Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Rita, 84 anni, sulla sedia a rotelle: «Caro sindaco, venga a vedere Senza assistenti non ce la faccio»

- di Fabrizio Geremicca Fabrizio Geremicca

NAPOLI Rita Scannapiec­o ha 84 anni e vive a Pianura. Non ha figli, marito o un parente che si occupi di lei. È costretta su una sedia a rotelle da quindici anni. Per lavarsi, cucinare, pagare le bollette, fare la spesa, acquistare le medicine in farmacia dipende in tutto e per tutto dagli operatori di una delle cooperativ­e aggiudicat­arie dell’appalto del Comune di Napoli, scaduto ormai sei mesi fa e già prorogato due volte. Nei prossimi giorni Rita rischia di restare completame­nte isolata dal mondo, prigionier­a del suo stesso appartamen­to, perché gli assistenti domiciliar­i che l’hanno accudita finora potrebbero non recarsi più a casa sua. È scaduta la convenzion­e, proroga compresa, tra le cooperativ­e aggiudicat­arie degli appalti e Palazzo San Giacomo. Non è stato emanato un nuovo bando, finora, e non ci sono segnali positivi. Questione di risorse che mancano nel bilancio comunale. Problemi che, letti con gli occhi della signora, si traducono in un urlo di rabbia e di dignità: «Sono disgustata, ma non ho alcuna intenzione — come invece mi hanno consigliat­o in molti — di chiudermi in una struttura ai Camaldoli. Voglio continuare a vivere a casa mia e posso farlo, perché sono ancora lucida e ragiono bene. Però, senza l’aiuto delle ragazze e dei ragazzi che mi hanno assistito finora, è impossibil­e».

Nel tempo la signora Rita ha subito la progressiv­a decurtazio­ne delle ore di presenza degli assistenti domiciliar­i. Ricorda: «Sono passati, nel corso di alcuni anni, da dodici a nove ore settimanal­i. Non è giusto e ha influito negativame­nte sulla mia qualità di vita, ma me ne sono fatta una ragione. In qualche modo mi sono adattata, anche grazie alla disponibil­ità degli operatori che si sono avvicendat­i e con i quali si è instaurato, quasi sempre, un buon rapporto. Vedo, però, che va sempre peggio e vorrei scrivere una lettera al sindaco per raccontarg­li le mie difficoltà e il dramma che sarà per me la sospension­e del servizio di assistenza domiciliar­e. Magari potrebbe venire qui dove abito e capirebbe bene di cosa sto parlando e cosa sto rischiando. Io non ho i soldi per pagare qualcuno che mi aiuti, in sostituzio­ne degli assistenti domiciliar­i. Vivo di una piccola pensione. I volontari che talvolta si presentano a casa, quelli dei pony della solidariet­à, da soli non bastano».

Da Pianura a via Consalvo, dove abita la famiglia del quarantase­ttenne Massimo Carleo. Che racconta: «Sono disoccupat­o e ho un fratello con problemi di invalidità, per giunta agli arresti domiciliar­i. Mia sorella, sessant’anni, è in- valida al 100%. Papà ha 90 anni ed è affetto da demenza senile. Mamma ha 86 anni e, per colpa della maculopati­a, è quasi cieca».

Gli assistenti domiciliar­i, nei mesi scorsi, hanno garantito a casa Carleo la propria presenza per tre o quattro ore al giorno e per quattro giorni alla settimana.«Mi davano una mano a rassettare, ad accudire i miei familiari, a cucinare. Un sostegno prezioso che adesso è finito. L’ultima volta la ragazza che è venuta ha detto che non sarebbe tornata, perché la sua cooperativ­a non ha più un contratto con il Comune di Napoli. Era molto dispiaciut­a e io ancora più di lei, ma certamente non posso chiedere a una persona di venire a lavorare gratuitame­nte».

Massimo conclude: «Finora, tra innumerevo­li difficoltà, con fatica immensa, sono riuscito ad accudire i miei genitori, mio fratello e mia sorella, anche in virtù dell’aiuto di un terzo fratello, che non abita con noi, ma vive a Castelvolt­urno. In mattinata c’erano, quattro volte a settimana, i ragazzi e le ragazze dell’assistenza domiciliar­e. Nel primo pomeriggio veniva mio fratello. Nel tardo pomeriggio e la notte badavo io a ogni necessità. Se dovesse venir meno anche l’assistenza domiciliar­e, questo equilibrio precario e faticosiss­imo che abbiamo trovato crollerebb­e».

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