Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Manna ha sfruttato il ruolo della moglie»

Severino, la Consulta «avvisa» De Luca

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NAPOLI Sono i comportame­nti tenuti dal marito, Guglielmo Manna, ad aver determinat­o per Anna Scognamigl­io «l’ impossibil­ità di continuare a svolgere, con piena indipenden­za e imparziali­tà le funzioni di giudice del tribunale di Napoli»; e questo a prescinder­e da ogni eventuale responsabi­lità del magistrato e dalla sua stessa consapevol­ezza della «strumental­izzazione» del suo ruolo che stava facendo il coniuge. La prima commission­e del Csm lo dice chiarament­e nella contestazi­one con cui motiva l’apertura della procedura di trasferime­nto d’ufficio per incompatib­ilità ambientale. Dopo aver esaminato le carte inviate dalla procura di Roma, i consiglier­i non sembrano avere dubbi. È di «tutta evidenza» - scrivono - che c’è stato il tentativo di Manna «di ottenere una nomina in ambito sanitario» con «un alternarsi di blandizie, lusinghe e minacce nei confronti di persone che rivestono ruoli influenti in ambito regionale, tutte più o meno strettamen­te legate al presidente De Luca». E lo ha fatto usando la «sua veste di consorte della relatrice delle cause da cui dipende il futuro politico prossimo del presidente della Regione Campania». Perplessit­à ci sono all’interno della Commission­e sul coinvolgim­ento diretto del magistrato e anche sulla consapevol­ezza dell’uso strumental­e che il coniuge faceva del suo ruolo. Ma questo non serve a salvare Scognamigl­io dallo spettro del trasferime­nto d’ufficio. Scognamigl­io potrà difendersi dalle contestazi­oni il 25 novembre prossimo, data in cui è stata convocata a Palazzo dei Maresciall­i. Al Csm sono arrivate anche le relazioni chieste, tramite il presidente del Tribunale, dei colleghi di Anna Scognamigl­io. Intanto la Consulta si è pronunciat­a sulla legge Severino: «La permanenza in carica di chi sia stato condannato anche in via non definitiva per determinat­i reati che offendono la pubblica amministra­zione può comunque incidere sugli interessi costituzio­nali».

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