Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Roberto De Candia: «John, uomo solo e puro»
Roberto De Candia, pugliese di Molfetta, è Falstaff, un ruolo unico e raro di protagonista buffo verdiano, generalmente affidato a cantanti maturi.
Qual è il suo rapporto, da giovane baritono, con il suo personaggio?
«Il mio rapporto con Falstaff risale al 1998, quando studiai il ruolo con il maestro Sesto Bruscantini, che volle che io imparassi quella parte prima che egli non fosse stato più in grado di insegnarlo. Un privilegio per me, un lascito impegnativo».
Dopo quasi due decenni, cosa le resta della lezione di Bruscantini nel suo modo di interpretare il «grassone» burlato?
«La mia visione non si è discostata molto da quella iniziale; il libretto di Boito ha già al suo interno tutta la musicalità necessaria a rendere un personaggio, che corrisponde a quello che desiderava Ronconi, completo di tutti i sentimenti e le emozioni possibili. Ho avuto l’onore di prendere parte alla produzione diretta Ronconi a Bari nella sua prima versione e lui stesso mi ha chiesto di portare in scena un personaggio vero, severo ma allo stesso tempo dolce e nostalgico, un vero nobile decaduto».
Un Falstaff vittima delle comari un po’ perfide, un perdente che fa tenerezza?
«Un uomo solo. Egli si accompagna a Bardolfo e Pistola solo per utilità. I due scagnozzi non gli sono affezionati, il trio sta insieme solo per una questione mutuamente utilitaristica».
Nel finale il maestro Ronconi assume un atteggiamento di tenera compassione per il vecchio sir John.
«Sì e credo che nel terzo atto questa messa in scena riservi il meglio. Vediamo un uomo deluso dal mondo e da se stesso, credulone per stanchezza e per avvilimento ma con un animo più puro di quello delle “comari” e dei loro partner».
Napoli, città di burle, di farse, più che adatta quindi al suo Falstaff?
«Chissà... Per me è quasi un debutto, visto che al San Carlo ho cantato una sola recita dell’«Elisir» con Pavarotti nel ‘97. Ricordi e nuove sfide si incrociano su questo palco ed è ancora più emozionante , la città è altro, è magia di finzioni».
Deluso dal mondo e da se stesso, credulone per stanchezza e per avvilimento