Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Chi vuole diventare un guappo non può andare in discoteca»

Ecco il «vademecum» per essere considerat­i capi della camorra

- Fa. Po.

NAPOLI Ha partecipat­o alla guerra di camorra con i Mariano dei Quartieri Spagnoli negli anni Novanta, e al servizio di Ciro ’o picuozzo e Marco ha fatto la storia (brutta) dei vicoli del centro di Napoli. Maurizio Overa poi ha deciso di pentirsi ed ha raccontato in decine di verbali della sua storia criminale stilando quasi un vademecum per essere considerat­i boss. Come se fosse le istruzioni per diventare un «buon» camorrista. Il riferiment­o chiaro e ai fatti cronaca degli ultimi mesi legati alle scorriband­e armate e sanguinari­e delle cosiddette paranze dei bambini, gruppi di ragazzi, poco più che maggiorenn­i, che seminano morte e terrore in città per la conquista di piazze di spaccio o come è stato negli ultimi anni a Forcella, per un vicolo. «Per me chi vuole fare il guappo non deve andarsene la sera a ballare e creare problemi — dice in un verbale del 12 luglio il boss pentito — Non si fanno le guerre di camorra tra clan per semplici litigi in disti scoteca, questi non sono boss». Poche parole che assumono peso nel racconto che subito dopo inizia a tratteggia­re ai pm della Dda di Napoli. Parla di Ettore Bosti ’o russo, figlio di Patrizio, detenuto per camorra e per anni al vertice della cosca, grazie alla sua parentela «importante». ’O russo fu anche individuat­o in una foto accanto a Genny De Tommaso detto ’a carogna, capo ultras dei Mastiffs della Curva A, passato agli onori delle cronache dopo i tragici fatti di Roma, che portarono a maggio di due anni fa alla morte del tifoso del Napoli Ciro Esposito. «Era irascibile, una testa calda — spiega il pentito — Di recente ci fu un litigio proprio tra Ettore Bo- e un ragazzo dei Quartieri Spagnoli che secondo lui lo aveva preso in malo modo in discoteca. Ettore pretese da noi che glielo portassimo perché voleva picchiarlo ma noi ci rifiutammo». Per sfogare la sua rabbia dunque chiese ad alcuni familiari di Mariano di consegnarg­li questo giovane ma il clan decise di «non concedere questo sfizio a Bosti che voleva fare il guappo». Ma lui non si arrese e, secondo quanto ha riferito il pentito, “Ettoruccio” riuscì ad avere questo ragazzo. «Fu condotto al borgo Sant’Antonio con sua madre e Bosti lo picchiò davanti alla donna. Noi pensammo che questo fu un gesto vile». Tutti si aspettavan­o una reazione armata a questo affronto ma dato che «Bosti rappresent­ava i Contini decidemmo di non intervenir­e per non far scoppiare una faida. Ettore Bosti non aveva la caratura del padre Patrizio, il quale non si avrebbe mai creato rischi di guerra tra clan per litigi di basso profilo, da discoteca».

Guerre «Certo non si scatenano faide cruente per banali litigi da balera»

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