Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La «nuova» Via della Seta e i nostri porti marginalizzati
Le Vie della Seta taglieranno fuori i porti meridionali dai grandi flussi di traffico con la Cina, dopo che il presidente del Consiglio italiano a Pechino ha offerto la disponibilità di tre scali italiani, guarda caso tutti al Nord, Trieste, Genova e Venezia, a svolgere la funzione di terminali dei traffici con l’Oriente. Eppure proprio Gentiloni, a differenza di Renzi, non solo aveva più volte dichiarato che il Sud è in cima ai propri pensieri ma aveva anche nominato un ministro per il Mezzogiorno scegliendo Claudio De Vincenti. La verità è che, ancora una volta, si nota uno scarto tra le dichiarazioni programmatiche e i fatti. A parole tutti meridionalisti, nei fatti si perseguono scelte che danneggiano il Sud. Tagliare fuori i porti meridionali dalle Vie della Seta, in prima fila Napoli e Salerno, ma anche Taranto, la Sicilia e soprattutto Gioia Tauro che sta vivendo una fase di pre agonia, rischia di condannarli a una marginalità economica e a un’evidente penalizzazione dei territori circostanti dove ogni progetto di sviluppo rischia di restare velleitario.
Prende sempre più corpo la strategia commerciale cinese che sta concentrando le sue attività sul Pireo, dove si è spostata la Cosco dopo aver abbandonato la città partenopea, e, per la penetrazione nei mercati del Centro-Nord Europa, si sta avvalendo degli scali dell’Alto Adriatico e Tirreno.
Ritenere che ci sia casualità nelle parole di Gentiloni è ingenuo: perché non batte un colpo il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, che pure ha avuto in passato la delega alla Coesione, e che evidentemente non solo avalla ma è anzi l’ispiratore di questa scelta? E soprattutto come mai su questa tema decisivo per lo sviluppo del Mezzogiorno non prende posizione Claudio De Vincenti, il quale, ancora nei giorni scorsi, con enfasi metteva in evidenza che i Patti per il Sud stanno andando avanti, che si stanno spendendo i soldi, quando poi, tra le scelte decisive di quegli Accordi, guarda caso, figurano proprio porti e logistica, messi in ombra dalla recentissima presa di posizione del premier?
Come spiega l’economista Adriano Giannola, se l’Italia è inserita a pieno titolo nel Mediterraneo, divenuto sempre più luogo centrale dei traffici dell’economia mondiale, il Mezzogiorno è ancora molto lontano dal mettere a frutto questo enorme vantaggio competitivo e rischia una crescente marginalità. Con una conseguenza negativa: la mancata valorizzazione della vocazione euromediterranea frena le rilevantissime potenzialità esistenti. La partita si gioca sempre più attorno alla logistica a valore, senza la quale ha poco senso parlare di Zone Economiche Speciali, in quanto gli investitori soprattutto stranieri andrebbero altrove. Scelte come quelle fatta da Gentiloni a Pechino rischiano, infatti, di declassare la validità del piano campano sulla creazione di un’unica Zes che comprenda, tra gli altri, gli scali di Napoli, Castellammare e Salerno, i rispettivi retroporti a vocazione industriale, e gli interporti di Marcianise, Nola e Battipaglia presentato dall’assessore regionale alle Attività Produttive Lepore al governo.