Falkland: una guerra inutile, una sfida improbabile per le isole della discordia
La guerra per le Falkland/Malvinas combattuta fra il 2 aprile e il 14 giugno 1982, fra forze di cielo, terra e mare della Gran Bretagna e della Repubblica Argentina, fu praticamente il primo conflitto il cui esito fu determinato dalle armi più sofisticate e moderne, messe in campo da nazioni occidentali dopo la Seconda guerra mondiale. Sembra infatti che per la prima volta si fece ricorso anche alle immagini satellitari. Secondo l’analista politico Sergej Briljov, i sovietici posero in orbita il satellite Kosmos-1365 con l’obiettivo di fornire informazioni alle forze argentine nell’Atlantico meridionale per individuare la posizione delle navi inglesi. Gli argentini avevano fatto tale richiesta agli Stati Uniti provocando loro un grave imbarazzo essendo questi alleati di ambedue le nazioni. Il diniego fu giustificato affermando che le immagini erano di una qualità talmente scadente da risultare inutili.
La causa determinante dello scontro fra queste due nazioni, ambedue aderenti al North Atlantic Treaty Organization (NATO), era stata la mai sopita disputa sulla sovranità delle Falkland/Malvinas, arcipelago che nel 1832 era stato sottratto all’Argentina con la forza dalla Royal Navy. Nel corso dei decenni successivi, mentre l’Argentina non desisteva dal reclamare i suoi diritti, le Falkland erano divenute una base navale britannica, a volte molto importante come durante la Prima e la Seconda guerra mondiale. Tuttavia, in tempi moderni le grandi squadre di portaerei e di sommergibili nucleari avevano assai ridotto la sua precedente importanza. Difatti la Gran Bretagna stava per ritirare dall’arcipelago la corvetta artica Endurance, ultima sua presenza marittima, che dati i tempi e le circostanze era stata valutata una inutile spesa.
Poco tempo prima, tramite opportuni negoziati fra gli Stati interessati l’ONU aveva dato parere favorevole al ritorno delle Malvinas sotto la sovranità argentina. Tuttavia, la Gran Bretagna, pur continuando a trattare, aveva sempre rinviato una fattibile decisione.
Rinvii si erano soprattutto protratti durante i sette anni (1976-1982) della dittatura militare, che con i suoi crimini aveva alienato all’Argentina i favori delle nazioni democratiche. Questo aveva reso più complesso il ritorno della sovranità argentina sulle Falkland, nonostante le garanzie per le libertà, chieste dai 2.000 abitanti dell’arcipelago, quasi tutti di origine britannica. Per inciso ricordiamo che nel 1832 la Gran Bretagna non aveva offerto alcuna garanzia agli argentini residenti nelle Malvinas. Durante il periodo della Giunta Militare alcuni Stati occidentali, oltre a manifestare la loro neutralità al problema Falkland, avevano posto l’embargo su tutte le forniture militari all’Argentina. Il medesimo provvedimento non era invece stato adottato per la Gran Bretagna, che sia prima che durante il confitto con l’Argentina, continuò a ricevere dagli USA armamenti determinanti per un conflitto, come il missile aria-aria AIM 9 L Sidewinder e rifornimenti strategici, come le migliaia di tonnellate di carburanti. Per contro, l’Argentina non riuscì ad avere tutti i quindici
aerei d’assalto Super Étendard, che all’inizio del 1981 aveva commissionato alla Dassault, ognuno con un missile antinave AM39 Exocet, per incrementare l’armamento della sua veterana portaerei Veinticinco De Mayo. I primi cinque Super Étendard e relativi missili erano stati consegnati alla Marina Argentina alla fine del 1981, però dopo un paio di mesi la Dassault Aviation aveva ritirato i suoi montatori, mentre erano ancora in corso importanti lavori per l’asservimento dei computer dei missili alle centrali di tiro degli Étendard. Naturalmente questo passo indietro della Dassault era stato sollecitato da Londra con il non troppo velato benestare di Washington. Una mossa preventiva che aveva tolto all’Argentina i due terzi della sua forza d’attacco navale, mentre aveva risparmiato alla Gran Bretagna la ulteriore perdita di almeno quattro o cinque delle sue migliori unità, nel corso della guerra per le Falkland/Malvinas. All’inizio del conflitto, sembrava che l’Aeronautica argentina avesse una forza schiacciante rispetto a quella britannica. Centottanta aerei argentini contro trenta britannici. Ma era una pura illusione perché la Royal Navy metteva in campo trenta nuovissimi caccia a decollo verticale Harrier, che, a differenza degli argentini, legati alle loro basi continentali, potevano operare dall’alba al tramonto senza preoccupazioni per l’autonomia e con l’appoggio delle loro portaerei per turni di riposo e rifornimento. Invece gli argentini arrivavano sugli obiettivi dopo 500 miglia nautiche di volo e un aerorifornimento eseguito dai due soli tanker della FAA. Di conseguenza i loro aerei arrivavano sugli obiettivi, solo in piccole pattuglie di tre o quattro velivoli, fra loro parecchio distanziate e con scarsa autonomia.
In tali condizioni queste piccole pattuglie erano facili prede delle coppie di Harrier, che peraltro alzavano il livello della quasi parità numerica con i loro missili aria-aria AIM-9L Sidewinder, capaci di attaccare e colpire da tutte le direzioni, e di conseguenza surclassando gli aerei con superati missili Matra R550 Magic 1 della FAA. L’effetto degli armamenti altamente tecnologici si evidenziò anche in campo marittimo, con lo spettacolare affondamento dell’incrociatore General Belgrano effettuato da un sottomarino nucleare britannico. Evento che costrinse nei porti, per il resto della guerra, tutte le unità di superfice dell’Armada Argentina. Tuttavia, la guerra aerea contro le forze britanniche venne tenacemente proseguita dagli aviatori argentini, con coraggio e indomabile audacia e anche dai loro valorosi camerati dell’Esercito e della Marina.
Nell’elenco dei caduti colpisce il gran numero di cognomi italiani, fatto che denota quanto fosse fuori luogo e sgradevole la polemica innescata dagli inglesi, complice anche qualche esponente di quel governo, sul fatto che se nelle forze armate argentine «fosse prevalsa la discendenza spagnola avrebbero combattuto, mentre se fosse risultata dominante quella italiana non l’avrebbero fatto».