Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Dal testo alla scena» con Preziosi e Capuano
Presentati due spettacoli di punta del Teatro Festival
Da una parte Van Gogh, la sua follia, ma anche la sua straripante geniale creatività. Dall’altra «Le serve» di Genet, pronte a trasformarsi in «cammarère» partenopee. E in mezzo un tema, «Dal testo alla scena», sul quale il Master di Drammaturgia e Cinematografia della Federico II e il Napoli Teatro Festival Italiahanno iniziato all’Aula Piovani gli appuntamenti di «Festival al Campus». Ospiti Alessandro Preziosi, atteso protagonista di «Vincent Van Gogh. L’odore assordante del bianco» di Stefano Massini (il 27 giugno nel Cortile di Palazzo Reale), e Antonio Capuano, regista fuori da ogni schema, chiamato a dirigere una versione del capolavoro di Genet, al Sannazaro dal 29 giugno. Ed è stata subito discussione senza rete, con punte di polemica ironia fra l’attore e il regista. A partire dalle anticipazioni di Preziosi. «Reciterò in una scatola bianca, la cella del manicomio di Saint-Rémy, che ospitò l’artista olandese. Ma, nonostante il candore, sarà inondata di colori, grazie alle parole del protagonista e alla sua capacità di stimolare la visionarietà del pubblico». «Parlare di Van Gogh senza usare i colori? – ha replicato Capuano – mi sembra che lo spettacolo nasca col piede sbagliato. Come si fa a descrivere un pittore senza restituire la sue tinte vivaci, specchio della sua personalità?». Ecco quindi in campo davanti agli occhi di circa duecento studenti e del coordinatore del corso Pasquale Sabatino, una contesa all’arma bianca fra la centralità del testo e quella della visione. «Anche io – ha incalzato Capuano – sono un pittore e quando ho messo in scena Van Gogh con i miei studenti all’Accademia ho voluto per fondale proprio la replica di un suo immenso dipinto». «È impossibile – gli ha fatto eco Preziosi – valutare uno spettacolo senza averlo visto prima, e la nostra scommessa sarà nel restituirne il senso, attraverso i passaggi creativi di una mente capace di vedere e sentire ciò che gli altri non potevano né vedere né sentire. Sintomi della sua instabilità ma anche della sua forza d’artista».
Infine Genet. «Quando ho iniziato a leggere il testo di Genet – ha concluso Capuano – non riuscivo a stargli dietro, viste le sue tante implicazioni. Ma mi è bastato tradurlo in napoletano per coglierne subito la bellezza, assecondando la trama ma uscendone e rientrandovi continuamente. Saranno così due “cammarère”, anch’esse colpite da odio amore per la padrona, affidate a due attrici a me care come Gea Martire e Teresa Saponangelo».