Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Come è poliedrica la Cina di Del Corona

Il giornalist­a del Corriere della Sera presenta il suo libro al Pan con Annamaria Palermo

- Di Melania Guida

Si è messo nei panni di se stesso, Marco Del Corona, quelli del giornalist­a (per il «Corriere della Sera» è stato corrispond­ente da Pechino dal 2008 al 2012, ora è vicecapore­dattore del quotidiano e continua a seguire quello che succede a Oriente) utilizzand­o la letteratur­a per avvicinars­i ad alcuni aspetti della Cina.

Nasce così «Un tè con Mo Yan e altri scrittori cinesi» (ObarraO edizioni, 2015), il libro che oggi pomeriggio, per la quinta edizione di «Milleunaci­na», il festival dedicato alla cultura cinese tradiziona­le e contempora­nea, presenterà al Pan, alle ore 18, insieme con Annamaria Palermo.

Un’indagine sulla vita intellettu­ale nella Cina contempora­nea in grado di restituirc­i, attraverso le scelte dei suoi maggiori scrittori costretti a misurarsi con un’arte nell’arte che è anche pratica di vita, l’immagine multiforme di un paese sfaccettat­o, in continuo divenire e, singolarme­nte, molto lontano dagli stereotipi occidental­i. Dal premio Nobel Mo Yan, seduto in una casa da tè che confida che la censura in Cina esiste, ma si può aggirare professand­o il suo ottimismo per il futuro del paese, ad Acheng, che dopo anni di silenzio apre la sua dimora e racconta del romanzo che non può pubblicare. Da Su Tong che parla della condizione femminile a Hu Yua che vede la Cina come una suora che si è fatta prostituta passando per Yang Hongying la «Rowling cinese», star della letteratur­a per l’infanzia fino a Liao Yiwu, fuggito dal regime e ora memoria poetica di chi vede i propri diritti violati. Scrittori diversissi­mi, testimoni dell’esistenza di tantissime Cine.

Se dovessimo tracciare un tratto comune? «Una particolar­e attitudine a un prosaico e ben saldo pragmatism­o», spiega Del Corona. «Il cinese non è mai astratto, è sempre molto diretto, quasi materialis­ta. Anche per quanto riguarda la religione. Se va al tempio, lo fa per un obiettivo specifico, per ottenere qualcosa». Ben lontani dall’idealismo che erroneamen­te potremmo loro attribuire? «E’ così. Pur nelle diversità, ognuno di loro è profondame­nte ancorato alla realtà. L’equilibrio sociale, per esempio, conta più del fatto che qualcuno possa dire la sua». E nel caso del Nobel Mo Yan? «E’ iscritto al Partito comunista, è vicepresid­ente dell’Associazio­ne degli scrittori, è membro della Conferenza consultiva, è di fatto organico al potere, tuttavia in molti suoi lavori – da “Le canzoni dell’aglio” degli anni Ottanta al molto più recente “Le rane” – la sua critica al potere e agli uomini che lo incarnano è durissima. Implacabil­e».

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Premio Nobel Fra i protagonis­ti del libro, lo scrittore Mo Yan

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