Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Augusteo, i record dei Caccavale

È stata la sala italiana con più abbonati. Qui l’ultima scena di Luca

- di Natascia Festa

A lbachiara

Caccavale, classe 1941, entrò per la prima volta all’Augusteo da bambina per vedere un film western. «Il tetto s’aprì e fece entrare il cielo». Nel 1987 fu lei a proporre al marito Francesco, scomparso appena cinque mesi fa, l’acquisto della sala chiusa. «Entrammo ed era irriconosc­ibile, una controsoff­ittatura copriva la volta...». Lady Augusteo restituisc­e memorie e record. E dice: «A teatro non c’è lutto».

«Questi cioccolati­ni me li ha portati Fiorello. Sono al pistacchio. Prenda prenda». Albachiara Ammendola in Caccavale - «mi raccomando, il nome tutto attaccato» dice - è incollata alla sua scrivania al secondo piano dell’Augusteo già da molte ore. Non si alza nemmeno per pranzo. Unica deroga il parrucchie­re «ma gli metto fretta perché tengo da fare». Dietro un vetro, lo studio di suo marito Francesco scomparso appena cinque mesi fa, è esattament­e come lo aveva lasciato. La collezione di elefantini, un modellino Ferrari come ferma oggetti e Stanlio e Ollio con la scritta Take it easy. Più in là, in una stanza tutta locandine, è al lavoro Enzo Acampora, storico collaborat­ore del patron cui il sindaco Luigi de Magistris ha deciso di intitolare la piazza antistante il teatro. «Certo che sarei contenta - dice questa impresaria nata nel 1941 proprio lì dietro, a vico d’Afflitto - ma ci vuole una deroga perché dovrebbero essere passati dieci anni dalla morte. La verità è che senza nulla togliere al Duca d’Aosta cui è intitolato il largo, per i napoletani questa è già piazza Augusteo. E così si chiama pure la fermata della funicolare». La storia del teatro è infatti consustanz­iale a quella di questo impianto costruito tra il 1926 e il 1929 per collegare Vomero e via Toledo. Si trattò di un’opera imponente. Per ricavare spazio fu necessario abbattere un’ala del seicentesc­o Palazzo Berio che, guarda caso, nel rimaneggia­mento del ‘700 firmato da Vanvitelli, fu dotato di un teatro di 1600 posti, quasi quanti ne ha oggi l’Augusteo (1460).

«Fui io a suggerire a mio marito l’acquisto di questa sala» racconta. «Francesco era figlio di un imprendito­re che a un certo punto iniziò a gestire teatri. Comprò l’Orfeo e il cinema Alhambra e coinvolse nell’impresa anche lui. All’epoca ero operatrice meccanogra­fica delle Imposte dirette, ma già a 21 anni, dopo il fidanzamen­to, lo affiancai nell’attività. Negli anni ‘60 rilevammo i cinema Adele e Pierrot a Ponticelli e il Corallo a Torre del Greco. Fu qui che iniziammo a proporre teatro con Pupella Maggio, i Giuffrè e le sceneggiat­e di Mario Merola e Gloriana. Il successo fu strepitoso. I 1200 posti erano sempre occupati. Chissà perché avevamo un pubblico molto nutrito di gay e poi c’erano intere famiglie con bambini e porta enfant, pannolini e corpose merende nelle borse. Rilevammo anche l’Oriente e quando i proprietar­i del Corallo non vollero concederce­lo più, spostammo il cartellone in quella sala piccola, con appena 360 posti. Curai un cineclub con film d’autore che nessuno voleva proiettare. E pure questo fu un successo».

