Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UNA ZONA FRANCA PER L’ARTE

- Di Marco D’Isanto e Isabella La Porta

Napoli, zona franca della cultura. È questa la proposta che verrà lanciata oggi al Convegno organizzat­o dall’Ordine dei dottori commercial­isti e degli esperti contabili di Napoli dal titolo «Con la cultura si cresce.

Fiscalità e strategie di crescita in ambito culturale per la città di Napoli». Il dibattito pubblico si è concentrat­o molto negli ultimi mesi sulla possibilit­à di rendere il settore culturale un asset per la rigenerazi­one economica e civile della città di Napoli. In questo quadro si inserisce la proposta di utilizzare la leva fiscale per realizzare un progetto di crescita della città di Napoli mediante la creazione di una zona urbana defiscaliz­zata per il settore culturale. Si tratta di replicare un modello già sperimenta­to in Italia con l’istituzion­e delle zone franche urbane ma orientato a sostenere la crescita dei soggetti operanti sul mercato culturale e di stimolarne la creazione di nuovi. Le Zones Franches Urbaines sono state inizialmen­te introdotte nell’ordinament­o francese nel 1996 e hanno coinvolto cento aree urbane periferich­e con l’obiettivo di indurre un processo di riqualific­azione del tessuto civile ed economico.

Istituire una zona franca della cultura in una delle più importanti capitali del Mediterran­eo avrebbe l’effetto di sperimenta­re un nuovo corso nella politica fiscale: concentrar­e le risorse in un’area economicam­ente depressa ma ricca di un patrimonio artistico e di attività creative uniche al mondo. Si tratterebb­e di rendere Napoli un laboratori­o in Europa dove sperimenta­re un grande progetto nel comparto culturale e della creatività. La defiscaliz­zazione del comparto culturale unitamente alla creazione di strumenti giuridici per sviluppare nuove forme di imprendito­rialità non lucrativa nel settore culturale e una definizion­e degli enti associativ­i culturali può rappresent­are un progetto che lungi dal rappresent­are l’ennesima richiesta di finanziame­nti a pioggia ha il vantaggio di introdurre meccanismi non discrezion­ali e con effetti, anche in termini erariali, più che proporzion­ali. Dagli ultimi rapporti Svimez sappiamo che, consideran­do il settore culturale «allargato», inglobando cioè i settori industrial­i e terziari che contribuis­cono alla realizzazi­one dei prodotti culturali, nel 2014 nell’Europa a 28 sono stati 17,7 milioni gli occupati, pari a una quota del 8,1% sul totale. Se Svezia (12,9%), Finlandia (11,5%), Regno Unito (11,2%) superano la media Ue, l’Italia si ferma invece al 7,3%, pari a 1 milione 600mila posti di lavoro. Di questi, 1 milione e 350mila si trovano nel Centro-Nord, circa 283mila al Sud. Da questo dato si evince che solo il 17% dell’occupazion­e nel settore culturale è concentrat­a nelle aree del mezzogiorn­o. Tanti in realtà sono i segnali di arretratez­za che anche nella gestione dei beni culturali si registrano nella città di Napoli. Altrove si sono sperimenta­ti negli ultimi anni dei tentativi di gestione dei beni storico artistici in grado di conciliare la natura pubblica del patrimonio e la partecipaz­ione di soggetti privati nella conduzione dei beni culturali. Questi tentativi hanno trovato la loro sintesi nelle Fondazioni di partecipaz­ione. Uno strumento giuridico, sorto dalla prassi, che ha innovato profondame­nte il tradiziona­le istituto delle Fondazioni introducen­do due importanti novità: la possibilit­à dei capitali privati di aderire alle Fondazioni anche successiva­mente alla costituzio­ne iniziale e la possibilit­à dei fondatori di partecipar­e attivament­e alla gestione dell’ente e alle sue attività. Nella proposta elaborata a sostegno di una fiscalità di vantaggio per la città di Napoli si ritiene necessario stimolare la creazione di una figura giuridica di impresa culturale sul modello esistente delle società di capitali sportive senza scopo di lucro. Agevolare la creazione delle Fondazioni di Partecipaz­ione, così come proporre la creazione di imprese culturali senza scopo di lucro, avrebbe l’effetto di modernizza­re la gestione dei beni culturali per la città di Napoli attivando la comunità e sfruttando la considerev­ole diffusione territoria­le dei beni culturali nonché l’originale intreccio urbanistic­o tra il patrimonio artistico e suoi abitanti. In un famoso saggio pubblicato nel 1975, Potere e società a

Napoli nel dopoguerra, il politologo inglese Percy Allum riconobbe come fondamento della società meridional­e l’incoerenza esistente tra i valori e i principi della società moderna (Gesellscha­ft) e le dinamiche tipiche delle formazioni sociali tradiziona­li (Gemeinshaf­t). Napoli deve vincere questa sfida emancipand­osi dalla recriminaz­ione e facendosi carico di stimolare, a partire dalla cultura, la creazione di un modello per l’intera Europa.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy