Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Scampia, sfila in piazza il Carnevale condiviso
Aderiscono sempre più associazioni
Mancano pochi giorni alla sfilata, e al primo piano del Gridas l’attività è frenetica. Da trentaquattro anni a Scampia viene organizzato il Carnevale condiviso, nel senso che coinvolge tutti. E si registrano ogni anno nuove adesioni.
Mancano pochi giorni alla sfilata, e al primo piano del Gridas l’attività è frenetica. Una ragazza inglese prova a spiegarsi in un italiano incerto. Ha un fidanzato napoletano, ha letto qualcosa su internet ed è venuta a fare un giro. Dopo pochi secondi le hanno messo un grembiule e un pennello in mano. Il carro di Carnevale di quest’anno sarà un enorme mondo-cervello, in cui i confini, i conflitti, le migrazioni forzate e l’intolleranza lasceranno il posto a un mega continente fatto di inclusione e uguaglianza. Come al solito, alla fine della sfilata( domenica 7 a partire dalle 10.30) il brutto e vecchio verrà bruciato per lasciare spazio al bello e nuovo, non ai sogni ma ai desideri, alle rivendicazioni di chi a quel carro a dato vita. Bambini, giovani e meno giovani. Studenti, alunni, maestre, artisti, lavoratori, operatori sociali, militanti.
A Scampia il Carnevale di base va in scena da trentaquattro anni. La lista delle associazioni e delle scuole, dei gruppi e dei collettivi che vi partecipano è ogni anno più lunga. Ma tutto è iniziato nel 1983, quando Felice Pignataro e sua moglie Mirella decisero di portare le maschere in strada.
Mirella è davanti al tavolo. Accanto a lei due signore arriva teda Mi ano a chiedere consigli per il loro primo Carnevale« auto costruito ». Mirella prova a spiegargli qualcosa, a parlargli di colla e cartapesta, delle stoffe raccattate in giro. Cose che impareranno col tempo. «Al primo carnevale non bisogna aver paura di essere pochi. Col tempo le cose germogliano, si crea l’abitudine. Quando abbiamo cominciato, uscire per strada con le maschere e il carro era pure sottoporti allo sfottò. Solo dopo subentra il contagio dell’entusiasmo e tutto è più facile».
Quando hanno messo in piedi il carnevale, Felice e Mirella erano arrivati a Scampia da diversi anni. Avevano seguito i ragazzini delle baracche di Poggio reale acui facevano scuola, e poi dato vita al Gridas, nei mesi dopo il terremoto. Le attività del centro gravi- tavano attorno ai disegni di Pignataro, ma in generale a un fermento che aveva avvicinato alla struttura «persone decise a far cose», in un quartiere in cui non c’era nulla. «Rispetto al lavoro fatto con la scuola volevamo spostare l’obiettivo. I piccoli crescevano con adulti che concepivano le loro vicende come una disgrazia, senza il tempo di interrogarsi sulle responsabilità, su dove andare a bussare per ottenere non la grazia, mail diritto. E così decidemmo di promuovere un «gruppo di risveglio dal sonno», riprendendo la famosa frase del Goya». Il Gridas, appunto.
«Il murale di Felice fu il modo per farci conoscere e lanciare messaggi. Lavoravamo con le scuole, ma il rapporto, soprattutto agli inizi, era molto difficile, perché gli interventi di Felice, il suo modo di dialogare con i bambini, erano visti come una invasione di campo. Non è un caso che il primo Car- nevale nacque come reazione a quello che vedemmo a scuola: una festa che era solo la gara alla mascherina più bella, una cosa che metteva i bambini uno contro l’altro, creava invidie, gelosie, contentava uno per scontentare gli altri». Da lì nasce un percorso che non si è più interrotto, e che comincia ogni anno mesi prima, con la decisione del «tema». Poi si passa alla costruzione del carro, che coinvolge grandi e bambini per un paio di mesi, durante i quali si disegna, dipinge, martella, taglia, cuce. Insieme. «Avevamo capito le potenzialità del Carnevale, nel suo senso originario: il popolo, la piazza, lo sberleffo al potere, mascherarsi per poter smascherare. Il carnevale ti permette un sacco di cose. Il ribaltamento, che presuppone l’analisi di ciò che hai attorno: se non lo conosci non puoi ribaltare niente. A questo punto elabori un progetto, ma nel farlo capisci che sono indi- spensabili dei compagni di strada. Nei murales di Felice, tra le cose cattive, i simboli brutti messi all’inizio, e quello che c’era alla fine, che era il risultato di un percorso di immaginazione, c’erano sempre persone che si tenevano per mano. L’altro messaggio è quello del fare. Fare con quello che ho davanti, senza aspettare che mi calino qualcosa dal cielo, dal comune o dal governo. Fare con i miei – anche pochi – mezzi, organizzarmi per capire quello che mi serve, e fare. Questo messaggio ha creato un effetto domino: nel quartiere, dove i gruppi che intanto nascevano hanno cominciato a parteciparvi; e in città, dove i carnevali nati con questa filosofia non si contano ormai».
I Carnevali di base, quest’anno, a Napoli, sono undici. Undici sfilate in strada, autorganizzate; undici carri costruiti mettendo insieme roba vecchia e inutilizzata, colla e giornali, sostegni in legno o in me- tallo recuperati in giro per la città e montati con pazienza e quel po’ di esperienza accumulata negli anni; undici idee sviluppate attorno a un «tema», dai ragazzini e da operatori armati di buona volontà. Bambini e adolescenti che si lasciano coinvolgere attorno a un’idea che li vede protagonisti. Un’idea che costruisce una ritualità, valida ai loro occhi perché messa in piedi da loro stessi e da gruppetti di persone di cui si fidano, dal momento che con loro interagiscono, si confrontano e si scontrano per tutto l’anno. Questi bambini vengono da Soccavo e da Gianturco, da Bagnoli e dai Quartieri, da Materdei e Giugliano. Dalla Sanità, dove ogni anno, partendo da piazza Cavour, un corteo frequentatissimo di mamme e figli, maestre e alunni, napoletani e migranti, si snoda per ore rumoroso e colorato. O dal Rione Traiano, da dove muoverà l’ultimo gruppo aggiuntosi al rito: un centinaio di bambini che porteranno in giro una enorme fenice, costruita coni ragazzi dell’ associazione intitolata a Davide Bifolco, ucciso a sedici anni da un colpo di pistola sparato da un carabiniere. Ma le raffiche, questa volta – richiamando il tema del loro carnevale – saranno di coriandoli.