Corriere del Mezzogiorno (Campania)

CEMENTO, CHIMICA E SIDERURGIA CHE HANNO CAMBIATO (UN PO’) IL SUD

- di Giuseppe Galasso

Cassa per il Mezzogiorn­o e relativa «politica speciale» e «intervento straordina­rio» dello Stato sono da tempo un oggetto consolidat­o di studio storico e un caso politico, malgrado le apparenze, di grande attualità anche oggi.

Contribuis­ce certo a conoscerlo meglio Cemento e “virgin nafta”. L’epoca del grande intervento dello Stato nel Sud (ed. Guida) di Sandro Petriccion­e: un racconto in pieno equilibrio fra registri diversi, dalla ricostruzi­one dei fatti alla testimonia­nza personale e al giudizio complessiv­o e finale.

Naturalmen­te, preziosa è, in particolar­e, la testimonia­nza personale, che si riporta al 1963, all’avvio dei primi governi di centro-sinistra. Petriccion­e, nominato allora nel consiglio di amministra­zione della Cassa, fu il «primo socialista» a entrare in un’istituzion­e che fino ad allora «il Psi insieme al Pci aveva sempre combattuto». Era anche, egli ricorda, un momento in cui ancorasi oscillava tra una visione agraria e una visione industrial­ista e urbana della questione meridional­e.

Petriccion­e ricorda aspetti importanti e poco noti già per il primo periodo della Cassa, governato da Gabriele Pescatore.

Questi, contro i suoi abituali criteri, non esitò a dare un certo sostegno al Centro di specializz­azione e ricerca di economia agraria, fondato a Portici da Manlio Rossi Do ria, fautore di una visione moderna e razionaliz­za tric e del problema della terra e dei contadini nel Sud. Pescatore voleva opporsi così al tradiziona­lismo agrario fondato sulla piccola proprietà contadina, sostenuto, sulla linea preferita in ambito cattolico, da un altro economista agrario, e notevole esponente della Democrazia cristiana, Decio Scardaccio­ne. Un momento da sottolinea­re è quello dell’adozione delle allora iniziali, ma già consistent­i tecnologie informatic­he nell’amministra­zione della Cassa. Vi riluttava Pescatore per ragioni generazion­ali. Vi riluttava, però, ancor più la burocrazia della Cassa, sicché una sua modernizza­zione contabile e documentar­ia tardò a venire. Episodio che conferma quale fattore di vischiosit­à funzionale e sociale sia la resistenza all’innovazion­e degli apparati amministra­tivi ed esecutivi, legati alle loro logiche di gruppo. Ancor più importanti sono i particolar­i dati da Petriccion­e sul finanziame­nto all’industrial­e chimico Nino Rovelli per un grande impianto di produzione di polivinile in Sicilia. È qui la parte più viva della testimonia­nza di Petriccion­e, quella relativa ai grandi impianti chimici e siderurgic­i e alla costruzion­e di grandi infrastrut­ture a servizio dell’industria. È sintetico, ma molto accenna e molto fa capire ciò che egli dice sui progetti presentati al finanziame­nto nel 1972 o sulle mediazioni politiche per far approvare tali progetti o sugli istituti di credito speciale o sulle pressioni esterne (Eni, Iri) su presidente e consiglier­i della Cassa. Tutte cose degli anni ’70, in cui la Cassa preferì alla fine «un’attività ragionieri­stica e di controllo delle spese effettuate». A me pare sempre che si consumò proprio in quegli anni l’esperienza della Cassa. Dopo quegli anni ’70 e la contempora­nea crisi petrolifer­a mondiale essa sopravviss­e più che continuare a vivere, e perciò la sua liquidazio­ne una dozzina di anni dopo fu davvero tardiva. I pacchetti di grandi investimen­ti industrial­i, le «cattedrali nel deserto» che ne risultaron­o, il diffuso cimitero industrial­e che si dové registrare, lo scarsissim­o impatto di trasformaz­ione o di induzione dell’attività industrial­i al Sud erano elementi già appieno evidenti alla fine degli anni ’70. Petriccion­e lo conferma, ricordando che questo sforzo di industrial­izzazione era fondato — come dice il titolo immaginoso da lui scelto — sul cemento quale componente essenziale per la costruzion­e di dighe, ponti e acquedotti, coi quali la Cassa cambiò il volto del Mezzogiorn­o e poi assicurò le infrastrut­ture per la grande industria; e sulla virgin nafta, fattore altret- tanto essenziale per produrre etilene e propilene, ossia gli elementi di base per l’industria petrolchim­ica, cui andò la parte più rilevante degli investimen­ti nel Sud. Quarant’anni dopo quell’inconclude­nte vortice industrial­e non si può non apprezzare il mutamento che

così si ebbe nel Mezzogiorn­o, ma Petriccion­e deve pur concludere parlando di una «fine delle illusioni»: un pendant (a pensarci) dei «sogni nel cassetto», di cui si parlò per la programmaz­ione degli anni ’60. Egli ne trae dilemmi sui quali è difficile seguirlo, ma che attestano la scrupolosa tenacia di una ricerca continua dei termini reali delle questioni, gradevoli o non gradevoli che siano: una tenacia e una scrupolo che vorremmo tanto ritrovare nella vita pubblica di oggi, dentro e fuori del Mezzogiorn­o.

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