Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Chiesti 14 ergastoli per i boss Il pm: confessioni strumentali
Faida di Scampia: «Tentano di evitare il carcere duro per gestire i loro affari»
NAPOLI «Queste ammissioni tardive e inutili rischiano di vanificare undici anni di lavoro dello Stato. Sono confessioni strumentali: tra le intenzioni di questi boss non c’è solo quella di avere un’indicazione di fine pena sfuggendo all’ergastolo. Gli imputati puntano soprattutto all’attenuazione del regime di carcere duro, che consenta loro di continuare a gestire gli affari». Il pm Stefania Castaldi ha tenuto ieri una requisitoria molto dura al processo per alcuni omicidi commessi nel corso della faida di Scampia: ha chiesto infatti 14 ergastoli per altrettanti imputati tra cui i sei che, come raccontava ieri sul Corriere della Sera Giovanni Bianconi, hanno improvvisamente e (in apparenza) stranamente deciso di fare ammissioni: Gennaro Marino, Arcangelo Abete, Ciro Mauriello, Cesare e Carmine Pagano, Enzo Notturno. Dodici anni è la richiesta per l’unico imputato che risponde solo di armi.
Nel corso della requisitoria, che si è svolta davanti alla terza sezione della Corte d’Assise, presieduta da Giuseppe Provitera, la rappresentante della pubblica accusa si è soffermata innanzitutto sulla crudeltà dei protagonisti della faida («Cosimo Di Lauro è stato il primo a mettere le pistole in mano ai bambini, altro che le paranze e le stese di oggi»). Castaldi ha anche spiegato la barbara abitudine dei clan in lotta di prendere ragazzi o addirittura bambini in ostaggio prima degli omicidi: un modo per garantirsi, in quel momento di incertezza totale, la fedeltà dei killer incaricati di portare a termine incarichi di morte.
Quindi il pm ha fatto riferimento alle confessioni, arrivate una dopo l’altra nel corso degli ultimi mesi. Ha fatto l’esempio di Cesare Pagano, capo dell’omonimo clan che si contrappose ai Di Lauro: «Che significa che si dissocia se ha un intero clan fuori, se uno dei narcotrafficanti che faceva affari con lui aveva addirittura due Van Gogh? Ci dica almeno dove tiene i soldi, questo basterebbe allo Stato per valutare la sua dissociazione. Ma così non ha senso». Il riferimento ai Van Gogh non è casuale: Raffaele Imperiale, narcotrafficante che si è rifugiato a Dubai, aveva investito in due quadri del pittore olandese l’enorme massa di denaro guadagnata facendo affari con gli scissionisti di Scampia. Tutto il resto dei soldi, però, non si sa dove siano. Stando così le cose, secondo la Dda, non si può parlare di dissociazione.
Una recente sentenza di secondo grado aveva valutato positivamente la decisione di ammettere le proprie responsabilità, considerandola un segnale positivo soprattutto se a lanciarlo è un capo. Castaldi non è di questo avviso: nessun ravvedimento, si tratta — ha sostenuto — solo di un espediente per evitare il carcere duro. Un espediente che rischia di vanificare il lavoro che magistrati e polizia giudiziaria hanno compiuto in questi anni per ricostruire omicidi atroci, gerarchie criminali, alleanze e conflitti.
Castaldi Bimbi presi in ostaggio dai clan per garantirsi che i killer uccidano