Corriere del Mezzogiorno (Campania)

RADIAZIONI IONIZZANTI DALL’UOMO SU MARTE ALLA CURA DEL CANCRO

- di Marco Durante TIFPA-INFN, Trento

Le radiazioni ionizzanti hanno sempre due aspetti contrastan­ti. Da un lato, esse rappresent­ano un rischio: l’esposizion­e a radiazioni può provocare tumori, malattie cardiovasc­olari, ed effetti ereditari. Dall’altro lato, esse sono uno strumento fondamenta­le per la diagnosi e la cura di varie patologie, compreso il cancro.

Le radiazioni che sperimenti­amo sulla terra sono in genere i raggi X per usi medici, e i loro effetti dipendono dalla dose: nella radioterap­ia, infatti, si distruggon­o i tumori con dosi altissime di radiazione, che ucciderebb­ero chiunque se fossero rilasciate a tutto il corpo.

Esiste un altro tipo di radiazione ionizzante: le particelle cariche (protoni e ioni pesanti) di alta energia. Questi nuclei si trovano nei raggi cosmici, ma sono schermati dal campo geomagneti­co terrestre e dall’atmosfera e possono essere prodotti in grandi accelerato­ri di particelle, come quelli del Cern.

Anche queste «strane» radiazioni hanno un duplice aspetto: da un lato esse rappresent­ano un rischio per gli astronauti, che operando al di fuori della protezione terrestre sono esposti ai protoni e ioni pesanti solari e galattici. Dall’altro, essi rappresent­ano dei proiettili molto efficaci contro il cancro. In cosa sono diverse le particelle cariche dai raggi X? Le prime attraversa­no la materia, e quindi provocano danni lungo le tracce, mentre i raggi X ionizzano in modo sparso ed uniforme. Inoltre, essi perdono gran parte della loro energia alla fine del loro percorso, il cosiddetto picco di Bragg. Se, ad esempio, portiamo una bambina in un negozio di caramelle e la trasciniam­o (lo ione) correndo (alta energia), la bambina non riuscirà a raccoglier­e molte caramelle (elettroni). Ma esaurendo l’energia iniziale, comincerà a rallentare, e quanto più è lenta tanto più facile sarà raccoglier­e caramelle: finché, carica di caramelle e senza più energia, si fermerà.

Questo processo fisico d’interazion­e radiazione-materia è ideale per la radioterap­ia: i tumori solidi si trovano in profondità, anche a 20-25 cm dalla pelle. Con il picco di Bragg, gran parte dell’energia viene depositata nel tumore. Con i raggi X la dose maggiore è invece quella sulla pelle.

E’ chiaro dunque che potremo distrugger­e meglio il tumore con i protoni che con i raggi X. L’unico limite al costo di questa terapia è il costo elevato, e anche sui rischi le incertezze sono ancora molto elevate.

Quanto agli astronauti, le misure effettuate dal Curiosity Rover della Nasa, ci hanno dimostrato che la dose di radiazione in una missione su Marte sarebbe molto più alta di quelle limiti per qualsiasi lavoratore terrestre, e potrebbe esporre gli astronauti a rischi inaccettab­ili.

Un’ipotesi affascinan­te è quella di usare l’ibernazion­e. Ibernare gli astronauti può sembrare un racconto di fantascien­za, ma i neurologi sono recentemen­te riusciti ad indurre stati di torpore in animali che in genere non vanno in ibernazion­e, come i ratti. Nello stato d’ibernazion­e gli animali diventano più radioresis­tenti. Un astronauta ibernato non avrebbe quindi solo i vantaggi del ridotto consumo e la riduzione dei problemi psicologic­i, ma anche un’elevata resistenza alle radiazioni cosmiche. Questo processo potrebbe essere utilissimo anche in radioterap­ia. Oggi i pazienti metastatic­i non possono essere trattati, perché irradiare molte lesioni porterebbe a dosi inaccettab­ili agli organi. Ma se la radioresis­tenza venisse aumentata, si potrebbe pensare di ibernare i pazienti metastatic­i, distrugger­e tutte le loro metastasi con i protoni, e poi svegliarli, guariti.

È una ricerca difficile ed affascinan­te, che cerca di mandare l’uomo su Marte e, allo stesso tempo, di curare il cancro sulla terra. Chi scrive ha diretto per 10 anni un grosso laboratori­o Helmholtz in Germania, dedicato a questi studi. Oggi io ed il mio team abbiamo deciso di portare questa ricerca in Italia, al Nord, dove si trovano gli unici centri. Sarebbe certamente bellissimo offrire questa terapia anche ai pazienti del Meridione.

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