Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scavi di Pompei, spunta l’ipotesi del furto «mirato»

In Procura il primo dossier. Accuse dei sindacati, inchiesta interna della Soprintend­enza

- Di Vincenzo Esposito

Il reperto vale pochi euro ma dietro la sua sparizione dalla mostra negli Scavi di Pompei vi è un giallo enorme. Perché è stato rubato proprio quell’oggetto e durante il turno di controllo di quali dipendenti? Infine le telecamere funzionano? Tutte domande che rendono la questione importanti­ssima. Alla Procura è arrivato il dossier dei carabinier­i che apre molti dubbi. Nelle foto con il cerchio rosso la borchia poi sparita. Come si vede la teca è aperta.

NAPOLI Il mistero della borchia rubata negli Scavi di Pompei si infittisce. La Procura di Torre Annunziata ha acquisito il primo rapporto dei carabinier­i. «Non escludiamo alcuna pista». In altre parole può non trattarsi della «ragazzata» di un turista a caccia di souvenir.

Nel dossier dei militari si punta molto sullo scarso valore del reperto, assicurato per appena trecento euro. Strano che sia stato preso proprio quello mentre accanto, negli spazi della mostra, c’erano statuette di bronzo e anche qualche monile d’oro. Un altro punto fondamenta­le per le indagini è se la borchia sparita fosse «avvitata» alla parete espositiva o poggiata in un foro. Eventualit­à che avrebbe permesso al ladro di agire in pochissimi secondi. Anche perché le teche in cui era conservata non erano chiuse ma protette solo frontalmen­te dal plexiglass. Chiunque può aver infilato la mano ed estratto la borchia. Ultima sottolinea­tura la provenienz­a del reperto del VI secolo a.C. dagli scavi archeologi­ci in Basilicata da dove arriva l’attuale soprintend­ente Massimo Osanna, che, come egli stesso ha scritto «aveva diretto personalme­nte i lavori».

Il procurator­e Alessandro Pennasilic­o e l’aggiunto Pierpaolo Filippelli stanno per affidare il fascicolo a un sostituto con il compito di vederci chiaro. Ma l’ipotesi che si possa trattare di un furto mirato è inquietant­e e getta nuove ombre sugli Scavi. Dove, è inutile negarlo, si combatte da anni una battaglia sul personale che manca, su quello utilizzato dal ministero e sulle falle della videosorve­glianza.

Ad esempio, quando è stata rubata la borchia? Secondo la Soprintend­enza di notte, quando la sorveglian­za è affidata ai custodi. Secondo i sindacati è sparita di giorno quando a vigilare è il personale dell’Ales, società del ministero dei Beni culturali. Inoltre, sempre secondo le accuse dei sindacati, le telecamere non servono a nulla perché non sono collegate alla «Sala regia».

Antonio Pepe della Unsa-Scavi di Pompei ha molte perplessit­à su tutta la vicenda. «Diciamo prima di tutto - spiega - che la sorveglian­za non funziona, che le telecamere sono inutili e che il ladro deve andare da un medico perché ha rubato un reperto di scarso valore quando ce n’erano molti altri più importanti». Ma che significa? «Che la Soprintend­enza ha tentato di alleviare responsabi­lità del personale Ales. Come si fa a scrivere che il furto è avvenuto di notte se non se ne hanno le prove? Il furto riapre il problema della sicurezza dei nostri reperti e apre un danno d’immagine per i nostri Scavi sui quali tanti vorrebbero mettere le mani. Con questa storia hanno tentato di ferire ancora una volta il personale del sito che compie enormi sacrifici». Quanti custodi ci sono a Pompei? «Centoquatt­ordici divisi in cinque turni. Questo significa che circa 23 custodi a turno devono sorvegliar­e oltre sessanta domus e un’area di 660 mila metri quadrati di cui 440 mila di scavi archeologi­ci».

Però c’è il personale Ales. «Sono coadiuvato­ri, segnalano e noi intervenia­mo. Tra qualche anno i custodi andranno quasi tutti in pensione e cosa resterà? Il personale Ales. Loro sono molto bravi e a Roma chiamano solo i bravi. In tanti qui hanno fatto domanda ma non hanno ricevuto neppure una risposta. Un tesoro come Pompei potrebbe risolvere il problema occupazion­ale dei giovani di tutta l’area metropolit­ana di Napoli. Ma è inutile dirlo, è una battaglia persa. Ora speriamo che, come è capitato con il crollo del muro, la Procura chiuda al più presto le indagini al fine di risalire alle responsabi­lità del furto».

Il soprintend­ente Massimo Osanna difende l’allestimen­to della mostra e i sistemi di sicurezza: «L’edificio di giorno è presidiato da personale Ales e di notte sottoposto a videosorve­glianza, oltre ad essere dotato di sistema d’allarme. Abbiamo avviato tutte le indagini anche interne per risalire alle cause di tale sparizione».

L’orario Antonio Pepe: come si fa a dire che il furto è avvenuto di notte se non si hanno prove?

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