a te”. Penso a quei film in cui le famiglie allargate si ritrovano durante le feste e fra una tensione e l’altra alla fine le due rivali fanno pace, sono quasi sempre l’ex moglie e la nuova compagna, chissà perché, finiscono per abbracciar­si. A noi non succederà. Insomma, io e Sandra non abbiamo proprio niente in comune. A parte Beppe. Non è poco, però. Forse dovrei sforzarmi di essere meno… meno cosa? Insicura? Antipatica? Intanto posso provare a interagire con qualcuno. Con Alessia è stato carino. Poi è un attimo: Beppe aiuta Veronica a tagliare la torta, prende subito un piatto e viene verso di me. Mi sorride con le lacrime agli occhi, è il suo modo di ringraziar­mi per essere lì. Piccoli passi, piccoli gesti che possono rendere felici le persone che amiamo. Così di impulso, con la bocca sporca di panna, sorrido alla zia Piera, seduta accanto a me e, guarda un po’, lei risponde al mio sorriso. Si aggrappa a questo e mi domanda: «Senta Cinzia, lei è un medico, vero?».

«Sì, lo sono».

«Che tipo di medico?». «Cardiologa».

«Non è che posso chiederle un consiglio? Perché ho fatto le analisi la settimana scorsa e c’è qualcosa che non ho capito». «Certamente, ma la prego mi dia del tu». Dopo la zia Piera, arrivano il cugino Alfredo e il nuovo ragazzo di Veronica a chiedere un consulto. È bastato poco, in fondo. Ci ho messo otto anni a capirlo. La festa è terminata. Per la prima volta mi alzo per dare una mano a riordinare. Alessia e Veronica mi raccontano divertenti aneddoti familiari. Beppe è felice, Sandra si sforza di apprezzare tutto questo, non è facile, lo posso capire. E va bene, penso: io e lei non arriveremo mai ad abbracciar­ci davvero, ma chissà, forse un giorno arriverò almeno a darle qualche consiglio sulla sua salute, se sarà necessario. E magari lei mi insegnerà a cucinare quel fantastico ragù di braciola. Ecco cosa ci faccio qui.

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