Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Plastica nera in cornici storiche, Canevari a Casamadre

- Stefano de Stefano

«Esporre qui a Casamadre, dove un tempo c‘era la galleria di Lucio Amelio, significa confrontar­si con un’atmosfera sacrale, carica di rimandi, di percezioni legate ai tantissimi e straordina­ri artisti transitati in questo spazio, perché io avverto sempre una presenza spirituale nelle cose». Paolo Canevari – a Napoli per inaugurare stasera alle 19.30 la mostra che celebra i suoi 25 anni di carriera – non è immune dal fascino emanato dalle stanze di Palazzo Partanna. Che peraltro l’artista romano con le sue 10 opere, fra grandi e piccole, rimarca grazie a precisi rimandi storico artistici ma anche grazie al mistero di superfici buie, in cui ciascuno può ritrovare il proprio personale significat­o. «Questo ciclo, che propongo nella galleria ora diretta da Eduardo Cicelyn, si ricollega formalment­e a quello intitolato “Monumenti alla Memoria”, accentuand­o quel contrasto fra la chiarezza simbolica delle cornici e il contenuto oscuro di questi fogli di plastica in polietilen­e nero, gli stessi usati per avvolgere grossi oggetti, o imballare i rifiuti in sedi di stoccaggio, o infine coprire corpi privi di vita». Le forme prescelte sono quelle delle finestre trilobate gotiche, o quelle a tutto sesto degli archi rinascimen­tali o quelle ad arco ribassato tipico dell’architettu­ra fra e ‘600 e ‘700. «In realtà – prosegue Canevari – sono le forme dei dipinti che hanno segnato la storia dell’arte, ma che qui si trasforman­o in vere e proprie porte di accesso a un mondo celato che può valere la pena scoprire. Un esercizio aperto, democratic­o, anche perché per fruire l’arte contempora­nea, e la mia in particolar­e, non occorre avere necessaria­mente una profonda formazione intellettu­ale che aiuti a decifrare la cripticità dei lavori esposti. Al contrario tutti possono accostarsi a un’immagine che non comprendon­o sulle prime, ma che poi possono contribuir­e a svelare ciascuno secondo la propria lettura e percezione. E’ quello che a me interessa di più: non un pubblico passivo pronto a dare per scontata l’immagine che gli viene proposta, ma piuttosto un pubblico chiamato ogni volta a misurarsi con un lavoro, a entrarci dentro, a leggerlo, affondando la propria mente nei suoi infiniti strati di senso». Formatosi a Roma negli anni ‘80 e ’90, periodo in cui espose anche nella galleria napoletana di Lucia Scalise a Posillipo, Canevari ha poi vissuto per 15 anni a New York, salvo poi ritornare nuovamente in Italia. «Credo di aver dato – conclude scherzando –, dopo tanti anni trascorsi in America, che sono stati davvero formativi. Ma sentivo la necessità di tornare a casa, in un luogo meno dispersivo e in una dimensione decisament­e più umana rispetto a quella della Grande Mela».

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L’artista Canevari nella galleria di Chiaia di Cicelyn

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