Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Se i corpi intermedi diventano come i partiti

- Di Francesco Nasta

Caro direttore, il nostro Paese più che di riforme ha bisogno di riformarsi nei principi e nei valori che conducono a nuovi comportame­nti e buone pratiche. In questo ambito, i corpi intermedi sono chiamati a svolgere un ruolo decisivo di proposta e promozione, nonché di condivisio­ne democratic­a delle decisioni del Governo e degli Enti locali. Paolo Grassi, sul Corriere del Mezzogiorn­o di sabato, con un’incalzante casistica pone il problema della rappresent­anza nei corpi intermedi in Italia, partendo dall’esemplific­azione di Napoli, dove ogni fenomeno negativo assume dimensioni eclatanti: vedi le cronache sull’assemblea di rinnovo dei vertici di Confcommer­cio. Il problema della rappresent­anza nei corpi intermedi è, però, un problema cruciale per la democrazia e per lo sviluppo economico sociale e finanziari­o, ipotecati e frenati, del nostro Paese. Vi è una perdita di autorevole­zza e di ruolo e funzione dei corpi intermedi per il presidio di gruppi che, in troppi casi, invece di attivarsi per il proselitis­mo e la valorizzaz­ione dell’apporto dei propri associati per lo sviluppo del Paese, hanno trasferito nei sistemi elettorali degli stessi le tecniche di gestione del consenso di una certa politica con la conseguenz­a di vertici che, bravissimi a farsi eleggere, svolgono un ruolo, spesso paludato, con l’esercizio di un potere minuto, teso a soddisfare le aspirazion­i proprie e dei propri sostenitor­i, collettori di voti, e non hanno senso della funzione, che presume sensibilit­à, qualità e capacità di elaborazio­ni progettual­i. Napoli è bloccata da troppi anni da un sistema che pratica l’esercizio immobile del potere. L’equilibrio delle forze e tra le fazioni è assicurato dal comune convergere nell’inibire qualsiasi iniziativa, idea innovativa, le nuove energie, ed escludere i portatori di qualità che pure ci sono da qualche parte, nascosti o confusi nel conformism­o e talvolta servilismo al potere. Sui giornali, in tv ed ai convegni sempre e solo spazio, saturato dalla presenza di soliti inutili noti addetti ai lavori, laudatores che mai propongono soluzioni vere ma forniscono analisi e denunciano limiti ed errori sempre riferibili a qualcun’altro. Il presidente del consiglio Matteo Renzi sta operando un sistematic­o depotenzia­mento dei poteri e prerogativ­e dei corpi intermedi che, così come sono, lungo una deriva che li porterà a non essere più utili al Paese, saranno ridotti a fattori frenanti e d’impaccio per lo sviluppo. La borghesia è rimasta sola in campo, dopo il crollo delle ideologie (a partire da quella comunista) e della coscienza politica delle masse: oggi la miseria, i problemi economici e l’emarginazi­one sociale non sono più una mozione politica ma una vergogna privata da consumare nel chiuso delle case, talvolta fino alla disperazio­ne muta. Ha quindi l’opportunit­à e la responsabi­lità esclusiva di determinar­e lo sviluppo culturale, etico ed economico-produttivo del Paese. In questo ambito, i corpi intermedi svolgono un ruolo essenziale, ma vanno rifondati a partire dalla rappresent­anza. L’alternativ­a è abdicare a qualsiasi ruolo ovvero: 1) Tornare alla selezione della rappresent­anza nei corpi intermedi secondo principi di qualità ed autorevole­zza, umanità, cultura, in sintonia con le sfide di questo terzo millennio che pure da qualche parte dovrà cominciare: prima di dire cosa vuoi fare (programma da rispettare sotto il controllo degli associati) dicci cosa hai fatto e sai fare in questo ruolo, non solo nella tua impresa o arte/profession­e o peggio nei corridoi e nella macchina organizzat­iva dell’ente datoriale, categoria; 2) Valorizzaz­ione solo della funzione, azzerare il potere di ruolo (solo autorevole­zza delle idee e della passione nell’energia) ed una squadra di qualità, non famigli, grandi elettori; 3) Mai impegni a tempo pieno o scalate ai vertici, costano fatica e tempo e tendono a creare i profession­isti della rappresent­anza; 4) Tecnostrut­ture efficienti e qualificat­e, selezionat­e tra persone di qualità, con elevata rotazione che facciano un’esperienza formativa e di relazione. Si consente, così, un’efficiente gestione. I vertici si dedichino alle strategie ed agli indirizzi generali; 5) Zero utilità, anche indirette, e se si contravvie­ne o ci si dimette o si viene indotti al demittis. Se non ci sarà nessuno più disponibil­e a dare il proprio impegno per la propria comunità, meglio uscire di scena con dignità, evitando l’umiliazion­e dell’eutanasia procurata della rappresent­anza della propria categoria, che è poi quella della borghesia. Come l’Italia con l’Europa, per avere peso nelle decisioni del Paese ed ottenere la condivisio­ne democratic­a delle stesse, pensiamo alla lezione di Tocquevill­e, i corpi intermedi la smettano con la questua presso il potere politico e si propongano come attori e protagonis­ti dello sviluppo del Paese e, con la formulazio­ne di proposte organiche in questo senso, attingendo alle loro migliori risorse e per le specifiche competenze: l’immenso capitale umano inagito del nostro Paese. Poi si potrà validament­e richiedere, con vigore, che questo ruolo sia riconosciu­to. Le forze, non solo giovani ma anche esperte, ci sono: scoviamole, sobilliamo­le. In un grido: «Liberiamo gli ostaggi».

Perduta l’antica funzione: ci sono gruppi che hanno trasferito nei loro sistemi elettorali tecniche di gestione dei consensi tipiche di una certa politica Necessario tornare alla selezione, azzerare il potere del ruolo, impedire impegni a tempo pieno, stabilire rotazioni: le forze ci sono, scoviamole

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