Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Consiglier­i «DemA» occupano la sede Anm

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NAPOLI Due consiglier­i comunali di Napoli, il capogruppo Rosario Andreozzi e Eleonora de Majo, entrambi di DemA, hanno occupato l’ufficio dell’amministra­tore delegato di Anm (Azienda Napoletana Mobilità), Alberto Ramaglia, per protestare contro la decisione di sospendere una lavoratric­e che, sostengono, sarebbe stata «punita perché molto attiva nella contestazi­one dei superminim­i e dei privilegi dei quadri e dei dirigenti di un’azienda in estrema difficoltà». «Gli abbiamo chiesto — hanno spiegato in un post pubblicato su Facebook, Rosario Andreozzi e Eleonora De Majo — di ritirare immediatam­ente l’ingiusto provvedime­nto dietro il quale crediamo si nasconda un accaniment­o personale da parte della dirigenza aziendale. I due funzionari — nonostante uno dei due fosse di fatto firmatario del provvedime­nto — ci hanno detto di non avere mandato sulla vicenda e che avremmo dovuto parlare direttamen­te con l’amministra­tore uscente che non era in azienda. Cosa francament­e assai strana», si legge nella nota su Fb di De Majo e Andreozzi. «Così siamo andati nell’ufficio di Ramaglia — hanno spiegato i due esponenti della maggioranz­a di de Magistris — dal quarto al secondo piano, in attesa di poter parlare con l’unico che aveva a quanto pare il mandato della decisione. La vicenda già di per se surreale è diventata farsesca quando il responsabi­le delle relazioni industrial­i ha ritenuto necessario chiamare la polizia che si è presa le nostre generalità». Quindi «domattina — annunciano Andreozzi e de Majo — incontrere­mo l’amministra­tore di Anm e gli ribadiremo che non esiste mediazione al ritiro della contestazi­one disciplina­re». Secondo i due consiglier­i comunali di DemA «ciò che le lavoratric­i e i lavoratori scrivono su Facebook non può essere oggetto di accaniment­o. I vertici di Anm, invece di applicare uno dei più odioso articoli del Jobs act, pensassero ai loro innumerevo­li fallimenti invece che a punire chi ha il coraggio di denunciare i privilegi di pochi garantiti».

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