Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Un romanzo in musica con la tromba di Riccardi

- Riccardo Rosa

Slivovitz, Uanema Orchestra, Speakeasy, Super Mega Funkin’ Machine. Chi bazzica i locali e le piazze napoletane si è imbattuto certo più di una volta nel cappello e nella tromba di Ciro Riccardi. Musicista jazz ma non solo, il trombettis­ta napoletano tira fuori uno dei migliori dischi usciti in città nell’ultimo periodo, che rende giustizia al suo eclettismo e alla sua “iperattivi­tà”.

«Racconti di vinile», si chiama, e come spiega il suo mentore è un disco di storie, oltre che di musiche: «I vinili, per decenni, sono stati narratori di mondi. Portavano in giro idee nate dall’altra parte dell’oceano, rendendo meravil’autore gliose le musiche che prendevano vita a un passo da casa nostra; e anche ora, con il loro sapore antico, ci dicono molto del nostro passato, dei mondi che abbiamo sognato. Come succede con quei dischi, anche a me attraverso la musica piace raccontare storie, con le loro suggestion­i e i loro personaggi». In effetti «Racconti di vinile» è un disco pieno di storie, a cominciare da quelle dei tanti artisti che hanno collaborat­o con Riccardi, da Daniele Sepe e Peppe Servillo (che partecipa all’unica traccia cantata dell’album: «Me so’ scurdato ‘e me») passando per i tanti compagni di avventura nelle varie formazioni musicali a cui partecipa. Alle spalle di ogni pezzo, come è giusto che sia, c’è una storia di musica. Dal funk al jazz alla banda, attraversa­ndo echi di sonorità lontane e tradizioni popolari, tenute insieme da un filo conduttore che è proprio la tromba di Riccardi, narratore di questo piccolo romanzo musicale. Così tracce come «I marinai di Kronstadt» (che si rivoltaron­o contro i bolscevich­i, cinque anni dopo la rivoluzion­e d’ottobre, sentendosi traditi e promuovend­o la nascita di una società libertaria e autogovern­ata) si alternano ad altre molto diverse, come la vellutata «Danza Sufi» e la degna chiusura dell’album, una «Piccola storia mai raccontata». Tra queste narrazioni, così, si intravedon­o le storie di tutte le persone che hanno collaborat­o al disco. Come Massimilia­no Pone, storico fonico degli Almamegret­ta, che ha curato missaggi e mastering, «e che con un sistema di microfoni che non avevo mai provato – spiega Riccardi – disposti anche per terra, per rendere le vibrazioni del suolo oltre che quelle degli strumenti, ha restituito in musica le atmosfere e gli scenari in cui i suoni hanno preso corpo»; o come Daniele Sepe, che dopo aver suonato dei marinai sovietici ha proposto una session improvvisa­ta tromba-sax-chitarraco­ntrabbasso-batteria, che poi è finita anch’essa nel disco, con Il discorso di Pericle. E storie anche di luoghi, su tutti la sala grande dell’ex Asilo Filangieri, in cui Riccardi ha registrato tre dei nove pezzi, dando “in cambio” un turno di pulizie alla struttura, al termine del lavoro. Il disco, prodotto dallo stesso musicista e registrato a Napoli, è pubblicato dalla romana Alfa Music ed è appena uscito, dopo l’anteprima di fine giugno alla Sanità, a Palazzo dello Spagnolo.

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