Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il «Macbeth» di De Fusco, visionario e cinematografico
Luca De Fusco ha definito negli ultimi anni una sua misura espressiva che fa dell’uso spinto della multimedialità, della cupezza livida delle ambientazioni, della presenza di corpi danzanti e dello sdoppiamento fra azione reale e riproduzione virtuale, la chiave registica di tragedie classiche e shakespeariane. Un modello che si ritrova anche nel «Macbeth» presentato in anteprima al Napoli Teatro Festival e da stasera e fino al 13 novembre in scena al Mercadante, di cui apre la stagione. Un allestimento, quindi, che si aggancia ai precedenti «Antonio e Cleopatra» e «Orestea», con i quali forma una trilogia «sacrificale», figlia dell’inesausta brama di potere dei suoi protagonisti, e che qui si connota di forti accenti cinematografici: dalla costruzione delle scene per piani successivi intorno al fulcro generatore del talamo regale, fino all’attraversamento visionario degli snodi simbolici ideati dal Bardo: l’apparizione delle tre streghe che predicono a Macbeth il destino di re, la visione del pugnale che uccide il sovrano di Scozia Duncan , il fantasma di Banquo e la delirante Lady in preda a sonnambulismo finale. Figure che galleggiano nello spazio che recinge l’azione e che accentuano la misura mitologica e simbolica della tragedia generata dall’efferato usurpatore del trono di Scozia, piuttosto che la verosimiglianza storica ereditata dalle «Cronache» di Holinshed. Per quanto riguarda il cast, si conferma l’idea defuschiana di una compagnia stabile che vede nei ruoli principali Luca Lazzareschi e Gaia Aprea, Giacinto Palmarini e Claudio Di Palma. Scene di Marta Crisolini Malatesta, costumi di Zaira De Vincentiis, musiche di Ran Bagno e coreografie di Noa Wertheim.