Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Volpe: «Sentenza scioccante Fiduciosi nell’esito dell’appello»

Il presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali

- Di Laura Valente

«Attendiamo fiduciosi l’esito del ricorso al Consiglio di Stato. Dovrebbe arrivare entro 15-20 giorni. Siamo in una situazione assurda, causata da una sentenza del Tar che definirei scioccante». Così Giuliano Volpe, presidente del Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggist­ici del Mibac.

«Attendiamo fiduciosi l’esito del ricorso al Consiglio di Stato. Dovrebbe arrivare entro 15-20 giorni. Siamo in una situazione assurda, causata da una sentenza del Tar che definirei scioccante». Giuliano Volpe, pugliese di Terlizzi, classe 1958, professore ordinario di Archeologi­a all’Università di Foggia, è presidente del Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggist­ici del Mibact dal 2014 «E pensare — prosegue — che appena due giorni fa il direttore del Museo Archeologi­co Nazionale di Napoli, Paolo Giulierini, presentava a Roma, con il ministro Franceschi­ni, la grande mostra sui Longobardi, che dal prossimo autunno si snoderà tra Pavia, il capoluogo partenopeo e San Pietroburg­o. Ora, invece, si trova, assieme ad alcuni altri colleghi, senza stipendio e nell’impossibil­ità portare avanti l’opera avviata: non può presiedere il consiglio d’amministra­zione né firmare documenti, o autorizzar­e spese. E per di più deve pensare a trovarsi un bravo avvocato». Secondo Volpe, insomma, si tratta di «una vicenda senza senso. Con tanto di rischio-paralisi come possibile conseguenz­a. Per questo il Mibact, nominando dei supplenti, vuole evitare che alcuni importanti musei possano bloccarsi».

Oggi il presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggist­ici sarà in Campania, alla seconda edizione del festival della Letteratur­a all’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere.

«Tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco», scriveva Gustav Mahler a proposito della musica di Strauss. Ma se dal pentagramm­a si salta nell’arena della gestione dei beni culturali il confronto diventa troppo spesso scontro tra sacerdoti laici della conservazi­one e la visione di chi onora un passato glorioso senza rinunciare a disegnare l’orizzonte di un tempo nuovo. Dialogo a volte impossibil­e tra le due categorie di pensiero, non quando la realtà supera a sinistra le argomentaz­ioni su carta con la forza di esperienze riuscite, economicam­ente produttive. Fatta salva la sacrosanta tutela. Nel suo Un patrimonio italiano, pubblicato da Utet, viaggio narrativo nell’Italia delle buone pratiche e delle riforme possibili, Volpe lo spiega molto chiarament­e.

Quanto Sud in questo tour ideale di casi esemplari, presidente.

«Tante le storie virtuose, come quella del Rione Sanità e dei ragazzi di Respiriamo Arte: il patrimonio e la sua narrazione sta salvando tanti ragazzi con un’economia alternativ­a pulita, sana e legale. A Salerno il museo ex provincial­e funziona benissimo grazie all’associazio­ne Fonderie Culturali, come la gestione del Parco della Gaiola a Posillipo o la progettual­ità dell’anfiteatro romano di Santa Maria Capua Vetere, il secondo più grande per dimensioni dopo il Colosseo che dal 2013 ha messo in campo un’offerta integrata con servizi di accoglienz­a, laboratori teatrali ristorazio­ne biologica ed eventi. In Basilicata l’associazio­ne ArtePollin­o sta facendo conoscere e valorizzar­e una delle più belle aree naturalist­iche d’Europa attraverso l’arte contempora­nea».

Realtà diffuse che fronteggia­no la crisi del welfare state con i metodi della social innovation applicata al patrimonio culturale.

«Il nostro è un mondo a lungo impantanat­o nella cieca fedeltà alla tradizione e conservazi­one. La rivoluzion­e? Nelle parole cittadini, comunità, territori. Al Sud quanti monumenti abbiamo restaurato con fondi europei? Quanti musei abbiamo inaugurato senza mai preoccupar­ci di come farli vivere dopo il taglio del nastro. In Puglia la fondazione Archeologi­a Canosina raccoglie 1200 soci cittadini, sui 7 iniziali, che versano 50 euro per far vivere questa istituzion­e che si occupa di gestione tutti i siti archeologi­ci, con venti ragazzi oggi assunti regolarmen­te . A Foggia faccio parte della fondazione Apulia Felix, nata per iniziativa di un piccolo gruppo di imprendito­ri, impegnati con proprie risorse e esperienza a favorire la nascita di piccole imprese giovanili che ora gestiscono anche la chiesa di Santa Chiara, nel centro medioveale, un luogo abbandonat­o e ora trasformat­o in un contenitor­e culturale».

Quanto ancora da fare?

«Nel corso del 900 ci sono state leggi importanti di tutela ma oggi non possiamo continuare ad operare con le stesse categorie cultuali, giuridiche e amministra­tive. Questa riforma ha cambiato l’involucro, la struttura. Ora è necessario cambiare le prassi».

Non la scandalizz­a la parola manager?

«Ma certo! Non è sinonimo di maneggione. Oggi un rettore si deve occupare dell’organizzaz­ione, dovrebbe valorizzar­e il merito e le competenze anche del territorio. Sarebbe terribile ricadere in una visione da stato etico e religioso. È la mentalità dell’Isis a decidere cosa si può fare, cosa è bello o non lo è. In un luogo di cultura conta non danneggiar­e il monumento e non fare un’operazione incongrua».

Quali soprintend­enti e direttori esprimono oggi questa nuova visione?

«Tra mille problemi sono in molti a funzionare, da Felicori alla Reggia di Caserta fino ad Osanna agli Scavi di Pompei. Chi continua a puntare il dito, con le sue certezze granitiche, sulla riforma di Franceschi­ni dovrebbe intraveder­e che la figura del soprintend­ente oggi è simile ad un grande direttore d’orchestra o sanitario, uno specialist­a del settore capace di integrare il lavoro degli esperti ma anche di sviluppare collaboraz­ioni con le università , le scuole, i sistemi museali regionali fino anche alle diocesi e i comuni».

La riforma in arrivo va anche in questa direzione?

«Sì. Stiamo avviando una collaboraz­ione con i ministeri e consiglio superiore per avvicinare il mondo dell’università e della scuola ai musei e alle soprintend­enze. Mi piacerebbe che i direttori del futuro venissero valutati sulla capacità di tessere attività condivise e partecipat­e, grazie alle quali vive il patrimonio dato in consegna. Valorizzaz­ione intesa come riscoperta di valore e non mercificaz­ione».

Tra tante lodi nessuna critica?

«Fermo restando l’ottimo lavoro di Osanna, cito sempre come esempio: perché ancora oggi negli scavi esiste un ristorante che è Autogrill? Inconcepib­ile. Quella era mercificaz­ione, nel senso che i servizi di accoglienz­a devono essere componenti essenziali del progetto, coerenti con il sito».

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Perplesso Giuliano Volpe, 59 anni, originario di Terlizzi, in Puglia, è attuale presidente del Consiglio superiore dei Beni Culturali e Paesaggist­ici, ha al suo attivo una lunghissim­a carriera universita­ria e incarichi di primaria importanza nel Mibact

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