Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pompei, sfiduciato il sindaco «Neanche il programma contro i rischi da calamità»
Dieci consiglieri presentano le dimissioni. Il democrat Martire: ho letto la notizia sul
«Neanche il Piano di emergenza comunale ha Pompei. La goccia che ha fatto traboccare il vaso». Dieci consiglieri comunali, anche di maggioranza, ieri si sono dimessi e hanno fatto cadere il sindaco dem di Pompei, Nando Uliano. Che oggi accusa: «Traditori, non lascerò la città nelle mani del malaffare». Nessuna solidarietà dal Pd, mentre corre in suo soccorso Luigi de Magistris.
«E poi non ha neanche realizzato il Piano comunale di emergenza. Lo avete scritto voi del Corriere. Come si dice: la goccia che ha fatto traboccare il vaso». Bartolo Martire è uno dei dieci consiglieri comunali di Pompei che dimettendosi hanno fatto cadere il sindaco Nando Uliano eletto un paio d’anni fa. L’ennesimo dall’inizio dell’estate.
Martire è iscritto al Pd, come Uliano. Ma a Pompei il simbolo non c’è mai stato, conteso al solito, commissariato di conseguenza: «Sempre al Corriere il sindaco ha detto anche che il Pd l’ha lasciato solo. Un bell’alibi per uno che è passato con de Magistris, che fa il rivoluzionario». Benvenuti a Pompei città delle due città: quell’antica con migliaia di turisti in coda sotto il sole, quella contemporanea con dieci consiglieri di maggioranza e opposizione che festeggiano la defenestrazione del sindaco. Che tuona contro i «farabutti» e «traditori», «contro i poteri forti» e ai napoletani fischiano le orecchie.
«Sono un sindaco perbene che non ha ceduto ai ricatti dei consiglieri comunali, dei poteri forti e del malaffare — dice Uliano —. Non lascerò mai il paese in mano ai farabutti e ai malfattori. La battaglia continua, ricomincio a testa alta. I cittadini hanno già scelto una volta per il cambiamento e lo rifaranno». Insomma annuncia già che si ricandiderà. Ma poi si lancia in un ultimo attacco: «Mi hanno fermato perché stavo mettendo le mani su ciò che è stato tralasciato da sempre perché irregolare». «Io non conosco poteri forti, non so cosa ha trovato quando si è insediato — commenta un altro dimissionario Franco Gallo, sempre del Pd —. Ci appartiene la forza delle idee, lui farebbe bene a rivolgersi in Procura. Io l’ho fatto subito dopo le dimissioni di suoi due assessori, prima del procuratore Diego Marmo e poi Vincenzo Sica».
Scambio di accuse classico, con strascico e carte in Tribunale, maggioranze variabili e soprattutto instabili dal primo giorno. E parecchie questioni appese. Il cimitero, su cui pende un’inchiesta della magistratura perché, s’è scoperto, vendevano i loculi al miglior offerente e resta un bubbone non ancora risolto tra gestione privata e in house. E poi piano regolatore, piano di protezione civile, hub ferroviario di Pompei, voluto fortissimamente dal governo Renzi e dal ministro Dario Franceschini, in un primo momento appoggiato da Uliano poi sconfessato. Più o meno come la delibera sulla movida cambiata quattro volte in pochi giorni. La ricostruzione politica è ben più facile, ma non meno caotica. A fine giugno tre consiglieri della maggioranza passano all’opposizione dopo che Uliano silura il loro assessore di riferimento. I prodromi della crisi. Attesa a Napoli proprio nelle file del Partito democratico, in teoria il partito del sindaco. Che ha altri riferimenti a Pompei, non certo Uliano. Mario Casillo, nominato responsabile regionale del Grande progetto Pompei, sostiene da sempre Carmine Lo Sapio, ex sindacalista, potente Richelieu di zona nemico storico di Uliano. Tant’è che dal Pd (se escludiamo Francesco Nicodemo su facebook) non v’è traccia di uno straccio di dichiarazione di solidarietà a favore del defenestrato Uliano. Il segretario regionale Assunta Tartaglione: «La fine anticipata di un’esperienza amministrativa è sempre una notizia triste, ma ora la priorità è il Grande progetto Pompei». Al fianco di Uliano invece i sindaci rivoluzionari, da Luigi de Magistris a Giosi Della Ragione, che ha condiviso lo stesso destino del sindaco di Pompei pochi mesi fa.
La replica Mi hanno fermato perché stavo mettendo le mani su ciò che da sempre era stato tralasciato perché irregolare Ma non lascerò mai il paese nelle mani di farabutti e malfattori, la mia battaglia continua a testa alta