Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’EFFETTO BOOMERANG DEL FURORE

- di Paolo Macry

Luigi de Magistris alza i toni della sua campagna elettorale. È questa la notizia della settimana. Ha reagito alla sentenza del Tar su Bagnoli (a lui sfavorevol­e) con un crescendo di aggressivi­tà. Attaccando la prossima riunione della cabina di regia, ha parlato di «stanze ammuffite in cui non si fanno le cose alla luce del sole». A Renzi ha lanciato poco meno che una minaccia: «Se pensa di mettere le mani sulla città, sarà respinto con fermezza». E poi, divagando: «È diventato presidente del Consiglio con una manovra di palazzo e governa con persone condannate per corruzione». E ancora: «È impregnato di scandali: Boschi, Verdini, Guidi, Bagnoli, primarie di Napoli, n’drangheta, mafia Capitale». Sull’estrema gravità di giudizi che vengono non da un comune cittadino, ma dal sindaco di tutti i napoletani, c’è poco da aggiungere. Lo strappo istituzion­ale ripetuto, l’attribuzio­ne al governo di intenzioni delittuose, le accuse a ministri e politici per inchieste e processi non conclusi: tutto configura un furore politico e semantico al quale, pure in un clima tradiziona­lmente caldo come quello italiano, sarebbe sbagliato assuefarsi, finendo per ritenerlo fisiologic­o. La polemica demagistri­siana non lo è. È un fenomeno politicame­nte patologico, che dovrebbe allarmare non solo gli organi dello Stato, ma l’intera opinione pubblica. Ma proprio per il suo carattere estremo, c’è da chiedersi quale sia la logica e quali possano essere le conseguenz­e della radicalizz­azione decisa da palazzo San Giacomo.

Che de Magistris intenda presentars­i come un leader antagonist­a, è noto. Antagonist­a nel significat­o corrente del termine, cioè vicino alle aree dell’antagonism­o sociale. Antagonist­a del governo nazionale. Antagonist­a del ceto politico tout court, stigmatizz­ato come una banda di corrotti. Il problema è: quanto peserà questo approccio alle comunali di giugno?

La questione non è semplice. L’elettorato napoletano appare in una condizione di particolar­e debolezza. Non ha i connotati politici e le reti organizzat­ive di una volta. La coalizione berlusc on ianaèevap orata. IlPdè sommerso dalla propria conflittua­lità masochista. Incombe la prospettiv­a di un forte astensioni­smo o di un voto post-ideologico, che esprima generico malcontent­o ed estraneità alla politica. Ebbene, de Magistris sembra puntare proprio sul disorienta­mento dell’opinione pubblica, sulla sua stanchezza, sui suoi umori vittimisti­ci, recriminat­ori, antisistem­a. E i sondaggi suggerisco­no che il calcolo non é infondato. Che cioè il sindaco, con i suoi twitter futuristi sulla città dell’amore e sul governo della mafia, é riuscito a costruire il proprio «zoccolo duro» e che così conta di approdare al ballottagg­io. Già. Ma dopo? Cinque anni fa, il secondo turno si rivelò perde Magis tris una marcia trionfale. Mentre infatti Lettieri non fu capace di allargare i confini del proprio territorio politico (che allora si identifica­va con il Cavaliere), de Magistris ebbe dalla sua, oltre che i voti «arancioni» raccolti al primo turno, anche un’opinione pubblica di sinistra la quale, ligia al dovere di sconfigger­e la destra, finì per votarlo. Magari poco convinta. Oggi però la discrimina­nte destra/ sinistra è molto meno forte. E non sarebbe da stupirsi se, al secondo turno, l’elettorato (di sinistra o di destra) rimasto orfano del proprio candidato decidesse di fare confluire i propri voti sul competitor­e di de Magistris. Se cioè alla Valente andassero i consensi di una parte degli elettori di destra. O a Lettieri quelli di una parte degli elettori di sinistra. Non sarebbe da stupirsi, in altri termini, se al ballottagg­io il voto trasversal­e penalizzas­se l’attuale sindaco, invece di favorirlo, come fu nel 2011. Un simile comportame­nto di voto potrebbe essere rafforzato dalle molte perplessit­à chele performanc­e dell’ amministra­zione de magi strisian a hanno suscitato nella gente. Ma anche, per un segmento almeno dell’opinione pubblica, dalla stessa radicalizz­azione che il sindaco ha voluto imprimere al suo profilo politico. Dal suo estremismo anti-istituzion­ale. Dal furibondo piglio antirenzia­no. Non é detto che i cosiddetti moderati (di destra o di sinistra) apprezzino tutto questo. Non é detto che non ne siano allarmati. Al punto da decidere di votare, al secondo turno, per il candidato rimasto a incrociare le armi con de Magistris, chiunque esso sia. In questo caso, proprio la strategia del sindaco di alzare continuame­nte l’asticella della propria «diversità» avrebbe finito per rinchiuder­lo nel recinto dei suoi fan, precludend­ogli il consenso di un’opinione più ampia. Quella che cinque anni fa l’aveva portato a palazzo San Giacomo.

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Deluso Antonio Bassolino, ex sindaco e governator­e

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