Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Così Bottone riprende Vicaria
Caro direttore, oggi alle sei, alla libreria Feltrinelli di Santa Caterina, verrò ad ascoltarti dialogare con Vladimiro Bottone, che i lettori del «Corriere del Mezzogiorno» ben conoscono, in occasione del suo recentissimo romanzo Il giardino degli Inglesi, edito da Neri Pozza. E me ne riprometto gran godimento, attesa la qualità intellettuale dei due dialoganti: ma anche quella umana. Lo metto in rilievo giacché, se buoni giornalisti e buoni scrittori pur si possono incontrare, di giornalisti e scrittori che congiungano le due cose ne conosco pochissimi.
Il protagonista dell’incontro è Il
giardino degli Inglesi. Ho già scritto un piccolo articolo sul bellissimo romanzo. Esso riprende, in mutata e dolente tonalità autunnale, trama e personaggi di Vicaria, la lunga narrazione, apparsa tre anni fa, ambientata nella Napoli del 1838, colla quale ha inizio la «nuova fase» dell’invenzione narrativa di Bottone. Forse non tutti s’accorsero, allora, che abbiamo da fare con uno straordinario scrittore: egli possiede una solida impalcatura storica, una dote straordinaria d’inventore di trame, la tenuta dello stile sul fiato lungo e una deliziosa abilità di raccontatore. A questo unisce una visione della storia e dell’umana natura pessimistica, profonda, che lo rende un minimo erede contemporaneo di quegli Italiani i quali guardano ciò in faccia con coraggio e disincanto: Machiavelli, Guicciardini, Leopardi, Manzoni. Nel Novecento, Pirandello, Gadda, Anna Maria Ortese, Anna Banti… Più da vicino, il nostro Patriarca venerato Dudù La Capria, e Goffredo Parise. Voglio aggiungere: che ciò si manifesti nel romanzo storico è vieppiù notevole, essendo tale «genere» narrativo oggi quasi solo preda di ciarlatani, venditori di fumo … Mi è dunque caro qui ricordare che, nel difficile ambito, la nostra Napoli ci dà un esempio di rigore, oltre che di fantasia, se al nome di Bottone accostiamo quello di Wanda Marasco. E un’ultima osservazione. Ciarlatani, del romanzo storico e no, oggi praticano il «ciclo» narrativo: in modo artificioso, stucchevole, stomachevole. Bottone dà prova d’esser ambizioso, quasi temerario, osando dare una nuova verginità a un tipo di creazione narrativa prediletto da due dei Mostri dell’intera letteratura, Balzac e Dumas. I nomi di coloro che insozzano il «ciclo» di romanzi non li faccio nemmeno.
Vladimiro, che ha qualche anno meno di me, è un vero napoletano. Noi due, teneramente amici, parliamo, infatti, nella nostra lingua. Ma non tanto quanto vorrei. Egli vive a Torino: avendo avuto l’intelligenza di non affidarsi alla precarietà del lavoro intellettuale per campare sé e la bella famiglia. È un funzionario della Regione Piemonte; e alla lettura e alla creazione letteraria dedica il suo tempo libero. Ben speso, giacché non ne dipende la sua campata.È tuttavia un esule; e mi auguro che alla sospirata sua pensione, se sarò ancora vivo (stamm’ sott’ ‘o cielo...), possa tornare nella nostra Partenope e con lui e con te si abbiano quei conversarî piacevoli, apparentemente divaganti, che contraddistinguono i rapporti fra noi napoletani all’antica. (Ben vero, mi auguro altresì che per quella data la tua coraggiosa e prestigiosa direzione del «Corriere del Mezzogiorno» sia ancora in piena freschezza…) Perché Vladimiro conversatore è segnato in pari misura da arguzia e disincanto.
Intanto ti prego, nel dialogo alla Feltrinelli, di fungere un po’ anche da provocatore: nel senso che Bottone è anche così umile e signorile che ha bisogno di qualche delicata freccia per prender l’aire polemico. Aiutalo in questo: ché sarebbe bello sentirgli raccontare della kafkiana vicenda di Vicaria in mano all’editore Rizzoli. Ne sono in parte coinvolto anch’io: onde, se non lo farai tu, sarò costretto a farlo io stesso. Un abbraccio.