Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La proposta per Palazzo Fuga e quel motto sulla città
Caro direttore, vorrei senz’altro associarmi alla proposta di Carlo Knight circa la trasformazione del cosiddetto Palazzo Fuga in un albergo, e l’esempio da lui addotto dell’Hotel Dieu a Lione mi appare ancora più persuasivo. Quel palazzo nacque male, e non è un caso che non sia stato mai completato, poiché a nessuno dei successori di Carlo venne in mente di portare a termine un disegno poco sensato. Carlo aveva nientemeno progettato di raccogliere tutti i poveri del Regno in un solo hospitium — un ospizio, che fra i napoletani fu sempre chiamato, meglio e molto realisticamente, «reclusorio», luogo di reclusione. Era un disegno che definire astrattamente illuministico già sarebbe fare un torto al frequente e generoso utopismo illuministico. Non so, né ho alcun dato per giudicare se tecnicamente ed economicamente la trasformazione di un edificio così singolare anche nella sua struttura edilizia sia possibile e conveniente.
Se, però, tecnica ed economia fossero d’accordo l’idea sarebbe davvero attraente, e potrebbe dare, a una parte di Napoli che ne ha grande bisogno, un punto di riferimento e di stimolo a un certo miglioramento delle sue condizioni, e servirebbe anche a bilanciare un po’ la distribuzione territoriale delle grandi attrezzature alberghiere napoletane. E, a pensarci, sarebbe anche un tributo alla memoria del re Carlo, che certo, come dice a ragione Knight, non era un’aquila, ma fu un uomo probo, mise molta buona volontà nel governare il Regno, fece varie cose buone e, infine, ma non meno, ha diritto alla imperitura gratitudine dei napoletani per averci lasciato qui, andando a regnare in Spagna, le collezioni farnesiane, di sua privata proprietà, senza delle quali il patrimonio dei beni culturali di Napoli sarebbe molto minore di quello che è.
Vorrei, inoltre, aggiungere — visto che oggi Antonio Fiore lo cita spiritosamente nel suo, come sempre, divertente Afiorismo del giorno — che il detto «Vedi Napoli, e poi muori» non significa affatto, come tanto spesso si crede, che, se uno viene a vedere Napoli, stramazza a terra e muore: per cui Napoli sarebbe un luogo rigorosamente da evitare, e per cui, negli sciocchi usi di tanti meschinelli, non solo negli stadi, si cita spesso questo motto a detrimento della città, come una specie di toccaferro e di scaramanzia. Quel motto vuole, infatti, al contrario, esaltare Napoli. Vuol dire: non puoi morire senza che tu abbia visto almeno una volta Napoli; non puoi, cioè, morire senza aver visto un paesaggio di «grande bellezza» come Napoli. Si tratta, naturalmente, di detti, motti, modi di dire, e vanno presi per tali. Viene da ridere al solo pensiero che si possa rimandare indefinitamente una visita a Napoli come mezzo per allungarsi la vita. Ma anche questi detti hanno un loro significato. La fama di bellezza di Napoli è antica e più che giustificata. Che, poi, noi napoletani usiamo e manteniamo questa bellezza come meriterebbe, e come sarebbe nostro stretto interesse, è un altro discorso.