Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Non parlerà, rischia di fare la fine di Sindona»

Il giudice del rapimento Cirillo: «Era libero perché protetto dai servizi segreti»

- Di Gianluca Abate

«Pasquale Scotti è stato protetto dai servizi segreti perché custodisce i segreti più delicati, compresi quelli sull’omicidio di Guido Calvi, il banchiere ammazzato a Londra». Carlo Alemi — il giudice che indagò sulla trat- tativa tra Stato e camorra per la liberazion­e di Ciro Cirillo, rapito delle Br — non crede però che quei segreti Scotti li rivelerà: «Sa che fine potrebbe fare. Un caffè come quello che diedero a Sindona: avvelenato».

NAPOLI «Pasquale Scotti? È custode dei più delicati e imbarazzan­ti segreti della storia italiana, ma non parlerà. Rischia di ritrovarsi servito un caffè come quello che diedero a Michele Sindona. Avvelenato». Carlo Alemi — ex presidente del tribunale di Napoli — è il magistrato che indagò sulla trattativa tra Stato e camorra per la liberazion­e di Ciro Cirillo, l’ex assessore regionale della Democrazia Cristiana rapito nel 1981 dalle Br. E oggi, alla notizia del ritorno in Italia da detenuto di Pasquale Scotti, commenta laconico: «Be’, per quanto può servire diciamo che si tratta di un minimo di restituzio­ne di giustizia».

Chi è Pasquale Scotti?

«È una persona che è potuta fuggire per tanti anni perché protetto dai servizi segreti».

È un’accusa grave.

«Non sono io ad aver disposto il trasferime­nto all’ospedale di Caserta da cui evase. Mon sono io ad aver adottato una misura di sorveglian­za tale che per evadere bastava scendere le scale. E, soprattutt­o, non sono io ad avergli consegnato un tesserino dei Servizi con il quale ha potuto circolare indisturba­to per anni».

Perché gli 007 avrebbero dovuto proteggerl­o?

«Perché sono sempre gli stessi che erano andati da Cutolo per far liberare Cirillo».

Il nome di Scotti è sempre stato legato a quest’episodio: ma è l’unico mistero che custodisce?

«No, sa molte altre cose».

Ce ne dica una, almeno.

«L’omicidio di Guido Calvi, ad esempio».

Cosa c ’entra il boss con l’omicidio del banchiere ucciso sotto il ponte dei «Frati neri» a Londra?

«Quando sono andato a New York per interrogar­e Enrico Madonna, l’avvocato di Cutolo, mi confidò che la Nco aveva avuto un ruolo nell’omicidio. E, del resto, sono provati i collegamen­ti con il faccendier­e Francesco Pazienza, il cassiere della mafia Pippo Calò ed esponenti della Banda della Magliana. Scotti, in quel momento, era il rappresent­ante di Raffaele Cutolo».

Sa bene che fine farebbe, i depositari di quei misteri sono rimasti pochissimi

Lo ammetterà mai?

«No, perché ha paura. I depositari di quei segreti sono rimasti pochissimi, e non a caso un anno fa lo stesso Cutolo disse che non avrebbe parlato perché gli eredi di chi gestì quella trattativa sono ancora al potere. Scotti sa bene che fine lo aspettereb­be».

Quale?

«Un caffè alla Sindona».

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