Nel 1968 le nozze e l’ annodopola nascita di Giuseppe, il criminolog­o che con modalità alternata si occupa di delitti e grandi show, affiancand­o sempre di più la madre nella direzione. «In seguito rilevammo i cinema Royal in piazza Carità e, in società con i Mirra, Bernini, Arcobaleno, Avion e Ariston. Con altri undici impresari creammo un consorzio. Quando nel 1987 si disse che un personaggi­o di grande rilievo voleva acquistare l’Augusteo (chiuso dall’’80, dopo l’infelice stagione film a luci rosse ndr) per farci un supermerca­to, mi venne un’idea». Quale? «Consultai la Treccani alla voce Augusteo e scoprì nell’ordine che: era stata la prima opera in cemento armato di Pier Luigi Nervi; negli anni ‘30 aveva ospitato i grandi della musica, da Tito Schipa a Beniamino Gigli, la prosa con Sergio Tofano e Elsa Merlini e le riviste di Totò. Mi tornarono in mente i ricordi di bambina, quando mio padre mi portava in quella platea a vedere film western e, d’estate, sulle nostre teste s’apriva la volta per far entrare il cielo. Insomma decisi che quella sala doveva essere nostra. Ma i soci del consorzio si tirarono indietro. Non ci restava che operare in proprio. Una domenica, stavo facendo il ragù quando mio marito mi disse: spegni i fuochi e andiamo a vederlo. Io me lo ricordavo da sempre, da quando era stato rifugio nella seconda guerra mondiale, quasi non volevo andarci, ma lo seguii. E fu uno spettacolo: una contro- soffittatu­ra copriva la volta. Salimmo al secondo piano e c’era una sorta di foyer con i palchi murati da mattoni di tufo. Ne scostammo uno e con una pila scorgemmo la volta sorretta da tubi. Uno finiva in bocca al mascherone della commedia che ne sembrava trafitta a morte. Riconobbi il tetto e trovammo anche la manovella. S’aprì come fosse nuovo. Il giorno dopo andammo al Banco di Napoli e convincemm­o il direttore Ventriglia a investire cento milioni. Francesco chiamò Garinei che venne e fu entusiasta. Aprimmo nel 1992 già con 3900 abbonati. Nel te mposiamo arrivati a 11900 diventando i primi d’ Italia. Il boom arrivò con Arbore. La filas’ allungava fin da Pinta uro edera presidiata dalla polizia. A stento riuscii a raggiunger­e il mio ufficio dove mi portavano cassetti pieni soldi: passai un giorno intero a contare. Poi vennero in tanti: Brachetti e quel principe di Baglioni che cantò per i ragazzi di Nisida. Per devolvere fino all’ultima lira non volle nemmeno l’albergo. Mattone con Scugnizzi e poi Luca (De Filippo ndr). Il suo ultimo applauso lo ha raccolto qui. Quella sera era uscito in proscenio per ricordare Francesco. Sento spesso sua moglie Carolina che ora è sola...».

Si può dire anche di lei. «No. A teatro non c’è lutto. Con me lavorano mio figlio Giuseppe e sua moglie Roberta, poi ci sono i piccoli Caccavale: Claudia 14 anni e Francesco jr 16. Gestiamo i cinema Metropolit­an, Pierrot, Caivano Arte, Paradiso di Anacapri e da poco anche il Politeama. Ho molti progetti. Il Mibact ci ha tolto quei 50mila euro che ricevevamo? Pazienza. I produttori non ci concedono Martone e Servillo perché abbiamo la fama di quelli che fanno cassetta e ci snobbano? Pazienza. I teatri li tengono aperti i biglietti e noi per fortuna li vendiamo».

Un filo di rossetto, una sigaretta e torna a lavoro. Sul comodi no, a notte fo nda, l’a s pett a Gadda: «Prima ti pare di odiarlo tanto è complicato, ma se inizi ad amarlo non lo lasci più».

3- continua

 ??  ?? Albachiara e Giuseppe Caccavale
Albachiara e Giuseppe Caccavale
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 ??  ?? In famiglia Qui sopra, una foto giovanile di Alba e Francesco Caccavale In alto, da sinistra, Alba in sala e con Luca De Filippo (alla cui destra, c’è il figlio dei Caccavale, Giuseppe)
In famiglia Qui sopra, una foto giovanile di Alba e Francesco Caccavale In alto, da sinistra, Alba in sala e con Luca De Filippo (alla cui destra, c’è il figlio dei Caccavale, Giuseppe)
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