Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Io, in servizio al 118, lavoro 24 ore di seguito Adesso ho paura di commettere errori fatali»
Emilio Cavuoto è impegnato da tredici anni sulle ambulanze del Capilupi di Capri
NAPOLI In servizio per 24 ore: dalle 8 del mattino alle 8 del mattino del giorno seguente. E non è un’ eccezione o una prassi straordinaria, è la regola. Bisogna« coprire le guardie, garantire l’ assistenza »; anche se gli organici sono sottodimensionati, la sanità non può fermarsi. A raccontare la propria esperienza, parlare di turni massacranti e vere e proprie maratone lavorative è Emilio Cavuoto, referente aziendale della Cimo e dirigente medico del 118
Asl Napoli 1, in servizio a Capri.
«Da noi – dice – l’organizzazione
dei turni è sulle 24 ore. Questa regola vale anche per gli ospedalieri, quindi per i medici che stanno nei reparti».
Da quanto va avanti così?
«Per me dal 1 luglio del 2002. Ero più giovane e più forte, ma anche allora mi pesava dover sostenere turni così lunghi».
Quanti anni ha?
«Ne ho 53, sono in linea con l’età media dei medici del 118».
Con questi orari non ha paura di commettere qualche errore?
«Certo, ci penso spesso. Il nostro è un lavoro nel quale poter contare sulla lucidità è importan
te. Se a sbagliare è un impiegato si
potrà sempre rimediare in qual
che modo, se sbaglia un medico
un essere umano può rimetterci la vita».
Come si fa a resistere in servizio per 24 ore?
«Il nostro lavoro si fa su chiamata; siamo di base al Capilupi, sempre pronti a scattare in caso di emergenza. È stancante fisicamente e mentalmente, a me è anche capitato di farmi male durante il lavoro». Per colpa della stan
chezza?
«Ero stanco, ma non potrei dimostrarlo e comunque sarebbe potuto capitare a chiunque, sono caduto scendendo dall’ambulanza».
Era a fine turno?
«Beh sì, dopo poco avrei terminato il mio orario di lavoro».
Capri però è un’isola tranquilla.
«Incidenti ne capitano tutti i gi orni , e d’e st a te è un del ir i o. L’isola si riempie di turisti, è un continuo muoversi da una parte all’altra. A volte le chiamate sono addirittura contemporanee e c’è da mettere in conto la possibilità di essere accolti in malo modo perché magari non siamo riusciti ad arrivare abbastanza in fretta».
Come incide tutto questo sulla vita familiare?
«I miei figli e mia moglie hanno dovuto abituarsi. Sanno che devo lavorare e che non ci sono alternative. Però mi pesa. Saluto i miei ragazzi la domenica sera, andiamo a dormire, poi li rivedo il martedì pomeriggio, quando tornano da scuola. È dura anche con mia moglie, ma lei è molto comprensiva, anche per quel che riguarda il mio impegno nel sociale».
In che senso?
«Nel tempo libero, anche se ne ho poco, sto realizzando un progetto che mira a istituire sull’isola una serie di postazioni con defibrillatori automatici pubblici. Un progetto nel quale ho voluto coinvolgere le scuole e le associazioni di volontariato di Capri».
Anche le donne sono chiamate a questi turni?
«Certo, ci sono colleghe che fanno i miei stessi orari. Onestamente non so come facciano a mandare avanti una famiglia».
Ora però la situazione dovrà cambiare, no?
«Sì, ma non so come. Se facciamo i turni che facciamo è solo perché diversamente si potrebbe fermare il servizio».
Se potesse tornare indietro, rifarebbe le stesse scelte?
«Le rifarei tutte, io sono un medico».