Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scotti, il camorrista dei mille segreti Lacrime in aereo: «La mia vita è finita»

Conosce la verità sui cutoliani, le trattative con lo Stato e le Brigate Rosse

- Beneduce

Se decide di parlare – e di motivi ne ha, a cominciare dai due figli piccoli che rischiano di diventare adulti lontano da lui – avranno forse risposte e soluzioni molti misteri italiani, a cominciare dal caso Cirillo. Pasquale Scotti, 58 anni, arrestato lo scorso 26 maggio in Brasile dopo una latitanza durata 31 anni, è arrivato ieri a Fiumicino, scortato dalla polizia. «La mia vita è finita», ha detto piangendo in aereo.

NAPOLI Se decide di parlare – e di motivi ne ha, a cominciare dai due figli piccoli che rischiano di diventare adulti lontano da lui – avranno forse una soluzione molti misteri italiani, a cominciare dal caso Cirillo. Pasquale Scotti, 58 anni, arrestato lo scorso 26 maggio in Brasile dopo una latitanza durata 31 anni, è arrivato ieri a Fiumicino, scortato dalla polizia. «La mia vita è finita», ha detto. Circondato dagli uomini del Servizio centrale operativo, della squadr a mobil e di Napol i e de l - l’Interpol, Pasquale Scotti ha pianto e si è lasciato andare sull’aereo. Il superkille­r della camorra, latitante per 31 anni e uomo di fiducia di Raffaele Cutolo, è stato trasferito nel carcere di Rebibbia e nei suoi confronti, secondo quanto si apprende, è stato disposto l’isolamento diurno. Prima di essere portato in carcere Scotti avrebbe inoltre avuto un incontro con gli inquirenti e non è esclu- so che nei prossimi mesi ci saranno nuovi contatti. A Re bibbia dovrebbe rimanere per trent’anni.

A chi ha meno di trent’anni, il nome di Scotti è probabilme­nte sconosciut­o. Ma a quanti vissero e ricordano l’epoca sanguinosa della lotta tra Nuova camorra organizzat­a e Nuova famiglia, l’ epoca buia del terrorismo e dei servizi deviati, questo nome fa ancora impression­e. Pasquale Scotti, originario di Casoria, era uno dei più fidati e potenti uomini di Raffaele Cutolo, il boss di Ottaviano che sul sangue fondò un impero. Sceglieva lui chi taglieggia­re: Luigi Cesaro, all’ epoca non ancora entrato in politica, persot- trarsi alle sue richieste estorsive si rivolse a Rosetta Cutolo.

Proprio per il suo stretto legame con “don Raffaele” Pasquale Scotti deve conoscere i segreti della trattativa che Cutolo fece con il Sismi nel 1981, durante gli 88 giorni in cui Ciro Cirillo, assessore regionale Dc all’Urbanistic­a, rimase prigionier­o delle Brigate Rosse. Il boss, detenuto ad Ascoli Piceno, incontrò certamente politici importanti. E riuscì a fare in modo, non si sa ancora come, che la condanna a morte emessa dalle Br nei confronti di Cirillo il 9 luglio venga, il 22 di quello stesso mese, clamorosam­ente revocata. I terroristi si accontenta­rono – o almeno questo scrissero in un volantino fatto ritrovare a piazza Vittoria – di un riscatto di circa un miliardo e mezzo di lire. Due giorni dopo l’assessore tornò libero. Fu una pattuglia della polizia stradale a trovarlo in via Stadera, stordito e impaurito. I poliziotti lo fece- ro salire in auto per portarlo in Questura, ma furono quasi subito fermati da tre “volanti”. Il vicequesto­re Biagio Giliberti, figlio del senatore democristi­ano Giuseppe, impose loro di consegnare Cirillo, che fu accompagna­to a casa sua, a Torre del Greco. L’ordine, come racconta Bruno De Stefano nel suo “Napoli criminale”, era arrivato dal questore Pasquale Colombo, fratello di Emilio, esponente di punta della Dc.

Misteri, domande senza risposta, sospetti. Anche l’evasione di Scotti dall’ospedale di Caserta l’antivigili­a di Natale del 1984 è un episodio mai chiarito. Era stato arrestato un anno prima per l’omicidio di Giovanna Matarazzo, una ballerina che era stata amante di Vincenzo Casillo, altro uomo di fiducia di Cutolo. In quella circostanz­a si era ferito a una mano e nei mesi successivi riuscì a farsi ricoverare in ospedale per curarsi. Evase calandosi dalla finestra con una corda fatta di lenzuola annodate. Da allora scomparve.

Sul suo conto sono fiorite leggende: lo segnalavan­o in Nord Africa, lo immaginava­no diverso dopo una plastica facciale, lo davano per morto. Nell’agosto del 1995 le agenzie batterono la notizia del suo arresto al confine tra Polonia e Repubblica Ceca: era un errore. Non si trattava del camorrista latitante, ma di un dirigente Fiat, Salvatore Giunta. E proprio Salvatore Giunta, risultava alla polizia, era uno dei nomi di cui Scotti si era servito.

Tredici anni dopo, nel 2008, l’episodio che ha indotto la polizia a riprendere con più zelo le ricerche del vecchio cutoliano. Un episodio raccontato durante la conferenza stampa che si è svolta in Procura dopo l’arresto in Brasile: quando è morto il fratello di Pasquale, Giuseppe Scotti, a Casoria sono stati affissi i manifesti funebri. E, nell’elenco dei parenti che davano la notizia, figurava anche “il fratello”. L’unico era lui.

Sull’aereo In viaggio ha pianto e si è lasciato andare a scene di disperazio­ne

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