Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sfilate, stilisti e star C’era una volta la moda a Capri
Un volume di Riccardo Esposito raccoglie le testimonianze fra gli anni ‘50 e ‘70 Allora stelle e stilisti come Pucci e De Simone elessero l’isola regina d’eleganza
Nella seconda metà del ‘900 Capri era la moda per l’Italia e per il mondo con famose creazioni degli stilisti e manifestazioni che richiamavano star. Il tutto è raccontato in un bel libro di Riccardo Esposito.
Prima Capri era in bianco e nero, poi un coraggioso aviatore si tuffò nelle acque profonde dell’isola per riportare alla luce gli splendidi colori dei suoi fondali: il turchese, l’indaco, il bluverde. Una volta emerso, anche la gamma cromatica che incorniciava le ville finì per stregarlo: il rosso, il fucsia, il viola della buganvillea, con le note più insolite del giallo, del blu, dell’arancione. Nel giro di qualche anno quel tumulto di colori, come per incanto, si sarebbe riversato in un’infinità di stoffe preziose, foulard, pochette, borse, beauty-case che avrebbero dato fama internazionale al nostro intemerato aviatore-tuffatore. Il suo nome era Emilio Pucci (1914-1992), nato a Posillipo da padre fiorentino e mamma napoletana e innamorato perso, come tanti, della dimora degli dei.
Pucci era un uomo imbevuto di cultura che guardava con attenzione alle soluzioni formali degli artisti d’avanguardia, riprendendone forme e stilemi. Negli anni Cinquanta avrebbe rilanciato anche gli hot pants ideati da Sonja de Lennart nel 1948 e indossati magnificamente da Audrey Hepburn nel film
Funny Face (Cenerentola a Parigi).
Ancora storie capresi in uno splendido libro edito da La Conchiglia (Caprimoda. Protagonisti-Imprese-Eventi, di Riccardo Esposito), ma questa volta con uno sguardo tutto rivolto agli stilisti e agli artigiani che avrebbero dato lustro con le loro creazioni allo Stile Capri, in un connubio riuscitissimo di eleganza e di praticità, di sapienza sartoriale e di ricapitolazione creativa. Oggi le capitali della moda sono Milano, Parigi, New-York, Londra, Tokyo, Berlino, ma per decenni, dagli inizi del Novecento fino alle soglie degli anni Settanta, Capri fu la «moda» stessa, «stravagante», «dionisiaca», inaspettata, in dialogo con gli artisti che operarono a Capri o ne furono soggiogati (da Fortunato Depero a Enrico Prampolini, da Diefenbach ad Hans Paule), e capace allo stesso tempo di tener d’occhio il mercato e i desideri di un pubblico (d’élite, e non solo d’élite) ansioso di novità e di eleganza.
Agli inizi degli anni Trenta Edwin Cerio, ex sindaco di Capri e nume tutelare dell’isola, acquista alcuni telai a mano per creare tessuti «autoctoni» da affidare alle formidabili cucitrici e tessitrici di Anacapri. Nasce così una favolosa piccola impresa senza scopo di lucro: «La Tessitrice dell’isola», che nel primo dopoguerra lo stesso Cerio affiderà alla baronessa Claretta Gallotti, una donna volitiva che alla tradizionale produzione di stoffe colorate e finissime tovaglie affiancherà quella dei capi fem- minili, in una «riuscita fusione tra l’alta moda e un prêt-à-porter ante litteram». E sarà proprio alla Gallotti che Emilio Pucci si rivolgerà «per la realizzazione e la rifinitura di giacconi di lana inseriti nel primo ordine ufficiale proveniente dagli
States». E’ il 1948. Due anni più tardi Pucci aprirà la sue celebre
boutique alla Canzone del mare di Gracie Fields (ma la più antica boutique dell’isola resta la leggendaria Parisienne con i suoi elegantissimi capi) aprendo l’epoca delle sfilate e delle conturbanti indossatrici fasciate dei suoi colori. A immortalarle, i grandi fotografi, a cominciare da Regina Relang.
Al nome di Pucci va affiancato quello di Livio De Simone, anche se con una più flebile eco internazionale. Osserva l’autore: «De Simone adotta tecniche di grande originalità, con un insieme di lavorazione litografica e pittura artigianale realizzata su supporti di lino, jersey o cotone stesi su lunghi tavoli di venti metri attorno ai quali i maestri artigiani completano i disegni prestampati con sorprendente velocità». La sua impronta stilistica è la «mediterraneità». Più che uno stilista, Livio è un artista, un inventore di forme, ma sul fondamento di una robusta vocazione artigianale. E le sue sfilate, nella rassegna caprese di MareModa, saranno una festa incredibile di colori, veri e propri happening teatrali che il pubblico che si raccoglie nel chiostro della Certosa segue affascinato. Nel settembre del 1967 è il debutto di CapriModa, che avrà undici edizioni, dal 1967 al 1977, con una interruzione nel 1973, nell’anno difficile del colera a Napoli. Pubblico attentissimo, di italiani e stranieri (e divi di Hollywood), e partecipazione dei maggiori stilisti italiani, da Valentino a Krizia, a Balestra, a Missoni, a Versace. Non solo la Certosa sarà teatro delle sfilate, ma anche il Qusisana o l’hotel La Palma o la stessa Piazzetta, luogo canonico di tutti gli eventi di richiamo dell’isola. Poi la chiusura troppo repentina di una grande manifestazione di moda (e d’arte) di cui Capri serba ancora il fascino.