Corriere del Mezzogiorno (Campania)
CARO MAFFETTONE NON TI RICONOSCO
Che cosa è successo al mio amico Sebastiano Maffettone? Me lo ero già chiesto quando ho letto che aveva accettato l’incarico di consigliere speciale di Vincenzo De Luca per la cultura. Ma conoscendolo – Maffettone, non De Luca – per un uomo colto, un pensatore libero, un intellettuale schivo e raffinato, mi sono risposto che qualsiasi cosa gli fosse successo era una buona cosa, perché un uomo così non poteva che influenzare positivamente l’ambiente politico in cui si era infilato.
Poi ho letto il comunicato con cui la Regione Campania dava conto del «primo incontro di programmazione» tra De Luca e Maffettone, e ho capito che mi sbagliavo: è la politica che ha già fagocitato, digerito, e fatto a polpette l’intelletto dell’intellettuale, come sempre accade quando questi cade nella tentazione di trasformarsi in consigliere del principe.
Già dal titolo, infatti, il comunicato numero 1 si presenta come un piccolo capolavoro del realismo socialista, recitando come segue: «La Regione Campania per cultura, arte, territorio, pace e sviluppo». Fedeli all’intento programmatorio – immaginiamo si tratti di un piano quinquennale – i due, il principe e il consigliere, dichiarano infatti che intendono «puntare in partenza al perseguimento di tre obiettivi».
Il terzo, più o meno, ci può stare. Anche se non produrrà pace e sviluppo, il progetto di «realizzare, con il coinvolgimento diretto delle energie creative campane, film e prodotti multimediali sui grandi siti artistici e storici della Campania» è sensato e fattibile, basta una troupe, una telecamera e un regista, anche se per un giorno o due dovesse assentarsi Maffettone l’impresa può riuscire.
Più oscuro è il punto numero 2, forse anche a causa della sintassi. Esso proclama: «Organizzazione a Napoli e in Campania di un G8 permanente del Mediterraneo, Nord Africa e Medio Oriente che attraverso la musica, la letteratura, la danza, la valorizzazione delle culture popolari e tradizionali, la creatività diventi uno strumento per favorire la comprensione e l’integrazione tra popoli, culture, etnie e religioni, ed affermare il valore potente della cultura come strumento universale per la pace in una fase tanto complessa delle relazioni internazionali». Mettiamo un punto e tiriamo il fiato. E domandiamoci: che vuol dire? De Luca ha forse deciso di far firmare una tregua alle fazioni contrapposte in Siria valorizzandone le tradizioni, di domare lo Stato islamico attraverso la danza, di riscattare la Striscia di Gaza con la letteratura, di mettere fine con la musica al traffico di esseri umani che solca ogni notte questo nostro disgraziato mare?