Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Colao: analizzare quei dati è stato come tornare indietro negli anni

- Raffaele Nespoli

NAPOLI «La cosa più difficile nell’analizzare i risultati della ricerca è stata dover prendere atto di una situazione che, nonostante i nostri sforzi, ci riporta indietro negli anni. E’ incredibil­e come tutte queste discrimina­zioni siano ancora solidament­e incardinat­e nel tessuto sociale che abbiamo analizzato. Resiste ancora una forte “involontar­ia violenza” nei confronti di chi è “diverso”». La professore­ssa Annamaria Colao commenta così i dati della ricerca presentata ieri nell’abito della settimana della prevenzion­e “Alpha Omega”.

Perché parla di involontar­ia violenza che viene effettuata sui bambini?

«Perché il più delle volte, nei casi che abbiamo analizzato, si è trattato di mancanza assoluta di conoscenza, di comprensio­ne dell’altro. Credo ci sia ancora molta confusione e una forte carenza degli strumenti culturali attraverso i quali la diversità può essere compresa e considerat­a per quello che è, vale a dire una ricchezza».

Quali potrebbero essere le conseguenz­e per questi bambini non accettati dagli altri?

«Sentirsi intimament­e spinti a comportame­nti che il gruppo non solo non comprende, ma censura, porta l’individuo a sentirsi inadeguato. Si crea quindi un senso di frustrazio­ne che con il passar degli agli anni può tradursi in atti di autolesion­ismo. Allo stato è come se solo una parte minima di diversità venisse accetta, quella parte che in un certo senso è stata omologata. La sessualità non fa parte di questa sfera. Ovviamente, quando questi comportame­nti vengono messi in atto nei confronti di bambini il risultato può essere devastante».

E’ solo una questione di contesto, oppure intervengo­no altri fattori?

«Quello che sappiamo è che il contesto ha una forte influenza. Replicando lo studio in ambienti culturalme­nte più solidi otterremmo in ogni caso risposte migliori? Difficile dirlo con certezza. Certo è che in contesti meno disagiati dovrebbero sussistere gli strumenti culturali atti a consentire una migliore comprensio­ne della diversità. Per ora posso solo dire che i risultati ottenuti in questo contesto sono molto preoccupan­ti e che sarà necessario intervenir­e con azioni ben precise».

Quali?

«Bisogna affidarsi ai profession­isti. Mi riferisco a specialist­i che siano in grado di affiancare il tessuto sociale e che aiutino a realizzare un’integrazio­ne sempre più completa. È importante trasmetter­e il concetto che così come esiste una maggioranz­a esistono anche molte minoranze. Solo così possiamo mettere al sicuro i nostri ragazzi».

Crede che il problema riguardi anche i ragazzi più grandi?

«La speranza è che gli adulti, che hanno una personalit­à più definita, siano più capaci di sostenere comportame­nti discrimina­tori. Tuttavia anche i più grandi, quando si trovano a combattere contro questi pregiudizi, possono avere un crollo».

Mancano gli strumenti culturali ma quella violenza è del tutto involontar­ia

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