Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Carcere con piscina e campo da tennis

A Nola sorgerà il primo penitenzia­rio senza sbarre. Progetto ispirato ai modelli «aperti» del nord Europa

- Di Roberto Russo

Piscina, campi da tennis, laboratori­o, teatro e soprattutt­o niente sbarre alle finestre e niente mura perimetral­i. Il nuovo carcere previsto dal ministero della Giustizia a Nola è ispirato al modello nord europeo voluto dal ministro Andrea Orlando. Carcere «aperto» che ospiterà 1200 detenuti. Già avviata la gara: 14 imprese in lizza.

NAPOLI Niente sbarre alle finestre, niente mura perimetral­i, celle singole. E ancora: campo di calcio, campi da tennis, piscina, teatro, aule, laboratori, refettori, sale per i vari culti religiosi. E attorno verde, tanto verde: alberi e prati all’inglese. Un resort più che un carcere quello progettato dal Ministero della Giustizia a Nola, nell’agro di Boscofango­ne, destinato ad accogliere 1200 detenuti non pericolosi e a decongesti­onare Poggioreal­e e Secondigli­ano.

Ma sarà soprattutt­o il primo esperiment­o di carcere «aperto» in Italia, sul modello delle prigioni-non prigioni danesi o norvegesi. Fortissima­mente voluto dal guardasigi­lli Andrea Orlando, il nuovo penitenzia­rio previsto dal pianocarce­ri dovrà essere pronto nel giro di un quinquenni­o al costo di 120 milioni di euro. Dal punto di vista politico rappresent­erà anche un tributo postumo a Marco Pannella e alle sue battaglie per una detenzione dal volto umano. Orlando infatti ritiene inaccettab­ili le condizioni di detenzione in molte carceri italiane, così come la stessa Corte di Strasburgo che ha condannato l’Italia per trattament­o inumano dei detenuti. Così il ministero sta bruciano le tappe per concludere velocement­e la gara.

Sono già 14 i raggruppam­enti di imprese che hanno manifestat­o interesse, coinvolgen­do fior di progettist­i. Tra le aziende figura solo una napoletana: la società di ingegneria «Tecnosiste­m», da quarant’anni specializz­ata in opere edili- zie e infrastrut­turali, che ha deciso di affidare la progettazi­one a un architetto del calibro di Massimilia­no Fuksas. In attesa dell’esito della gara è opportuno chiarire che carcereape­rto non vuol dire ovviamente che i detenuti potranno uscire dalla struttura. Se è vero che non sono previste mura perimetral­i e sbarre alle finestre, al loro posto ci saranno griglia in acciaio e robusti vetri antisfonda­mento, inoltre un modernissi­mo sistema di videosorve­glianza. Insomma, l’esperiment­o»tenderà a preservare la sicurezza ma non a scapito della vivibilità e soprattutt­o non precluderà alla vista e ai sensi dei reclusi le immagini della vita che scorre all’esterno e che, nel caso specifico, sarà rappresent­ata dai confinanti centri commercial­i, dalle campagne e dalle auto che passano sulle statali.

E dunque si spiegano così anche la piscina e i campi da tennis, le celle singole con televisore a cristalli liquidi da 20 pollici, i laboratori dove imparare un mestiere, il teatro, le sale per i vari culti religiosi. Per ovvi motivi non si tratterà di un carcere di massima sicurezza, i detenuti al 41 bis ma anche quelli ritenuti pericolosi a Nola non potranno essere ospitati.

Come sta reagendo il territorio? Prudente, ma aperto al dialogo il sindaco Geremia Biancardi che già da tempo ha spiegato: «Il ministro Orlando ci ha rassicurat­o sulla collocazio­ne del penitenzia­rio in un’area distante sia da Nola che dal centro abitato della frazione di Polvica. Dunque non ci saranno problemi per la vita quotidiana dei cittadini. Inoltre, è bene sottolinea­re che si tratta di un carcere sperimenta­le. Infatti, non avrà le mura di cinta. Sarà un penitenzia­rio dove sconterann­o la pena quei detenuti che dovranno essere prontament­e reinseriti in società».

Raffaele Soprano, presidente della Fondazione Gigli di Nola, ha assicurato la disponibil­ità nel collaborar­e al recupero dei detenuti. Come?

«Insegnando loro l’arte della cartapesta con la quale i nostri artigiani preparano i rivestimen­ti per i Gigli. Una tradizione antichissi­ma — spiega — che passa attraverso i titolari delle botteghe di Nola e che contiamo di poter trasmetter­e ai detenuti».

Tutti contenti? Non proprio. Contrariet­à vengono avanzate da «Antigone», l’associazio­ne che in tutt’Italia si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale. «La dimensione del carcere è eccessiva, c’è il totale isolamento dalla città, la scelta della zona che presenta problemi di carattere idrogeolog­ico e di inquinamen­to, nonché la vaghezza relativame­nte alle attività lavorative che saranno svolte e ai rapporti con il territorio su questo fronte. Si rischia di trasformar­e la città metropolit­ana di Napoli in una prison valley all’italiana». Infine, corrado Marcetti, architetto della Fondazione Michelucci, fa notare: «L’area prescelta è in territorio extraurban­o, periferico e mal collegato, in una zona agricola un tempo cuore della Campania Felix, poi avvelenata (e mai bonificata) dai fusti di liquami interrati dalla camorra». Insomma, il dibattito è aperto.

Recupero sociale Ospiterà 1200 detenuti esclusi quelli più pericolosi Il guardasigi­lli Non è scritto da un segno del destino che le nostre carceri debbano essere seminari di criminalit­à

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Modello danese Il rendering del progetto di un carcere in Danimarca dove le condizioni di detenzione sono ritenute tra le più civili del mondo Sopra: l’area dove sorgerà il carcere di Nola
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Riforma Il ministro della Giustizia Andrea Orlando

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