Corriere del Mezzogiorno (Campania)
CEMENTO, CHIMICA E SIDERURGIA CHE HANNO CAMBIATO (UN PO’) IL SUD
Cassa per il Mezzogiorno e relativa «politica speciale» e «intervento straordinario» dello Stato sono da tempo un oggetto consolidato di studio storico e un caso politico, malgrado le apparenze, di grande attualità anche oggi.
Contribuisce certo a conoscerlo meglio Cemento e “virgin nafta”. L’epoca del grande intervento dello Stato nel Sud (ed. Guida) di Sandro Petriccione: un racconto in pieno equilibrio fra registri diversi, dalla ricostruzione dei fatti alla testimonianza personale e al giudizio complessivo e finale.
Naturalmente, preziosa è, in particolare, la testimonianza personale, che si riporta al 1963, all’avvio dei primi governi di centro-sinistra. Petriccione, nominato allora nel consiglio di amministrazione della Cassa, fu il «primo socialista» a entrare in un’istituzione che fino ad allora «il Psi insieme al Pci aveva sempre combattuto». Era anche, egli ricorda, un momento in cui ancorasi oscillava tra una visione agraria e una visione industrialista e urbana della questione meridionale.
Petriccione ricorda aspetti importanti e poco noti già per il primo periodo della Cassa, governato da Gabriele Pescatore.
Questi, contro i suoi abituali criteri, non esitò a dare un certo sostegno al Centro di specializzazione e ricerca di economia agraria, fondato a Portici da Manlio Rossi Do ria, fautore di una visione moderna e razionalizza tric e del problema della terra e dei contadini nel Sud. Pescatore voleva opporsi così al tradizionalismo agrario fondato sulla piccola proprietà contadina, sostenuto, sulla linea preferita in ambito cattolico, da un altro economista agrario, e notevole esponente della Democrazia cristiana, Decio Scardaccione. Un momento da sottolineare è quello dell’adozione delle allora iniziali, ma già consistenti tecnologie informatiche nell’amministrazione della Cassa. Vi riluttava Pescatore per ragioni generazionali. Vi riluttava, però, ancor più la burocrazia della Cassa, sicché una sua modernizzazione contabile e documentaria tardò a venire. Episodio che conferma quale fattore di vischiosità funzionale e sociale sia la resistenza all’innovazione degli apparati amministrativi ed esecutivi, legati alle loro logiche di gruppo. Ancor più importanti sono i particolari dati da Petriccione sul finanziamento all’industriale chimico Nino Rovelli per un grande impianto di produzione di polivinile in Sicilia. È qui la parte più viva della testimonianza di Petriccione, quella relativa ai grandi impianti chimici e siderurgici e alla costruzione di grandi infrastrutture a servizio dell’industria. È sintetico, ma molto accenna e molto fa capire ciò che egli dice sui progetti presentati al finanziamento nel 1972 o sulle mediazioni politiche per far approvare tali progetti o sugli istituti di credito speciale o sulle pressioni esterne (Eni, Iri) su presidente e consiglieri della Cassa. Tutte cose degli anni ’70, in cui la Cassa preferì alla fine «un’attività ragionieristica e di controllo delle spese effettuate». A me pare sempre che si consumò proprio in quegli anni l’esperienza della Cassa. Dopo quegli anni ’70 e la contemporanea crisi petrolifera mondiale essa sopravvisse più che continuare a vivere, e perciò la sua liquidazione una dozzina di anni dopo fu davvero tardiva. I pacchetti di grandi investimenti industriali, le «cattedrali nel deserto» che ne risultarono, il diffuso cimitero industriale che si dové registrare, lo scarsissimo impatto di trasformazione o di induzione dell’attività industriali al Sud erano elementi già appieno evidenti alla fine degli anni ’70. Petriccione lo conferma, ricordando che questo sforzo di industrializzazione era fondato — come dice il titolo immaginoso da lui scelto — sul cemento quale componente essenziale per la costruzione di dighe, ponti e acquedotti, coi quali la Cassa cambiò il volto del Mezzogiorno e poi assicurò le infrastrutture per la grande industria; e sulla virgin nafta, fattore altret- tanto essenziale per produrre etilene e propilene, ossia gli elementi di base per l’industria petrolchimica, cui andò la parte più rilevante degli investimenti nel Sud. Quarant’anni dopo quell’inconcludente vortice industriale non si può non apprezzare il mutamento che
così si ebbe nel Mezzogiorno, ma Petriccione deve pur concludere parlando di una «fine delle illusioni»: un pendant (a pensarci) dei «sogni nel cassetto», di cui si parlò per la programmazione degli anni ’60. Egli ne trae dilemmi sui quali è difficile seguirlo, ma che attestano la scrupolosa tenacia di una ricerca continua dei termini reali delle questioni, gradevoli o non gradevoli che siano: una tenacia e una scrupolo che vorremmo tanto ritrovare nella vita pubblica di oggi, dentro e fuori del Mezzogiorno.