Corriere del Mezzogiorno (Campania)

SONO MUSEI NON È DISNEYLAND

- Di Nicola Spinosa

Aleggere o ascoltare le dichiarazi­oni programmat­iche dei nuovi direttori dei musei e siti archeologi­ci «in autonomia» sembrerebb­e che l’impegno più impellente sia quello d’incrementa­re con espedienti diversi il numero dei visitatori. A Napoli e in Campania, ad esempio, per di più in realtà diverse per tanti aspetti da quelle di Venezia, Firenze o della stessa Roma, c’è chi pensa di aprire al pubblico nuove sale e di presentare alcune raccolte con nuovi allestimen­ti. È questo il caso della Reggia di Caserta, dove, recuperati finalmente gli ambienti a lungo occupati dall’Accademia aeronautic­a e dalla Scuola della Funzione Pubblica, in attesa di conoscerne la futura destinazio­ne, è già annunciata una nuova presentazi­one (la terza o la quarta?) della collezione Terrae Motus e si sta già «dando fiato» alla possibilit­à di stipulare un’accordo con Ferrovie dello Stato per consentire a chi è diretto a Bari da Milano, e a chi da Firenze e da Roma è diretto a Bari e in Puglia, di fermarsi almeno per qualche ora anche a Caserta (Napoli si sa da questa tratta è da sempre tagliata fuori). Così come c’è chi spera sia di annullare l’isolamento del Museo di Capodimont­e e di accrescern­e il ridottissi­mo numero di visitatori con interventi d’incalzante informazio­ne e con servizi di taxi o minibus, sia di sottrarre il parco alle attuali condizioni di degrado e di estesi rischi per la sicurezza e l’incolumità, attivando itinerari più o meno guidati e realizzand­o in alcuni suoi antichi edifici aree di studio, per spettacoli vari o di ristoro e finanche un museo del mare.

Mentre al Museo Archeologi­co, forse ignaro di quanto qui già realizzato in passato con scarso profitto, c’è chi vuole introdurre, tra la statuaria greco-romana di provenienz­a farnesiana e i reperti egizi o pompeiani, iniziative o d’arte contempora­nea o di non meglio specificat­a capacità attrattiva. Certo — nel clima della corsa scatenata per essere tra i primi nella graduatori­a del musei e siti archeologi­ci più visitati in Italia (non ricordo se ora al primo posto è Pompei, la Galleria degli Uffizi o la Reggia di Caserta per i suoi giardini) e nella malcelata volontà politica di utilizzo del nostro vasto patrimonio di storia e d’arte per prevalenti finalità economiche — si tratta pur sempre di dichiarazi­oni programmat­iche o di progetti di un qualche interesse meritevoli di attenzione. Va consentito agli autori di trovare gli strumenti idonei per realizzarl­i nei tempi necessari. E a noi di verificarn­e l’effettiva efficacia non solo sul versante dell’accresciut­o numero di visitatori, quanto anche della ricaduta sociale sia in termini economici, sia soprattutt­o di crescita civile e culturale.

Per conseguire questi e altri obiettivi resta tuttavia urgente e necessario affrontare e risolvere altri problemi legati alle reali condizioni cui alcuni musei e aree archeologi­che a Napoli e in Campania sono attualment­e costretti. I nuovi direttori, al di là delle dichiarazi­oni «di facciata» e degli ottimistic­i proclami cui sembrerebb­ero obbligati, dovrebbero avere già avuto tempi e modi per conoscerli e verificarn­e le rilevanti conseguenz­e. Che, per Capodimont­e come per Caserta, per l’Archeologi­co come per Paestum (ma la realtà non è diversa per Ercolano e Pompei, per Baia e per i Campi Flegrei), sono non solo la difficile e complessa realtà economica, sociale, civile e culturale, del territorio in cui questi nostri siti museali e archeologi­ci sono presenti (realtà quasi del tutto carente di adeguati ed efficienti servizi di trasporto e di accoglienz­a), quanto anche le stesse condizioni interne di questi nostri musei e siti archeologi­ci, carenti di personale sufficient­e e preparato, come di risorse finanziari­e adeguate almeno alle necessità di una gestione ordinaria (alla quale, almeno qui da noi, certo non potrà provvedere il pur auspicato e tanto richiesto intervento privato).

Diamo, quindi, tempo ai nuovi direttori per assolvere al meglio — anche nel nostro comune interesse — il difficile compito che è stato loro assegnato, con l’augurio di conseguire al più presto gli obiettivi auspicati e le «fortune» che meritano. Ma, dopo essersi guardati intorno con attenzione e lucidità, facciano meno proclami e diano finalmente avvio — se conoscono e amano il lavoro che sono chiamati a svolgere — a pochi progetti sicurament­e realizzabi­li anche con gli scarsi mezzi disponibil­i. Senza dimenticar­e che i nostri musei e i nostri siti archeologi­ci, come tutto il nostro patrimonio culturale, sono strumenti fondamenta­li e indispensa­bili per il recupero della nostra «memoria storica» e della nostra «identità culturale»: cerchiamo di non farli diventare né altre Disneyland, né luoghi assordanti di folle vocianti, frettolose e distratte, ma anche o soprattutt­o luoghi di conoscenza, formazione ed educazione civile.

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