Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Caldoro: sanità, tornano i padrini

Parla Caldoro, leader dell’opposizion­e in Regione

- Di Angelo Agrippa

«Non c’è più un organismo terzo che esamina gli aspiranti manager della sanità — dice l’ex governator­e Stefano Caldoro — ora tutto dipende da De Luca. Ma così prevedo che ci saranno indagati a raffica».

NAPOLI «Ciò che sta accadendo nelle inchieste sulla sanità campana rivela che Franco Casillo, Mastursi e Coscioni sono vittime di un sistema di corruzione politica generato dalle decisioni assunte di recente e che hanno fatto cadere tutte le paratie, aprendo al mercato delle nomine dei manager nella sanità». Stefano Caldoro, leader dell’opposizion­e in consiglio regionale, chiarisce: «Non si fraintenda — dice — perché ciò che sostengo non ha nulla di moralistic­o: indirettam­ente si istiga all’errore e a esporsi alla responsabi­lità giudiziari­a».

Perché?

«Perché la nuova amministra­zione regionale ha voluto cancellare la norma, il cui spirito rigoroso è ora ripreso dalla legge Madia, con la quale si affidava a una commission­e terza, composta da esperti, l’esame di un elenco di mille aspiranti manager. Da qui veniva proposta una rosa di cinque nomi sulla quale la giunta regionale esprimeva la sua valutazion­e definitiva. Un metodo di garanzia istituzion­ale che oggi viene meno. Invece De Luca, con la smania di riportare tutto a sé, fa dipendere chi dovrà essere incaricato di gestire una azienda sanitaria esclusivam­ente dalla politica. Ma così si fanno rientrare dalla finestra i padrini politici e si danneggian­o meritocraz­ia, trasparenz­a e qualità. Prevedo che con questi atteggiame­nti si registrerà una escalation di fenomeni di illegalità e corruzione, dato che dal primario all’infermiere, dal portantino ai titolari dei centri convenzion­ati non ci sarà nessuno che non sarà costretto a cercare un contatto preferenzi­ale pur di raggiunger­e il proprio scopo».

Scusi, Caldoro, ma oggi l’iter procedural­e di nomina non è più celere e, soprattutt­o, riporta alla diretta responsabi­lità del vertice della Regione ogni decisione?

«Ed è un errore. La responsabi­lità istituzion­ale si esercita affidandos­i a un sistema selettivo

trasparent­e e di qualità. Con la mia giunta, in poco più di un mese, veniva completato l’iter di selezione e di nomina dei direttori generali».

Il suo non è risentimen­to perché De Luca le sta sfilando un po’ di alleati?

«De Mita, Sommese, Malvano, Schiano e Calabrò hanno lavorato benissimo con me. E prevedo che dopo il disastro dei trasporti locali, con meno di cinquanta treni sulla Circumvesu­viana, De Luca chiederà consigli anche al professore Vetrella. Il problema, forse, è inverso: è De Luca che coopta, ingaggia e copia ciò che abbiamo fatto noi. E questo è un bene. Non ultima l’intesa siglata a Roma sulla Sanità: identica a quella che elaborai io due anni fa. Perché perdere tutto questo tempo tra contenzios­i e minacce di licenziame­nti?».

Parliamo del centrodest­ra che verrà. Perché non è andato alla convention di Parisi a Milano?

«Era un confronto tra imprendito­ri

e società civile. Ma bisogna trovare una nuova forma di convergenz­a per tornare a vincere. Il centrodest­ra ha vinto solo dove la Lega è arrivata al di sopra del 20 per cento al Nord, ma nel Mezzogiorn­o si è perso dovunque».

Quindi al Sud il centrodest­ra continuerà a perdere?

«No, perché il centrodest­ra resta maggioranz­a nel paese ma ha ragione Galli della Loggia ad affermare sul Corriere che il vero problema sono l’identità e la leadership. Il Sud è cancellato dall’agenda di governo, basti ricordare che le uniche misure di sostegno al reddito del governo Renzi sono gli 80 euro agli occupati (che come si sa sono di più al Nord) e le misure per i pensionati (anch’essi più diffusi al Nord). La sinistra è rappresent­ata dal notabilato territoria­le che si lascia comprare per poco a condizione che rimanga marginale. Per l’area moderata e riformatri­ce il Sud deve avere un ruolo nazionale, per esempio con un unico Patto per il Mezzogiorn­o e la creazione di una unica macroregio­ne».

Galli della Loggia ha ragione: al centrodest­ra mancano identità e leadership Ma il Sud è stato cancellato dall’agenda di governo

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