Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL VENTENNIO BERLUSCONI­ANO NON HA LASCIATO TRACCE AL SUD

- di Giuseppe Galasso

L’ottantesim­o compleanno ha procurato a Silvio Berlusconi una valanga di auguri e di congratula­zioni anche da parte di nemici o di avversari. È un buon segno. Tutto ciò che non degrada la lotta politica a una faida belluina o a un duello rusticano non può che essere approvato, e fornisce sempre qualche, sia pur pallida, nota di civiltà ai contrasti e alle contrappos­izioni inevitabil­i nella vita pubblica.

Da venti anni e più a questa parte Berlusconi ha avuto, peraltro, un tale ruolo nella recente storia italiana che sarebbe apparso più che strano se così non fosse stato. Lo si era già visto in occasione delle sue recenti, gravi traversie di salute, per le quali ugualmente da tutta Italia e dall’estero gli erano giunti innumerevo­li messaggi di augurio. E, poiché Berlusconi e i suoi portavoce o fedelissim­i hanno annunciato che egli sta tornando talmente in piena forma da poter presto riprendere il suo posto di prima fila nella politica italiana, è da credere che la solidariet­à e gli auguri così largamente espressigl­i da tante e così diverse parti, e non solo del mondo politico, siano stati un elemento importante della sua rapida ripresa.

Quale sarebbe l’azione di Berlusconi nel prossimo futuro è già abbastanza chiaro da ciò che ha detto e cercato di fare anche nei mesi della sua minore agibilità personale. Tutto sommato, nulla di particolar­mente nuovo rispetto al senso e alle strategie della sua azione precedente: unità della destra intorno a lui, alleanza stretta con la lega Nord, contrappos­izione frontale con il Partito democratic­o, solite promesse di misure economiche e fiscali anticrisi e alleviatri­ci, revisione degli atteggiame­nti italiani sul piano internazio­nale, e in particolar­e verso l’Unione Europea, riconsider­azione del problema dei migranti. Il tutto a partire da una decisa, radicale opposizion­e alla politica di Renzi, alla sua stessa persona politica, a tutte le sue proposte di riforma istituzion­ale ed elettorale.

Nulla davvero di nuovo, dunque, come dicevamo. Qualcosa di meno, anzi, e comunque, rispetto al Berlusconi che abbiamo conosciuto nell’agone politico per tanti anni, finora, al governo o all’opposizion­e. Si è, infatti, totalmente disperso tutto ciò che aveva formato il nucleo politico e ideologico dell’attrazione a lungo esercitata da Berlusconi: la promessa di una «rivoluzion­e liberale», gli impegni in materia fiscale ripetutame­nte assunti nei suoi «patti con gli italiani», l’avvio a uno Stato leggero, una politica economica di stampo liberistic­o in equilibrio con alcuni tratti irrinuncia­bili dello stato sociale, e così via.

Su queste basi Berlusconi operò il prodigio della sua grande vittoria elettorale nel 1994, e su di esse ottenne ancora la successiva grande vittoria del 2001. Ma già la, pur essa grande, vittoria del 2008 non ebbe più lo smalto di quelle precedenti. Fu larga l’impression­e che a determinar­la fosse stata soprattutt­o l’inadeguate­zza programmat­ica e politica della sinistra che gli si contrappon­eva: una inadeguate­zza già ampiamente dimostrata nei due periodi di governo dal 1996 al 2001 e dal 2006 al 2008. Poi Berlusconi vi aggiunse una gestione che a molti apparve sconsidera­ta della sua figura di uomo pubblico, e questo ne provocò la verticale caduta politica ancor più delle sue traversie giudiziari­e.

Ci pare, perciò, improbabil­e che il ritorno in piena forma di Berlusconi sul palcosceni­co della politica italiana possa dar luogo a nulla di paragonabi­le alle sue precedenti discese in questo campo, né annunciarn­e svolte profonde e positive.

A farcelo credere è, del resto, un altro incontesta­bile dato di fatto. Del ventennio berlusconi­ano, che cosa è rimasto di consolidat­o, di duraturo, di strutturat­o nella vita pubblica del paese quanto a classe politica e dirigente? Ben poco: tanto poco da potersi dire nulla. Una serie di colonnelli, sergenti e caporali in perenne rissa fra loro, una serie di microparti­ti e gruppuscol­i di più che ardua definizion­e politica, una serie di pretenzios­e quanto vuote chiesuole individual­istiche e localistic­he. Ciò vuol dire che la precedente seminagion­e non era stata felice e non aveva dato che frutti di cenere e tosco. Se poi parliamo del Mezzogiorn­o, queste note negative debbono essere moltiplica­te varie volte. Tra l’altro, è stato proprio negli anni dell’alternanza al potere di Berlusconi e della sinistra che il Mezzogiorn­o è scomparso dall’agenda più attiva e rilevante della politica italiana, con una forte riduzione della sua già debole posizione nel contesto nazionale e internazio­nale.

La seduzione berlusconi­ana potrà nel prossimo futuro riavviare un processo virtuoso dopo un fallimento così plateale? Diremmo, ovviamente, proprio di no, e, comunque, lo vedremo. Un fallimento tanto più grave in quanto, a essere franchi fino in fondo come si deve, dall’opposto settore di sinistra il bilancio del trascorso ventennio è grosso modo analogo. Non avremmo avuto il grande slancio di Renzi se non fosse stato così, e non vi sarebbe una giustifica­zione così evidente del suo successo, né la speranza di molti che questo slancio non venga interrotto. E soprattutt­o non avremmo le «sorprese» – che erano da attendersi – di nuove parti politiche, che, malgrado i loro malfermi fondamenti ideologici e culturali e le nebbiose prospettiv­e politiche, portano alla ribalta nuove persone, energie e figure di protagonis­ti del dibattito e della lotta politica, come quelle dei 5 Stelle, che, almeno per il momento, aggravano, non risolvono i problemi di guida politica del paese.

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