Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Rita, 84 anni, sulla sedia a rotelle: «Caro sindaco, venga a vedere Senza assistenti non ce la faccio»
NAPOLI Rita Scannapieco ha 84 anni e vive a Pianura. Non ha figli, marito o un parente che si occupi di lei. È costretta su una sedia a rotelle da quindici anni. Per lavarsi, cucinare, pagare le bollette, fare la spesa, acquistare le medicine in farmacia dipende in tutto e per tutto dagli operatori di una delle cooperative aggiudicatarie dell’appalto del Comune di Napoli, scaduto ormai sei mesi fa e già prorogato due volte. Nei prossimi giorni Rita rischia di restare completamente isolata dal mondo, prigioniera del suo stesso appartamento, perché gli assistenti domiciliari che l’hanno accudita finora potrebbero non recarsi più a casa sua. È scaduta la convenzione, proroga compresa, tra le cooperative aggiudicatarie degli appalti e Palazzo San Giacomo. Non è stato emanato un nuovo bando, finora, e non ci sono segnali positivi. Questione di risorse che mancano nel bilancio comunale. Problemi che, letti con gli occhi della signora, si traducono in un urlo di rabbia e di dignità: «Sono disgustata, ma non ho alcuna intenzione — come invece mi hanno consigliato in molti — di chiudermi in una struttura ai Camaldoli. Voglio continuare a vivere a casa mia e posso farlo, perché sono ancora lucida e ragiono bene. Però, senza l’aiuto delle ragazze e dei ragazzi che mi hanno assistito finora, è impossibile».
Nel tempo la signora Rita ha subito la progressiva decurtazione delle ore di presenza degli assistenti domiciliari. Ricorda: «Sono passati, nel corso di alcuni anni, da dodici a nove ore settimanali. Non è giusto e ha influito negativamente sulla mia qualità di vita, ma me ne sono fatta una ragione. In qualche modo mi sono adattata, anche grazie alla disponibilità degli operatori che si sono avvicendati e con i quali si è instaurato, quasi sempre, un buon rapporto. Vedo, però, che va sempre peggio e vorrei scrivere una lettera al sindaco per raccontargli le mie difficoltà e il dramma che sarà per me la sospensione del servizio di assistenza domiciliare. Magari potrebbe venire qui dove abito e capirebbe bene di cosa sto parlando e cosa sto rischiando. Io non ho i soldi per pagare qualcuno che mi aiuti, in sostituzione degli assistenti domiciliari. Vivo di una piccola pensione. I volontari che talvolta si presentano a casa, quelli dei pony della solidarietà, da soli non bastano».
Da Pianura a via Consalvo, dove abita la famiglia del quarantasettenne Massimo Carleo. Che racconta: «Sono disoccupato e ho un fratello con problemi di invalidità, per giunta agli arresti domiciliari. Mia sorella, sessant’anni, è in- valida al 100%. Papà ha 90 anni ed è affetto da demenza senile. Mamma ha 86 anni e, per colpa della maculopatia, è quasi cieca».
Gli assistenti domiciliari, nei mesi scorsi, hanno garantito a casa Carleo la propria presenza per tre o quattro ore al giorno e per quattro giorni alla settimana.«Mi davano una mano a rassettare, ad accudire i miei familiari, a cucinare. Un sostegno prezioso che adesso è finito. L’ultima volta la ragazza che è venuta ha detto che non sarebbe tornata, perché la sua cooperativa non ha più un contratto con il Comune di Napoli. Era molto dispiaciuta e io ancora più di lei, ma certamente non posso chiedere a una persona di venire a lavorare gratuitamente».
Massimo conclude: «Finora, tra innumerevoli difficoltà, con fatica immensa, sono riuscito ad accudire i miei genitori, mio fratello e mia sorella, anche in virtù dell’aiuto di un terzo fratello, che non abita con noi, ma vive a Castelvolturno. In mattinata c’erano, quattro volte a settimana, i ragazzi e le ragazze dell’assistenza domiciliare. Nel primo pomeriggio veniva mio fratello. Nel tardo pomeriggio e la notte badavo io a ogni necessità. Se dovesse venir meno anche l’assistenza domiciliare, questo equilibrio precario e faticosissimo che abbiamo trovato crollerebbe».