Corriere del Mezzogiorno (Campania)
PEPPE LANZETTA «ZIA TITINA E L’ISIS»
L’autore e attore torna in scena con un testo ironico e paradossale Il tema è il nuovo terrore, esorcizzato dalla semplicità di un’anziana «Vorrei raccontare la mia vita dismettendo i panni del cattivo»
Che direbbe una vecchia napoletana carica di quel buon senso tipico delle donne del popolo se dovese imbattersi improvvisamente in un terrorista, vero o presunto che sia? La risposta prova a darla Peppe Lanzetta, che con il suo reading «Zia Titina e l’Isis» sarà domani e sabato alle 21 alla Sala Ferrari del Vomero.
«L’ho presentato per la prima volta ad Atrani – spiega l’autore e attore che sabato festeggerà in scena i suoi 60 anni - in Costiera amalfitana e ci siamo divertiti molto sia io che il pubblico. Ho pensato quindi di proporlo anche a Napoli in uno spazio a me familiare come la piccola sala vomerese».
Come sintetizzerebbe il suo reading a un lettore interessato a vederla?
«Si tratta di una favola metropolitana che mischia zia Titina con la paura del nuovo terrore. Si parte infatti da un discount di via Gianturco e si arriva a improbabili trattative coni premier Hollande e Merk el, coinvolgendole intelligence dimezzo mondo, passando poi per Celi ne Di on, Gloriana, i migranti, Ttsipras, le frontiere chiuse, la squadra del Napoli e un misterioso pastore tedesco. Insomma tutto quanto è accaduto nella cronaca degli ultimi mesi».
Un po’ come sfogliare la mazzetta dei giornali usciti da dicembre in poi?
«La sensazione sarà un po’ quella, ovviamente con un carico di ironia paradossale, da
cui scaturisce la mia idea di scrittura, ovvero quale possono essere gli effetti devastanti della paura che si è generata negli ultimi tempi a qualsiasi livello e come questa paura possa essere combattuta proprio con la semplicità di una donna come zia Titina. Che alla fine scagiona il povero Giggino, confuso con un militante dello stato islamico solo perché scuro di carnagione e con la barba nera».
Dalla forma reading passerà a uno spettacolo vero e proprio?
«Vedremo, trasformarlo in un monologo significa impararlo bene a memoria e teatralizzarlo, cosa che fra breve farò con un altro testo mio che vorrei presentare entro l’estate».
Di che si tratta?
«E’ una sorta di racconto della mia vita, a partire dagli anni ’70, gli anni delle grandi manifestazioni politiche che io guardavo dalla cassa della banca in cui iniziai a lavorare prestissimo. Sarà anche un modo per dismettere i panni di boss che il cinema mi ha messo addosso dai tempi di “Teatro di guerra” di Martone fino all’ultimo 007. L’altro giorno, per esempio, sono stato a Poggioreale per girare alcune scene per la fiction su “I bastardi di Pizzofalcone” di Maurizio de Giovanni con Alessandro Gassmann, e le guardie carcerarie mi hanno fatto una festa incredibile, come se mi conoscessero da sempre».