Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da «Lelluccio Ferrarelle» a narcos degli scissionisti Chi è l’uomo che aveva le tele
Fu rapito da bambino. Il padre era in affari con il boss Raffone
NAPOLI Ne ha fatta di strada da quando andava in giro per Castellammare a consegnare bibite ed era soprannominato «Lelluccio Ferrarelle». È sveglio e ha un gran senso degli affari Raffaele Imperiale, l’uomo che ha investito 100 milioni di dollari in due quadri di van Gogh. Nasce a Castellammare nel 1974. Il padre, Ludovico, è benestante: fa il costruttore edile ed è socio di una concessionaria di auto. È anche, tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, co-presidente della Juve Stabia. L’altro co-presidente è Renato Raffone detto «Battifredo», morto il 4 agosto mentre scontava una sentenza definitiva a 20 anni per associazione camorristica. I lettori ricorderanno, forse, che nel 2012 la statua di San Catello portata in processione fu fatta inchinare davanti a casa sua. L’allora sindaco Luigi Bobbio, per protesta, si strappò la fascia tricolore.
Nei primi anni Ottanta, Raffaele è oggetto di un sequestro lampo: viene rapito per indurre il padre a versare un sostanzioso riscatto. Il padre paga, poi per evitare problemi con la giustizia mette in giro la voce che il bambino si è liberato da solo. Nel lavoro Raffaele non segue le sue orme. Per un po’ consegna acqua minerale e bibite a privati, ristoranti e alberghi. Poi decide di lasciare Castellammare e si sposta in Olanda, dove apre un coffee shop: un locale in cui sono ammesse le droghe leggere. Ed è proprio lì, in Olanda e grazie al coffee shop, che entra in contatto con elementi degli scissionisti. Il gruppo Amato — Pagano, infatti, è un formidabile importatore di droga dai Paesi Bassi.
Ben presto lo smercio di stupefacenti, e in particolare di cocaina, diventa la principale attività di Raffaele Imperiale. I soldi arrivano abbondanti e lui li investe in ville, società, terreni. Comincia a fare una vita lussuosissima: belle auto, abiti firmati, hotel esclusivi. Nel 2002 dal museo van Gogh di Amsterdam spariscono i due quadri: un colpo eccezionale, poiché i ladri riescono a neutralizzare tutti i sistemi di sicurezza. Non è chiaro chi abbia messo a segno il furto: forse la mala olandese, con la quale Imperiale è in contatto. Chi ha i quadri glieli offre: sa che l’italiano può pagare bene e vuole investire i tanti soldi che gli arrivano dal commercio della cocaina. L’accordo si trova e i due dipinti passano di mano. Raffaele li mette al sicuro a Castellammare, in casa dei suoi genitori. Nel frattempo la Guardia di Finanza comincia a interessarsi di lui e delle sue attività. Emergono i contatti con il clan Amato — Pagano. Tassello dopo tassello vengono ricostruiti i suoi contatti, i suoi legami, il suo patrimonio. A gennaio viene emessa un’ordinanza di custodia cautelare per traffico internazionale di stupefacenti: ma gli investigatori italiani non riescono a notificargliela, perché nel frattempo il ricchissimo boss che un tempo era stato «Lelluccio Ferrarelle» si è rifugiato a Dubai. E tra l’Italia e gli Emirati Arabi non ci sono accordi che prevedano l’arresto in esecuzione di provvedimenti della nostra magistratura. Raffaele Imperiale, ovviamente, scompare. Lascia l’albergo Burj Al Arab da 1500 euro a notte (quello a forma di vela, a sette stelle) e si rifugia chissà dove. La magistratura italiana sta tentando, con molte difficoltà, di sbloccare la situazione. Ora il boss della cocaina ha perso i suoi gioielli. Ma probabilmente, con il denaro che ha, il modo di consolarsi non gli manca.
Incognito Raffaele Imperiale da anni vive a Dubai e non è mai stato un sospetto Passato Ha lavorato per lungo tempo in un coffee shop in Olanda dove ha conosciuto i ladri