Corriere del Mezzogiorno (Campania)

All’ottantatre­esimo la curva canta il coro che unisce il popolo

- Di Maurizio de Giovanni

C’ è un momento, quando il Napoli gioca in casa, che probabilme­nte più di ogni altro racconta della storia recente di questa squadra. Il momento corrispond­e, con precisione quasi assoluta, allo scoccare dell’ ottanta tre esimo minuto. Dalla curva, e poi per l’intero stadio, in quel momento parte il coro al quale si unisce l’intero popolo azzurro; un coro che scavalca il bordo del televisore ed entra nei salotti di mezzo mondo, chiamando a raccolta i cuori e i sorrisi di chiunque tifi Napoli. Quel coro, una breve, divertente canzoncina che forse non ha senso e che comunque non appartiene certo alla pur vasta storia musicale della città, è la colonna sonora di questa stagione sportiva.

Una stagione che per molti versi promette o minaccia di restituire al tifo azzurro una dignità europea che pareva impossibil­e ricostruir­e sulle macerie psicologic­he lasciate dalla precedente gestione tecnica. Quando parte quel coro, normalment­e, la pratica in corso è stata archiviata. Gli avversari son ostati schiantati ed è il momento di sorridere e godersi la gioia di un’altra vittoria. Quel coro è un ringraziam­ento, un saluto, un abbraccio. Con quel coro il popolo chiama a sé la squadra, le dà un appuntamen­to a quando di lì a poco l’arbitro fischierà per tre volte e si potrà festeggiar­e insieme. Quel coro significa: siamo qui, attorno a voi. Non può succedere più nulla di brutto, perché siamo una cosa sola. La faccenda è ben lungi dall’essere risolta, lo sappiamo bene. La parte più difficile e pericolosa dell’anno calcistico, il combinato disposto di una coppa europea da onorare e di un campionato pieno di insidie non prevede distrazion­i e tantomeno anticipati trionfalis­mi. La classifica si va un po’ sgranando, è vero, e qualche concorrent­e sembra mostrare evidenti cedimenti. L’Inter del nervoso Mancini, per esempio, ha cessato il lungo rapporto con le vittorie di misura e ha perso terreno; la Roma di Spalletti assomiglia troppo a quella di Garcia per far immaginare clamorose rimonte; e la Fiorentina di Sousa dipende troppo dall’estro di un paio di insostitui­bili elementi per costituire una preoccupaz­ione seria. Ma i soliti grandi avversari, gli immortali bianconeri dall’ indistrutt­ibile roccaforte, non accennano a perdere battute. Hanno campioni in grado di risolvere il match da soli e in ogni momento, e dalla loro hanno anche l’occhio favorevole di un sistema di cui sono da sempre la più diretta emanazione. Ma il Napoli è bellissimo. Questo è un aspetto di cui si deve obbligator­iamente tener conto. Un’orchestra sinfonica impreziosi­ta da un paio di splendidi solisti, una coreografi­a che è meraviglio­so veder danzare, mai più di due tocchi, mai meno di tre compagni pronti ad accogliere la palla. Bellissimo nella forma e bellissimo nella sostanza, con la caterva di occasioni messe in piedi e i moltissimi gol che ne costituisc­ono la concretizz­azione. Bellissimo, da incantare chiunque ami il calcio, da affrontare ogni ostacolo con divertimen­to e rispetto ma senza paura. Questa squadra andrà a Torino, e ci andrà a testa alta. Sarà la stessa che ha schiantato il buon Empoli di Giampaolo e la disperata Sampdoria. Ci andrà con la consapevol­ezza di non essere la favorita, ma ci andrà con la mente e il cuore pieni di quel coro che parte all’ ottanta tre esimo. Quel coro forte e dolcissimo, fatto dell’amore di un popolo per il suo Napoli. Bellissimo.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy