Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il motore
Ma di rendere cultura e creatività motori primari di un’economia avanzata, di immettere i saperi e le eccellenze nel sistema di espressioni del XXI secolo. Non per niente il rapporto prende in considerazione le industrie creative come architettura, comunicazione e branding, design e le industrie culturali (film, video, radio tv; videogiochi e software, musica, libri, editoria) oltre al patrimonio storico-artistico, arti visive e spettacolo. Ma anche le attività «guidate dalla creatività», come la moda o la ristorazione. Lo aveva capito il grande economista americano John Kenneth Galbraith quando, riflettendo sul miracolo economico di un’Italia partita da un Dopoguerra disastroso, affermava che la ragione stava nella componente essenziale di cultura che era riuscita a incorporare nei suoi prodotti, dovuta anche al fatto che le città italiane «pur avendo infrastrutture molto carenti, possono vantare nel loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza». Ebbene, nel rapporto Symbola-Unioncamere emerge che il valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo italiano è pari a 89,7 miliardi di euro, il 6,1% del totale dell’economia del Paese, superiore a quello della mondo della finanza e delle assicurazioni (81,4 miliardi), della sanità e delle costruzioni. E che per ogni euro di valore aggiunto prodotto da questo sistema se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia, portando così il totale della filiera a 249,8 miliardi di euro, pari al 17% del Pil. Che cosa fare per valorizzare questo tesoro? Tutti hanno un impegno morale da svolgere. Lo Stato deve creare (e comincia a farlo) migliori condizioni legislative e fiscali per la crescita del settore; le aziende devono capire che un maggior tasso di cultura all’interno dei loro processi produttivi diventa un segno di distinzione nel mondo globalizzato e può portare a vantaggi concreti. E inoltre devono imparare a raccontarsi: il deficit comunicativo è una delle più grosse pecche del nostro tessuto economico. L’informazione deve dare più spazio alle realtà positive presenti in tutta Italia; l’opinione pubblica deve scoprire i valori diffusi di un territorio che sorprende a ogni latitudine; infine il cittadino deve sviluppare un senso di responsabilità civica che è la migliore garanzia di salvaguardia del Paese. Sembrano utopie ma possono essere prove reali di un nuovo patto per il Paese. Non si può che ricominciare da qui: dal Bello dell’Italia.