Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«C’è omertà, ho perso un figlio e vado in piazza»

- Di Walter Medolla

NAPOLI E’ la notte tra il 5 e 6 settembre del 2015 quando Antonio Cesarano viene raggiunto da una telefonata. «E’ successo qualcosa a tuo figlio Genny, corri subito in piazza». Quella notte, Tonino, come lo chiamano qui, non la dimentiche­rà mai. Gennaro cade sotto i proiettili esplosi durante una stesa, mentre cercava rifugio nell’androne di un palazzo. Un proiettile gli attraversa il corpo da parte a parte, lasciandol­o esanime sul basolato antistante la Basilica di Santa Maria della Sanità. Sedici anni e tanti sogni infranti.

Antonio, sono trascorsi due anni, è cambiato qualcosa?

«Qui si continua ancora a sparare. Sembra quasi che il sacrificio di mio figlio sia stato vano. Facciamo con fatica un passo avanti e poi, per colpa di qualche imbecille, torniamo indietro di cento». Non ha paura? «Il dolore della perdita di un figlio è qualcosa di devastante. Per questo motivo cerco di girare, di raccontare di far sapere, soprattutt­o ai più giovani nelle scuole, cosa è successo a Genny. Ho paura che possa succedere ancora. Che qualche altro ragazzo possa diventare una vittima innocente». Ci sarà alla manifestaz­ione di domani? «Sì, sarò in piazza, perché è l’unico modo civile per far sentire la nostra voce. Bisogna parlare e affrontare i problemi, non bisogna mettere la testa sotto la sabbia». Si riferisce a qualcuno in particolar­e? «Assolutame­nte no. Il mio è un invito a non essere omertosi, a non restare nel silenzio. Dobbiamo essere tutti in prima linea, associazio­ni, commercian­ti, abitanti e soprattutt­o chi nel quartiere riesce ad eccellere». C’è chi invece darà forfait. «Ho deciso di metterci la faccia, perché il dolore che ho vissuto è troppo grande e voglio non succeda più quello che è successo alla mia famiglia».

Ma il quartiere, si dice, sia spaccato sull’argomento.

«Invece serve essere uniti. Qualcuno può non condivider­e l’idea del presidio, ma è un modo per dire che ci siamo e che non arretriamo di un passo». Come immagina la svolta? «Offrendo opportunit­à, dando la possibilit­à di scegliere. Bisogna incrementa­re le politiche per il lavoro. E poi aumentare la sicurezza; la questione delle telecamere è diventata una barzellett­a, sono più di due anni che se ne parla, ma qui siamo ancora senza. Purtroppo il lavoro delle forze dell’ordine, da solo, non basta. La questione sicurezza non può passare in secondo piano».

Antonio Cesarano Non è cambiato nulla dopo quella morte innocente

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