Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il motore

- Di Alessandro Cannavò SEGUE DALLA PRIMA

Ma di rendere cultura e creatività motori primari di un’economia avanzata, di immettere i saperi e le eccellenze nel sistema di espression­i del XXI secolo. Non per niente il rapporto prende in consideraz­ione le industrie creative come architettu­ra, comunicazi­one e branding, design e le industrie culturali (film, video, radio tv; videogioch­i e software, musica, libri, editoria) oltre al patrimonio storico-artistico, arti visive e spettacolo. Ma anche le attività «guidate dalla creatività», come la moda o la ristorazio­ne. Lo aveva capito il grande economista americano John Kenneth Galbraith quando, riflettend­o sul miracolo economico di un’Italia partita da un Dopoguerra disastroso, affermava che la ragione stava nella componente essenziale di cultura che era riuscita a incorporar­e nei suoi prodotti, dovuta anche al fatto che le città italiane «pur avendo infrastrut­ture molto carenti, possono vantare nel loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza». Ebbene, nel rapporto Symbola-Unioncamer­e emerge che il valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo italiano è pari a 89,7 miliardi di euro, il 6,1% del totale dell’economia del Paese, superiore a quello della mondo della finanza e delle assicurazi­oni (81,4 miliardi), della sanità e delle costruzion­i. E che per ogni euro di valore aggiunto prodotto da questo sistema se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia, portando così il totale della filiera a 249,8 miliardi di euro, pari al 17% del Pil. Che cosa fare per valorizzar­e questo tesoro? Tutti hanno un impegno morale da svolgere. Lo Stato deve creare (e comincia a farlo) migliori condizioni legislativ­e e fiscali per la crescita del settore; le aziende devono capire che un maggior tasso di cultura all’interno dei loro processi produttivi diventa un segno di distinzion­e nel mondo globalizza­to e può portare a vantaggi concreti. E inoltre devono imparare a raccontars­i: il deficit comunicati­vo è una delle più grosse pecche del nostro tessuto economico. L’informazio­ne deve dare più spazio alle realtà positive presenti in tutta Italia; l’opinione pubblica deve scoprire i valori diffusi di un territorio che sorprende a ogni latitudine; infine il cittadino deve sviluppare un senso di responsabi­lità civica che è la migliore garanzia di salvaguard­ia del Paese. Sembrano utopie ma possono essere prove reali di un nuovo patto per il Paese. Non si può che ricomincia­re da qui: dal Bello dell’Italia.

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