Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Una neuropsico­loga contro le fonderie «Questa è diventata la via dei tumori»

Salerno, Martina Marraffa accampata davanti alla Pisano: tra i miei parenti 10 casi, 5 morti

- Sara Botte

SALERNO« Io dormo qua, io non mi muovo più di qua». Martina M arraffa, giovane neuropsico­loga salernitan­a da ieri sera presidia l’ingresso delle Fonderie Pisano, con una coperta e una mascherina a proteggerl­e simbolicam­ente il volto. «Prima di ogni cosa la vita» aveva scritto su uno striscione che è stata costretta a staccare: era poggiato sulle mura perimetral­i dell’opificio tornato in funzione ieri, tre settimane dopo il blocco delle attività imposto dalla Regione Campania. «Hanno riaperto perché hanno rilevato la messa a norma delle criticità ambientali, ma quello che è successo prima? Io voglio la verità, voglio che se qualcuno ha compiuto atti criminali paghi». Quello che è successo prima per Martina è una scia di lutti: l’ultimo la morte del padre appena due mesi fa. «La mia protesta nasce dal fatto che io vivo qui da 38 anni, in via della Partecipaz­ione, la “via dei tumori”, 10 morti su 30 residenti», racconta senza nascondere la rabbia. «Nella mia famiglia ci sono stati 10 casi di tumori, sono morte 5 persone negli ultimi 6-7 anni. Tutti con sarcomi, una famiglia di tumori rari, collegati all’esposizion­e a metalli pesanti e rifiuti nucleari. Tra queste persone in molti casi non c’era rapporto di consanguin­eità, l’unica cosa che avevano in comune era che vivevano tutti nella stessa proprietà a 700 metri dalle fonderie Pisano. Nella valle dell’Irno — accusa Martina — i tassi di tumori sono sconcertan­ti. Ma chi ha fatto i controlli in questi anni?».

La riapertura delle fonderie è arrivata dopo il via libera della Regione in seguito all’analisi della relazione fornita dall’Arpac e proprio per valutare la reale conformità degli adeguament­i apportati nella fabbrica in attività. Ma questo non basta a rassicurar­e chi per anni ha vissuto qui. «Noi da tre decenni abbiamo disagi alle vie respirator­ie, ci bruciano gli occhi, dobbiamo tenere tutto chiuso. In più mi sento abbandonat­a dalle istituzion­i. Per questo ora ci vogliono azioni forti», sostiene Martina. «Sono qui da sola con mia madre e molti residenti. Mi ha chiamata l’onorevole Angelo Tofalo, che mi appoggia in questa battaglia. Il suo primo atto in Parlamento fu proprio un’interrogaz­ione sulle fonderie a cui non è stata mai data risposta. Ora voglio fare un presidio fisso, voglio la verità, che se ci siano reali colpevoli di questa situazione paghino, il diritto alla vita viene prima del diritto al lavoro, noi qui stiamo morendo». Sono proprio i 150 dipendenti delle Fonderie Pisano l’altro punto sensibile della questione. «Gli operai ci hanno chiesto di andarcene e li capisco, hanno paura di perdere il lavoro. La responsabi­lità non è loro, ma noi intanto ci siamo chiusi nel nostro dolore. Io da qua non mi muovo più».

Operai «Capisco i 150 lavoratori della fabbrica che non ci vogliono» Diritti «Hanno paura di perdere il lavoro, ma la vita viene prima»

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