Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LE EMERGENZE MAI RISOLTE DELLA SANITÀ
Forse qualcuno ricorda che quattordici anni fa il ministro Sirchia, appena nominato responsabile della Sanità del governo di centrodestra presieduto da Berlusconi, lanciò una campagna per la riduzione delle liste d’attesa. Sirchia venne più volte a Napoli e «bacchettò» in particolar modo l’istituto oncologico Pascale assicurando che avrebbe allestito un nuovo sistema informatico (nazionale) e promettendo che entro il 2003 le liste d’attesa sarebbero state portate alla normalità anche in Campania. Regione che a quel tempo era gestita dal centrosinistra guidato da Bassolino. Ma i fatti raccontati ieri da Angelo Agrippa sul Corriere del Mezzogiorno dimostrano che non solo le liste d’attesa sono tuttora fuori controllo, ma che negli anni a nulla è servito il doppio passaggio di consegne tra centrodestra e centrosinistra, che prima si sono scambiati i ruoli alla Regione e al Governo e infine si sono alleati, almeno a Roma. Anche il problema che sta emergendo con la riduzione degli straordinari dei medici, di cui scrive oggi Raffaele Nespoli, ha origini lontane nel tempo. La direttiva europea che fissava standard comuni che disciplinano l’orario di lavoro risale addirittura al 1993 e nel 2003 ne è stata emanata un’altra che è una sorta di testo unico in materia. Ma l’Italia solo adesso, con il consueto enorme ritardo, s’è decisa a uniformarsi. E subito è squillato il campanello d’allarme soprattutto nelle regioni in piano di rientro. Tra le quali c’è, neanche a dirlo, la Campania.
Anche in questo caso vale il ragionamento sui cambiamenti di gestione, cioè sulla fallimentare alternanza tra centrodestra e centrosinistra che in vent’anni non si sono minimamente preoccupati di fare qualcosa prima che il problema si presen- tasse in forma di emergenza. Del resto da noi le emergenze in ambito sanitario sono un’abitudine. Infatti è in corso un terzo fenomeno che si ripresenta ogni anno di questi tempi: i soldi sono finiti e il Servizio sanitario regionale ha sospeso i pagamenti a laboratori e centri convenzionati. Quindi chi ha bisogno di una radiografia, un’ecografia, un’analisi del sangue o se la paga di tasca propria, oppure ha due possibilità (che sanno entrambe di escamotage). Può cercare di farsela fare in ospedale, se ci riesce. Oppure, in ultima analisi, può andare fuori regione. E pure i viaggi dei malati che vanno a curarsi in altre regioni non costituiscono certo un fenomeno nuovo. Nel 2014 i campani «emigrati» per curarsi sono stati 89 mila e sono costati quasi 120 milioni di euro. Nello storico scenario di fallimento bipartisan della sanità campana, i «viaggi» hanno costituito il «nemico numero uno» degli assessori regionali alla Sanità di ogni parte politica. Ma almeno questo problema è risolto: da sei anni non c’è più un assessore.