Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Fondazione De Filippo Entra Davide Iodice
Nel comitato scientifico nominati de Giovanni e Moscato
Non ha mai firmato, finora, la regia di un lavoro eduardiano, anzi è stato più spesso sul versante vivianeo del teatro napoletano, eppure Davide Iodice per molti versi è l’artista adatto a raccogliere il testimone di De Filippo, soprattutto per l’aspetto dell’impegno sociale e a favore dei ragazzi disagiati. Per questo, oltre che per il suo lavoro strettamente artistico, il sindaco de Magistris lo ha designato nel cda della Fondazione De Filippo.
Era la nomina che mancava per completare il quadro del nuovo consiglio di amministrazione che, come la norma prevede, è passato da otto a cinque membri. Ecco la formazione attuale: Carolina Rosi (presidente), Giulio Baffi, Leopoldo di Bonito, Alfredo Balsamo (nomina regionale) e, appunto, Iodice. I tre membri che restano fuori vengono però «recuperati» nel comitato scientifico. Si tratta della studiosa Annamaria Sapienza, dell’avvocato Eduardo Sabatino e del regista Francesco Saponaro. Nello stesso comitato sono stati nominati Enzo Moscato e Maurizio de Giovanni (su indicazione del Comune). Mancano da ultime le due nomine della Regione.
Dal canto suo, Iodice è un teatrante non facilmente inquadrabile, indipendente: come si troverà in un ruolo istituzionale? «Spero che sia un ruolo fat- tivo», risponde, «sono uno che cerca di portare a termine i progetti concretamente, non voglio fare solo riunioni».
Ha avuto mai contatti con De Filippo?
«Con Luca, a Roma. È stata la prima persona che mi ha offerto un teatro per provare. Regie eduardiane non ne ho firmate, anche per un certo pudore. Ma mi piacerebbe moltissimo fare Sik Sik, un testo chiave della drammaturgia napoletana. Il teatro di Eduardo è un universo affascinante, che conosco bene, ma mi tocca molto anche il lavoro che lui portò avanti a Nisida e la legge regionale che porta il suo nome. Tutta questa ultima fase del lavoro di De Filippo è un grande lascito, al di là del suo alto valore artistico».
Anche lei porta avanti un lavoro sociale con la sua scuola elementare del teatro all’Asilo Filangieri, che parteciperà anche al prossimo Teatro Festival.
«Sì, è un gruppo misto che si occupa di disagio senza creare ghetti. È un laboratorio, un’officina, ma anche una rete di cooperazione tra gruppi. Vorrem- mo arrivare alla creazione di un Conservatorio di teatro popolare come già ce ne sono, per esempio a Roma».
Ha seguito la vicenda della chiusura del Mercadante?
«È una vicenda che mi rende molto triste. A Napoli accadono sempre cose eclatanti, bisognerebbe capire bene com’è
L’impegno «Spero sia un ruolo fattivo, non voglio partecipare soltanto a riunioni»
andata. Sinceramente spero proprio che non sia nulla di più di una questione tecnica. Le forze sane di questa città devono smantellare i fantasmi che alimentano le dietrologie. Bisogna lavorare insieme, alla luce del sole, senza pensare alla conservazione di piccoli poteri personali. Il teatro è un bene pubblico e come tale va trattato».