Corriere del Mezzogiorno (Campania)
SONO MUSEI NON È DISNEYLAND
Aleggere o ascoltare le dichiarazioni programmatiche dei nuovi direttori dei musei e siti archeologici «in autonomia» sembrerebbe che l’impegno più impellente sia quello d’incrementare con espedienti diversi il numero dei visitatori. A Napoli e in Campania, ad esempio, per di più in realtà diverse per tanti aspetti da quelle di Venezia, Firenze o della stessa Roma, c’è chi pensa di aprire al pubblico nuove sale e di presentare alcune raccolte con nuovi allestimenti. È questo il caso della Reggia di Caserta, dove, recuperati finalmente gli ambienti a lungo occupati dall’Accademia aeronautica e dalla Scuola della Funzione Pubblica, in attesa di conoscerne la futura destinazione, è già annunciata una nuova presentazione (la terza o la quarta?) della collezione Terrae Motus e si sta già «dando fiato» alla possibilità di stipulare un’accordo con Ferrovie dello Stato per consentire a chi è diretto a Bari da Milano, e a chi da Firenze e da Roma è diretto a Bari e in Puglia, di fermarsi almeno per qualche ora anche a Caserta (Napoli si sa da questa tratta è da sempre tagliata fuori). Così come c’è chi spera sia di annullare l’isolamento del Museo di Capodimonte e di accrescerne il ridottissimo numero di visitatori con interventi d’incalzante informazione e con servizi di taxi o minibus, sia di sottrarre il parco alle attuali condizioni di degrado e di estesi rischi per la sicurezza e l’incolumità, attivando itinerari più o meno guidati e realizzando in alcuni suoi antichi edifici aree di studio, per spettacoli vari o di ristoro e finanche un museo del mare.
Mentre al Museo Archeologico, forse ignaro di quanto qui già realizzato in passato con scarso profitto, c’è chi vuole introdurre, tra la statuaria greco-romana di provenienza farnesiana e i reperti egizi o pompeiani, iniziative o d’arte contemporanea o di non meglio specificata capacità attrattiva. Certo — nel clima della corsa scatenata per essere tra i primi nella graduatoria del musei e siti archeologici più visitati in Italia (non ricordo se ora al primo posto è Pompei, la Galleria degli Uffizi o la Reggia di Caserta per i suoi giardini) e nella malcelata volontà politica di utilizzo del nostro vasto patrimonio di storia e d’arte per prevalenti finalità economiche — si tratta pur sempre di dichiarazioni programmatiche o di progetti di un qualche interesse meritevoli di attenzione. Va consentito agli autori di trovare gli strumenti idonei per realizzarli nei tempi necessari. E a noi di verificarne l’effettiva efficacia non solo sul versante dell’accresciuto numero di visitatori, quanto anche della ricaduta sociale sia in termini economici, sia soprattutto di crescita civile e culturale.
Per conseguire questi e altri obiettivi resta tuttavia urgente e necessario affrontare e risolvere altri problemi legati alle reali condizioni cui alcuni musei e aree archeologiche a Napoli e in Campania sono attualmente costretti. I nuovi direttori, al di là delle dichiarazioni «di facciata» e degli ottimistici proclami cui sembrerebbero obbligati, dovrebbero avere già avuto tempi e modi per conoscerli e verificarne le rilevanti conseguenze. Che, per Capodimonte come per Caserta, per l’Archeologico come per Paestum (ma la realtà non è diversa per Ercolano e Pompei, per Baia e per i Campi Flegrei), sono non solo la difficile e complessa realtà economica, sociale, civile e culturale, del territorio in cui questi nostri siti museali e archeologici sono presenti (realtà quasi del tutto carente di adeguati ed efficienti servizi di trasporto e di accoglienza), quanto anche le stesse condizioni interne di questi nostri musei e siti archeologici, carenti di personale sufficiente e preparato, come di risorse finanziarie adeguate almeno alle necessità di una gestione ordinaria (alla quale, almeno qui da noi, certo non potrà provvedere il pur auspicato e tanto richiesto intervento privato).
Diamo, quindi, tempo ai nuovi direttori per assolvere al meglio — anche nel nostro comune interesse — il difficile compito che è stato loro assegnato, con l’augurio di conseguire al più presto gli obiettivi auspicati e le «fortune» che meritano. Ma, dopo essersi guardati intorno con attenzione e lucidità, facciano meno proclami e diano finalmente avvio — se conoscono e amano il lavoro che sono chiamati a svolgere — a pochi progetti sicuramente realizzabili anche con gli scarsi mezzi disponibili. Senza dimenticare che i nostri musei e i nostri siti archeologici, come tutto il nostro patrimonio culturale, sono strumenti fondamentali e indispensabili per il recupero della nostra «memoria storica» e della nostra «identità culturale»: cerchiamo di non farli diventare né altre Disneyland, né luoghi assordanti di folle vocianti, frettolose e distratte, ma anche o soprattutto luoghi di conoscenza, formazione ed educazione civile.